Il Marchesato di San Germano

 

Carlo Emanuele I Duca di Savoia

 

Siamo verso la fine del XVI secolo e San Germano faceva parte dei possedimenti di Carlo Emanuele I di Savoia , il quale il 9 Ottobre 1598 (1598, 9 ottobre; patenti 25, 324) infeudava San Germano col titolo di Marchesato a Don Giovanni de Mendozza di Hynojosa . La comunità sangermanese contraria all'infeudazione  , non mancò di protestare inviando a Torino presso il Duca a perorare inutilmente la propria causa due persone autorevoli ;Camillo Spada e Giovanni Giacomo Mella, ( nato in San Germano, figlio di Tommaso, discendente da Famiglia nobile ed assai antica, oriunda di S.Germano Vercellese ) , che occupavano la carica di Consoli in San Germano , ma la decisione di Carlo Emanuele I era già stata presa.

DONAZIONE FATTA DA S.A. A DON GIOVANNI DI MENDOZA, CAPO E GOVERNATORE DEL ULTIMO SOCCORSO CHE LA MAESTA' DEL RE CATTOLICISSIMO MIO SIGNORE RIMANDO' DI QUA DAI MONTI PER OPPORSI ALLE FORZE HERETICHE DE FRANCESI", DEL LUOGO E GIURISDIZIONE DI SAN GERMANO,CON EREZIONE DEL MEDESIMO IN MARCHESATO E CON INVESTITURA DELLA PRIMA E SECONDA COGNIZIONE, E CIO' IN CONSIDERAZIONE DELLA VITTORIA DELLA MORIANA.

 Il nuovo Marchese di San Germano prendeva possesso del Borgo solo il 13 Aprile 1601 , tramite suoi delegati , tra cui il senatore Bernardino Nadone , delegato del Duca Carlo Emanuele I e il capitano Giovanni d'Urbino in rappresentanza del Mendozza  All'atto di devozione il 13 Aprile 1601 , svoltosi al "banco della ragione presso la piazza" giurarono 301 tra abitanti e particulari , più 21 della Strella e 12 della villa di Robarello. Al giuramento in rappresentanza del Comune sedevano i consoli Pietro Fisa e Camillo Spada  con Giovanni e Giacomo Lesca entrambi procuratori.

Il Marchese di San Germano vedrà il suo possedimento solo una volta quando di passaggio al comando di duemila Spagnoli transitò per il borgo. Il dono di San Germano ( terra di frontiera tra il Ducato di Milano in mano Spagnola e le terre dei Savoia ) al Mendozza era frutto dell'aiuto che lo spagnolo aveva dato a Carlo Emanuele I , nel 1597 in Moriana durante le ostilità tra il Piemonte e la Francia.  (La Moriana (in francese: Maurienne) è una valle francese formata dal fiume Arco. Si trova nel dipartimento francese della Savoia.Formava un'antica provincia prima dell'introduzione dei dipartimenti.)

L'infeudazione di San Germano fù un atto di forza del Duca Di Savoia , contravvenendo al parere della Camera , che era contraria a tale decisione , come si legge dalla registrazione del 15 Settembre 1600 negli annali storici di Casa Savoia.(riportata nel riquadro sottostante)

15 settembre 1600

La Camera ricusa d'interinare , non ostanti le giussioni, l'infeudazione di San Germano a D. Diego de Mendoza, perchè fin dal secolo XIV s'era promesso a quel popolo di non alienarlo ; perchè non ve n'era intervenuto il consenso per capi di casa ; perchè non conveniva dar terre di riguardo ai forestieri ; perchè infine ciò importava diminuzione del Demanio. Per allora fu sospesa l'alienazione, ma qualche anno dopo San Germano fu dato in ai San Martini di Agliè.

 

Infeudazione per molti versi emblematica a un personaggio di spicco come Juan Hurtado de Mendoza , anche per il fatto che non solo gli vennero accordati il feudo e la seconda cognizione , ma la terra di San Germano fu anche innalzata al rango di marchesato per sottolineare la distanza che doveva separare il militare spagnolo dal resto dei vassalli , accumulandolo ai grandi aristocratici forestieri ( gli Este di Lanzo e i Doria di Ciriè ) che con Emanuele Filiberto erano stati integrati per vie privilegiate nella gerarchia degli onori e dei titoli.

