GIUSEPPE  ALLIEVO

                     

Profilo Filosofico e Opere

Filosofo e pedagogista italiano (San Germano Vercellese 1830-Torino 1913). Fu professore di pedagogia all'Università di Torino. Opere principali: Saggi filosofici (1866), Il ritorno al principio della personalità (1904). La prospettiva filosofica di A. si forma a partire da un'interpretazione critica della filosofia di Hegel e ha le sue radici nel pensiero di Rosmini e Plotino. Secondo A. la realtà è processo dialettico fondato sulla cooperazione degli enti nell'inesauribile creatività di Dio. Nei saggi pedagogici (Riforma dell'educazione moderna, L'educazione e la scienza, J. J. Rousseau, filosofo e pedagogista) polemizzò contro la tendenza degli adulti al soffocamento dell'autonomia del bambino e sostenne il principio della libertà d'insegnamento, pur con tutte quelle riserve che il suo spiritualismo teistico gli imponeva.

 

Cenni biografici su Giuseppe Allievo

Giuseppe Allievo, del quale ci apprestiamo nella presente nota . destinato a ritrarre brevemente i molteplici aspetti del suo pensiero filosofico e pedagogico, a porgere pochi cenni biografici, nacque il 14 Settembre del 1830 in San Germano Vercellese. Compì gli studi secondari in Vercelli, e vinto un posto al Collegio Carlo Alberto, comunemente detto delle province , s’inscrisse alla facoltà di filosofia della R. Università di Torino, dove il 18 Luglio 1853 conseguì splendidamente la laurea, dopo una pubblica disputazione su alcune tesi, tratte dalla Morale, dall’Ontologia, dalla Storia della filosofia e dalla Pedagogia ( l’Allievo ne presentò sei per ciascuna disciplina ). Del suo grande amore allo studio, pel quale nelle scuole medie aveva costantemente ottenuto la più alta distinzione, e del singolare progresso nelle discipline, sono argomento sicuro due lettere, di Ferrante Aporti l’una, di Antonio Rosmini l’altra. Il primo come presidente allora del Consiglio Universitario, dopo d’aver informato il giovane studente G. Allievo, in data del 28 Giugno 1852, che gli era stato aggiudicato, nell’adunanza del 20 Giugno, il premio Martini di £. 300, soggiungeva: « Nella persuasione che questa non dubbia prova del grande conto in cui il Consiglio Universitario ha tenuti i saggi di buona condotta e di particolare applicazione allo studio, da lui dati nello scorso anno scolastico 1850-51, gli varrà di stimolo a non declinare per l’avvenire dal retto sentiero, così felicemente intrapreso a maggior suo bene e ad esempio altrui, il sottoscritto facendo col Consiglio plauso al nobile modo, con cui egli seppe segnalarsi, gli tributa ad un tempo un atto di ben meritata lode ». 

Della lettera del grande Roveretano al prof. A. Corte, ( 17 Febbraio 1852 ) in cui si contiene un lusinghiero giudizio sull’Allievo, studente di filosofia, si dirà altrove.

L’anno stesso, in cui conseguì la laurea, fu mandato a dirigere la scuola di metodo ( estate-autunno ) in Novara: il quale ufficio disimpegnò con lode l’anno seguente ( 1854 ) in Domodossola, dove pubblicò la prolusione e conobbe personalmente A. Rosmini, e nei due successivi ( 1855-56 ) ad Ivrea. Nell’anno scolastico 1856-57 fu inviato ad insegnare filosofia nel collegio di Ceva, donde due anni più tardi, essendo stato nel Luglio del 1858 ( dopo che nel dicembre dell’anno antecedente, aveva ottenuto la palma, disputandola a valenti competitori ) con grande onore aggregato alla facoltà di filosofia e lettere, passò nella medesima qualità a Casale Monferrato. Da questa città trascorso il biennio 1858-59, 1859-60, fu trasferito al R. Liceo di Porta-Nuova, ora Parini, in Milano. Nella capitale Lombarda, dove strinse amicizia con molti valentuomini e particolarmente col conte Tullio Dandolo, ebbe pure per qualche anno l’incarico della filosofia teoretica presso la R. Accademia scientifico-letteraria. Nell’autunno del 1867 il Ministro della P. I. lo destinò al R. Liceo Cavour di Torino, incaricandolo nello stesso tempo della pedagogia all’Università. Alla quale cattedra, avendo due anni più tardi definitivamente rinunziato all’insegnamento filosofico liceale, consacrò tutta l’attività del suo profondo e vigoroso ingegno, onorandola con una produzione scientifica veramente straordinaria, per nove lustri circa.

Egli seguendo un indirizzo suo proprio, fondò la scienza dell’educazione sull’Antropologia da lui ricostituita sul principio della personalità umana. L’anno 1904 venne solennemente celebrato il suo giubileo magistrale ed in questa occasione gli fu offerta, quale frutto di pubblica sottoscrizione, alla quale concorsero d’ogni parte d’Italia e dell’estero, amici, colleghi, discepoli, ammiratori, una grandiosa medaglia d’oro, modellata con fine gusto artistico dallo scultore C. Fumagalli, recante nel recto il profilo del festeggiato, e nell’esergo, coronata da un bel fregio allegorico, la elegante epigrafe del Prof. E. Garizio, allora preside del R. Liceo Alfieri.

