Apicoltura a San Germano Vercellese

 

Nella seconda metà dell'800 si sviluppa anche a San Germano Vercellese l'attività dell'apicoltura a livello imprenditoriale , e precisamente nella tenuta Capriasco. Da un articolo tratto dall' APICOLTORE - Anno Ottavo - 1876 , l'imprenditore Borgogna Domenico, Rappresentante dell'Associazione Centrale ci racconta la sua esperienza .

Signor Redattore. — Come Rappresentante l'Associazione d'Incoraggiamento d'Apicoltura per Vercelli avrei dovuto prima d'ora farle sapere come vada intorno a questa città, centro di risaje, l'apicoltura, ma il cumulo dei miei affari d'agricoltura non me lo permise e vengo ora con del buono in mano. Io entrai dall'inverno in questa primavera con trentadue alveari tutti in ottima condizione che tengo vicino a Vercelli nella mia cascina detta Le Binelle, più 7 altri li tenni nel tenimento di Capriasco vicino a San Germano vercellese. Delle 32 colonie d'api 26 erano dapprima già da me coltivate, e sei le comperai a Carsana Blot perche, trovatole belle e quiete, voleva disfarmi delle mie che sono piuttosto cattivette e rifare l'apiario con api mai state sturbate da discendenza in discendenza, per ottenere infine api più facilmente trattabili, quali sono quelle poco tormentate colle operazioni, e che già in quest'anno migliorai. Gli altri sette alveari li comperai dai miei contadini in Capriasco stesso e sono api trattabilissime, e cosi tntte le colonie comperate erano tenute col vecchio e vieto sistema, cioè non coltivate e quindi non mai sturbate. Dalle colonie della cascina Le Binelle ottenni, sebbene a tarda stagione, trenta sciami, fortissimi quelli nati dai miei alveari, passabili quelli avuti dalle colonie villiche. Non mi domandino se ho perduto una popolazione delle mie api già da lungo coltivate, perchè furono bene invernate ; delle altre neppure, perchè le alimentava abbondai temente nelle belle giornate d'inverno con miele, facendoglielo pesare per dissotto entro poco profonde latte, di quelle che prima contenevano del petrolio, e per polline dava loro della pula fina di riso, che poneva entro cassettine profonde tre dita in traverso e che poneva al dissopra degli alveari stessi, e cosi passarono bene questa cattiva primavera senza nemmeno che uno avesse a risentirne. Quanto sia stato ricompensato del miele liquido dato agli alveari villici, ed in telaini a quelli da lungo coltivati ed a favi mobili, non che di quello dato a tutti i sciami, circa ottanta telaini, e dal poco valore della pula di riso data loro, lo sanno con me i miei legnaiuoli ed il mio apiajo Rossi e sua moglie di cascina Le Binelle, che intelligenti, dietro ai miei ordini vi accudiscono e lavorano, e che tolsero loro i telaini zeppi di miele, mentre io lavoravo a smielare, e con varie persone d'ajuto. Sono circa 330 i chilogrammi di miele levato alle mie colonie coltivate alle Binelle ai primi di luglio, e circa 270 altri chilog. nel chiudere della campagna, senza tener conto della scorta per ben passare il prossimo inverno, e non più per 32 colonie, ma bensì per 35 fortissime e con favi femminili. In Capriasco poi delli 8 sciami avuti ottenni alla metà loglio 40 chilogrammi di miele e 56 nel chiudere della raccolta dell'annata, oltre alla debita scorta per hen passare l'inverno. Circa cento poi sono i telaini di miele da due chilogr. cadauno che posi in riserva per la primavera, tutti tolti dall'apiario grosso alle Binelle. Tutto questo miele raccolto dopo di una cattiva primavera come la passata di cattiva memoria, e ciò quando gli altri possessori di api fecero quasi niente di miele, anzi, che perdettero molte famiglie, ma che però non le curano per nulla, ho diritto di dire: Coltivatele sul serio le vostre api, soccorrendole nei rari momenti di miseria, che viene per le api come per l'umana specie, che di annate non buone ne troverete veramente poche; e vedrete,che le vostre api divenendo più vispe e laboriose vi compenseranno la poca spesa, pena ed Interesse della somma di capitale impiegato, e troverete che è un gradevolissimo passatempo da campagnuolo. Il miele poi che si ricava da chi sa e coltiva le api non contiene come quello che si ottiene coi vecchi sistemi la ottava parte di api e covate schiacciate e convertite in miele e colla solita dose di acqua per aggiunta, infine un vero impasto di api, miele e covate, cioè api prossime ad uscire dalle celle, polline, sucidume dei vecchi ed anneriti favi da destare schifo e peggio a chicchessia: ma il miele estratto dai telaini degli apicoltori non contiene un'ape, esso cioè non ischiaccla nè api, nè favi, ma aspettando che le celle a miele sieno suggellate dalle api, segno che è perfezionato, lo toglie, e col mezzo dello smfelatore, macchinetta a forza centrifuga, cava tutto il miele in istato veramente puro, denso e conservabile senza guastare né favi, né celle. Chiedetelo al signor Methier che comperò circa 300 chil. del mio miele estratto nei primi di luglio ultimo e consegnatolo poco dopo vi dirà che rimase sorpreso della sua lucidezza e densità, anzi durezza, che domandò se fosse già stato in ghiacciaia, perchè pel passato soleva trovarlo molle e mai così pulito. Distrussi poi gli alveari villici e varie altre colonie per non tenere alveari in più del numero fissato e feci 18 chilogr. e mezzo di bellissima cera. È vero che ho lavorato, ma mi divertii molto e fui meglio pagato dal prodotto ottenuto.La presente relazione dei prodotti delle api di due miei apiari, escluso un terzo che tengo nel biellese, la scrissi perché fosse stampata in questo mese nel Ballettino del nostro Comizio Agrario, onde servire di eccitamento alla gente di campagna di queste vicinanze. Pur troppo di coltivazione di api sono quasi tutti all'oscuro, ma però vedo che molti domandano, e se s'interessano, vi è dunque da sperare. Dio lo volesse, si godrebbe tanta roba che va perduta!

 

Altro sangermanese impegnato nell'apicoltura è stato Il signor Elivio Croce, nato a S. Germano Vercellese il 29 gennaio 1918, e morto  4 dicembre 1985. Figura molto nota nel mondo apistico piemontese e nazionale, è stato per decenni titolare dell'Azienda Italiana di Apicoltura di via Gramsci 7 a Torino, casa fondata nel 1936 dal cognato Emiliano Tosi.  Apicoltore fin dalla fanciullezza , il signor. Croce univa la passione per le api una profonda conoscenza tecnica dimostrata , tra l'altro , con la costruzione di attrezzature apistiche brevettate.

L'Apicoltore moderno, Volumi 77-79 - Istituto di apicoltura dell'Università di Torino, 1986