Il Mendoza di li a pochi anni ,  avrebbe trovato più conveniente restituire il feudo di San Germano e farsi concedere in cambio un'assegnazione " sopra le mesate che Sua Maestà ( il re cattolico ) fa pagare a Sua Altezza in Milano" una rendita che certo poteva più agevolmente e direttamente riscuotere , dato che la vita e i suoi interessi si concentravano altrove.

DONAZIONE FATTA DA S.A. A DON GIOVANNI DI HENDOZA DEL TASSO DI 616 SCUDI PAGATO ANNUALMENTE DALLA GIURISDIZIONE DI SAN GERMANO, DELLA QUALE AVEVA GIÀ RICEVUTO L'INFEUDAZIONE, CON PRIMA E SECONDA COGNIZIONE, E L'EREZIONE IN MARCHESATO,

 

 

Hurtado de Mendoza
(Mendoza)

(originari della Castiglia)

(antica e celebre famiglia spagnola)

marchesi di San Germano (1598)
[Juan Hurtado de Mendoza y Velasco, 1° marchese de la Hinojosa, governatore dello stato di Milano (30 luglio 1612), investito da Carlo Emanuele I]

 

Inquartato in decusse; al 1° e 4° di verde alla banda d'oro, ripiena di rosso: al 2° e 3° d'oro; il 2° carico della parola AVE MARIA, il 3° della parola GRATIA PLENA, il tutto di azzurro."

 

MENDOZZA (D. Giovanni Hurtado de), marchese di S. Germano, poi de la Hynojosa, apparteneva ad una delle più cospicue famiglie di Spagna, che vantavasi discendere da Ugo Lopez, signore della Biscaglia, ed era il settimo figlio di Antonio Gomez Hurtado de Mendozza, conte di Castragèriz, signore d'Astudillo e di Villazopèqué, e di Isabella deVelasco, figlia del primo marchese di Verlanza. Educato alle armi, cominciò a distinguérsi combattendo sotto le insegne di Carlo Emanuele I duca di Savoja, che per rimeritarlo il fece conte di S. Germano. Altre cariche eminenti conseguiva dal proprio re, come quella di gentiluomo di camera, di membro del consiglio di guerra e di generale d'artiglieria, poi, nel luglio 1612, fu pel favore del.primo ministro, duca di Lerma, surrogato al contestabile di Castiglia nel governo dello Stato di Milano e nel generale capitanato d'Italia. Rallegrossene il duca di Savoja, sperandolo propizio per gli antichi legami d'amicizia, ma l'Innojosa rimaneva impassibile innanzi ai pericoli in cui' andava tuffandosi quell'audace. Sopravvennero alcune discrepanze fra i potentati d'Europa intorno alla vagheggiata successione del Monferrato, quantunque il duca di Mantova, legittimò sovrano di quel paese, vivesse in ottima salute e non avesse perduta ogni speranza di prole; poi sempre più intralciandosi la questione, crebbero le divergenze fra l'ambizioso Sabaudo, il quale aveva già "posto la mano sopra alcune terrò dell' ambita provincia, ed il re di Spagna, il quale, infastidito di tanta cupidigia, deliberò di proteggere l'assalito Gonzaga. Il perchè ad onta dell' antica affezione e delle tante carezze prodigategli dal duca di Savoja, l'Innojosa, pigliando norma dal dovere, gl'intimo nel 1613 la restituzione delle piazze conquistate, e, sul rifiuto, di lui, spedi in soccorso di Nizza 4000 fanti e 400 cavalli sojtto gli ordini deiprincipe d'Ascoli, Antonio da Leyva, discendente dall'omonimo gran capitano, indi alli 20 agosto 1614 andò egli stesso a piantare gli alloggiamenti a Candia nel Novarese; occupò la Motta e Carenzana; sottrasse Novara dal periglio di un vigoroso assedio, e, spingendosi sempre più innanzi, s'impadronì di alcuni luoghi nel Vercellese (settembre 1614) e scacciò i Piemontesi dal fiumicello Versa. Nè qui" arrestavasi, perocché il 21 maggio 1615 alla testa di 30,000 uomini riportava una vittoria decisiva sotto Asti, e rese cosi più prono agli accordi quel prode ambizioso, che, appellato dal Botta novello Anteo, non solo aveva ne' suoi vasti disegni rivolto l'animo al Monferrato ed al marchesato di Saluzzo, ma financo alla corona di Francia ed all'Impero. Col trattato conchiuso ai 22 giugno dello stesso anno il duca di Savoja esciva dal grande conflitto con maggior onore di quello che sarebbesi voluto è ne venne male all'Innojosa, che biasimato dal gabinetto spagnuolo, fu levato d'ufficio, comechè sospetto di parzialità verso il principe avversario. Per ordine di questo governatore erigevasi il forte di Sandoval e alla sua partenza pel Monferrato istituivasi a custodia della città di Milano la milizia nazionale, conservata anche in seguito. Acquistossi fama di abile negoziatore, componendo le dissidenze insorte fra il duca di Modena e la repubblica di Lucca; ma parve debole, perchè non abbastanza dignitoso e troppo facile a lasciar trapelare i suoi pensamenti. Il Custodi lo dice personaggio cortese e senza fasto,' dotato di vivacità, di molto ingegno e memoria, facile ad ascoltar chiunque e indefesso nel suo ministero. Promoveva agli impieghi uomini degni d'occuparli; amava i Milanesi e mostravasi in pari tempo fedele e zelante nel servigio del re.