« Iosepho Allievo – Professori in R. Athenaeo Taurinensi – Qui summis in Philosophia par – Praestantissinus vero – Con stantia, modestia, integritate vitae – Annum L docet – Quibus modis aetas puerilis – Ad humanitatem informari possit – Amici, collegae, discipuli – Eius facta moresque admirati – Tenue non tenuis gloriae – Monumentum deferunt – An  MDCCCCIV -- ».

Contemporaneamente gli venne presentato uno stupendo album  con artistica legatura in argento, opera dello stabilimento Vezzosi , contenente l’elenco  dei sottoscrittori e recante la seguente bellissima epigrafe dovuta alla penna forbita di E. Bettazzi:

« A Giuseppe Allievo – Pedagogista e Scrittore – Per fecondità e vigore d’intelletto – Per magistero di stile – Fra i contemporanei e gli antichi – A pochi secondo – Per saldezza e sincerità di molteplice dottrina – Temprata al supremo ufficio dell’educazione – Comparabile ai sommi – Al Maestro venerato –Che da mezzo secolo – Onora la cattedra – Con la sagace, assidua ricerca del Vero – Con l’eloquenza della fede negli eterni principi del Bene – Con la dignità della vita – Mostrando – Esempio memorabile – Come gli atti e i costumi del cittadino – Al pensiero del filosofo – Sieno conferma e suggello – Amici, discepoli, ammiratori – Nella fausta ricorrenza del suo giubileo cattedratico – Segno di grato animo – Augurio di florida, lieta feconda vecchiezza – Offrono ».

Né vuolsi tacere, che i capi degli istituti delle scuole secondarie di Vercelli, auspice l’on. comm. Ing. P. Lucca, sebbene la città avesse di già concorso con generosa oblazione, gli presentarono a mezzo dell’avv. cav. G. Malinverni, consigliere comunale, una splendida pergamena, disegnata dal prof. Edoardo Sassi con una graziosissima iscrizione, dettata dal prof. Carlo Verzone e scritta dal prof. C. Bricarello. Ecco l’iscrizione:

« A Giuseppe Allievo – Che la mente acuta e la vasta sicura dottrina – rivolse a indagare e « sillogizzare invidiosi veri » - in opere non periture – e con la parola alta e serena – ma più coll’ more e coll’esempio – educò i giovani al culto dell’Ideale – nel compiersi del cinquantesimo anno del suo insegnamento – I capi degli istituti di istruzione – della città di Vercelli – mandano – un riverente saluto – augurando che per molti anni ancora – Egli sia conservato – alla scienza ed alla scuola ».

Splendidi discorsi vennero pronunciati allora dal senatore prof. G. P. Chironi, rettore dell’Università, dal comm. G. Alberini, allora assessore della P. I., dal senatore prof. E. D’Ovidio, presidente della R. Accademia delle scienze, dall’avv. G. Malinverni, a nome di Vercelli, dall’avv. G.Deabate pel comune di S. Germano e da altri.

In fine il prof. Chironi lesse il telegramma del Ministro Orlando . « Col più vivo compiacimento partecipo a V. S. che S. M. il Re si è degnato, su mia proposta, di nominare il prof. Giuseppe Allievo, Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia. V. S. vorrà compiacersi di darne notizia all’illustre professore, nel giorno in cui si celebrerà in cotesto Ateneo il cinquantesimo anniversario del suo insegnamento: e nel porgere al valoroso pedagogista il mio saluto riverente, bene augurante, vorrà altresì esprimergli i sensi della mia vivissima ammirazione per l’insigne e feconda opera sua d’insegnante, di scienziato, cui è degnamente reso onore ».

Presa la parola per ringraziare, Giuseppe Allievo pronunciò un breve ma elegantissimo discorso, reso poi di pubblica ragione, nel quale ebbe un pensiero buono e gentile per gli ignoti eroi del magistero educativo, che compiono la loro opera senz’altro applauso, senz’altro conforto che quello della propria onesta coscienza.

L’augurio unanime di tutti gli oratori, che nostro venerato Maestro potesse insegnare per molti anni ancora, si compì. Egli continuò con molteplici lavori scientifici ad onorare, fino a tutto l’anno scolastico 1910-11, la cattedra, a cui era stato conservato, quantunque avesse superati i limiti d’età stabiliti dalla nuova legge sull’istruzione superiore. Ma nel gennaio del 1912, essendogli stato nominato quale supplente, un insegnante a Lui per giuste ragioni non gradito, inviò le sue dimissioni, a cui fece tosto seguire la domanda di collocamento a riposo. Egli è certo, che l’operosità di Giuseppe Allievo, qualora non avesse creduto per sé più dignitoso rinunziare all’insegnamento, non si sarebbe arrestata. Del che è prova evidente l’operetta recentissima, da lui scritta a 82 anni e pubblicata nell’ottobre scorso: Giobbe e Schopenhauer, la quale, a giudizio di persone competenti, attesta come Egli mantenga anche nella più tarda età, integro il vigore della mente.

Nella sua pluriennale attività culturale , ebbe a corrispondere con i più illustri personaggi dell'epoca , tra questi citiamo Silvio Pellico di cui si riporta una lettera indirizzata a Giuseppe Allievo.

Al signor^Giuseppe Allievo.
10 giugno 1850.
Ornatissimo signore.
Sebbene i particolari miei vincoli con antichi conoscenti,
ed alcuni doveri di altro genere, mi lascino poco tempo,
mi sento obbligato ad esprimerle riconoscenza per le cose
benevole che V. S. ha la gentilezza di dirmi nella sua lettera. —
Non creda, caro giovane, che mi sia facile dar consigli
alle anime nuove : quelli che io sapea dare , e che non potei
se non ripetere , li esposi in breve , ma pur chiaramente , nel
libretto: I doveri dell'uomo. I lumi della retta morale sono
più o meno splendenti ad ogni uomo non superbo e di sincera
coscienza: il tesoro pieno ed inesausto di que'lumi sta
nella nostra santa religione. Quanto più ho letto e studiato e
paragonato, tanto più mi sono convinto che guida sola, laC
quale non falli , è questa religione sapientissima. Coltiviamo
l' ingegno , acquistiamo cognizioni secondo il nostro potere ;
ma ci sia norma sempre quella stella polare, divina, benefica
a dotti e ad ignoranti , ad intelligenze alte ed a minime.
Se debba V. S., per meglio giovare a sé ed altrui , aspirare
a scienze , a fama letteraria , questo è di quegli arcani
non rivelati ad alcuno. Bisogna dunque decidersi secondo il
proprio parere e le proprie circostanze di fortuna. Chi giunge
a fama, ha grandi tribolazioni, ed anche l'uomo oscuro ne
ha; v' è poca felicità per ogni dove sulla terra; sperarne
molta è stoltezza. Prendiamone quella dose che onestamente
possiamo, e quando pur fossero moltissimi i dolori, sopportiamoli
fino a morte, senza viltà, senz'odio; U compenso è
al di là della tomba. Non la gloria, non la felicità importano
quaggiù essenzialmente; ma la virtù. — Per quanto ingegno
abbiano que'poeti o prosatori che ispirano altrui cupa mestìzia,
desolazione, scetticismo selvatico, ovvero persuasioni
maligne, ammiriamone l'ingegno, i paroloni; ma non ci
facciamo lor discepoli. Parvero filosofi , ed erano cervelli
ammalati. Lasciamoli gemere o maladire, poiché non possiamo
guarirli ; ma non imitiamo i loro esagerati gemiti , e
non malediciamo nessuno.
Costanza nel ben operare , e coraggio ! — Militia est vita
hominis, e dura milizia. Coraggio! Sognar chimere, è inutile;
pascersi di fantasie, è alimento malsano e fanciullesco.
Non mitre, non fa diventar nomo. — Rifletta, o giovane, a
tutte queste cose, ch'io posso accennarle brevemente , e non  più.

Le auguro ogni bene conseguibile , e soprattutto un grande amor del vero , ma governato da bontà , e perseverante.

 

 

 

Alcune delle sue innumerevoli opere

 

Il carteggio : Giuseppe Allievo e Domenico Berti

Come consuetudine dell'epoca , fitto era il carteggio privato che intercorreva tra i vari professori e studiosi di filosofia , per scambiarsi ; opinioni , scritti e impressioni . Anche Giuseppe Allievo ebbe numerosi contatti con alte personalità ; culturali e politiche di quei tempi . Uno dei suoi più importanti interlocutori fu Domenico Berti , a cui Giuseppe Allievo mandò in visione la sua monografia.

 

 

Domenico Berti (Cumiana, 17 dicembre 1820 – Roma, 22 aprile 1897) è stato un saggista, politico e accademico italiano.

Fu professore di Filosofia Morale nell'Università di Torino, poi di Storia della Filosofia in quella di Roma, dove svolse approfonditi studi sul pensiero italiano dell'età rinascimentale.

Fu Ministro dell'Istruzione Pubblica del Regno d'Italia nei Governi La Marmora III e Governo Ricasoli II e Agricoltura, Industria e Commercio nei Governi Depretis IV e Depretis V.

Fu anche autore di una Vita di Giordano Bruno da Nola, edita a Torino, da Paravia, nel 1868.

A lui è intitolato l'Istituto Magistrale più antico d'Italia, attivo dal 1848.

seguace delle idee del filosofo Antonio Rosmini, per poi iscriversi alla facoltà di filosofia e filologia dell'Università di Torino; Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia Durata mandato 31 dicembre 1865 – 20 giugno 1866

Città di Fabriano , molto amata e frequentata dal Berti , a cui venne poi intitolata una via della città.

 

Torino - Piazza Statuto 11 - Casa di Giuseppe Allievo