 

 Nel 1610 , a supplica del concessionario il Duca Carlo Emanuele I rileva il Marchesato dal Mendozza compensandolo con assegnamenti di denari., e lo cede al Conte Giulio Cesare d'Aglié e di San Martino per diciottomila ducatoni , contravvenendo ad un accordo che lo stesso Duca di Savoia aveva fatto con i messaggeri del Comune di San Germano ; Spatis e Gigliotti , che a nome dei Sangermanesi avevano richiesto la possibilità ai concittadini di raccogliere la somma necessaria per riscattarsi . Ma Carlo Emanuele I , forse non convinto del tutto della possibilità dei Sangermanesi di raccogliere la somma cede al Conte d'Agliè il borgo con tutti i diritti ( sebbene appartenenti alla comunità ) su ; forni , pascoli comuni , diritti d'acqua , e sui tre molini che a quel tempo c'erano a San Germano.

CONTRATTO DI VENDITA STIPULATO IN TORINO, NEL PALAZZO DI S.A., TRA QUEST'ULTIMO E GIULIO CESARE D'AGLIE', DEI CONTI DI S.MARTINO, SCUDIERE E GENTILUOMO ORDINARIO DI SUA CAMERA, FIGLIO DI NICOLA D'AGLIE', IL QUALE ACQUISTA IL LUOGO E TERRI TORIO DI SAN GERMANO, CON TITOLO DI MARCHESATO, PRIMA E SECONDA COGNIZIONE E INFEUDAZIONE, AL PREZZO DI 18000 BUCATOMI D'ARGENTO.

 

Nel periodo tra il 1616 e il 1617 il Marchesato di San Germano viene rioccupato dagli Spagnoli al comando di Don Pietro Alvarez De Toledo , che nomina il capitano Tommaso Caracciolo a governatore del borgo .

Don Pietro Alvarez De Toledo

TOLEDO (D. Pedro Alvarez de), marchese di Villafranca, duca di Fernandina e Montalbano, signore di 'Cabrera e IIivera, commendatore di Valdenicorte, figlio di Garcia di Toledo-Osorio-Pimentel, vicerè di Sicilia, e di Vittoria Colonna, figlia d'Ascanio, già contestabile del regno di Napoli. — Die' principio alle sue militari imprese nelle Fiandre, ove comparve alla testa di alcune compagnie di cavalli da lui assoldate, ed ove capitanò tutto l'esercito durante la malattia del principe Alessandro Farnese. In tale occasione sconfisse due volte l'inimico e sovratutto si distinse a Maestrich ; quindi colle proprie truppe passò dapprima nel Portogallo, per combattervi Pedro Estroci, poi a Terceras per ridurre quella provincia all' ubbidienza. Nel 1584, nominato generale delle galere di Napoli, illustrassi contro i Turchi, e nel 1595 operò con buon esito una discesa sulle coste della Morea. Divenuto il favorito e confidente di Filippo III, fu nel 1608 inviato ambasciatore in Francia, per distogliere Enrico IV dall'alleanza delle Provincie Unite e per proporgli il matrimonio di una Infanta col Delfino. Nulla ottenne, e in una conferenza molto animata col monarca francese, questi si riscaldò a segno di minacciare che sarebbesi fatto vedere bentosto in Madrid; ma egli, non smarrendosi punto, coraggiosamente rispose, che erari stato anche il re Francesco I. Rientrato in Ispagna sul principiare del 1609, non andò guari che, pubblicatosi il famoso editto (11 settembre 1609) perla totale espulsione de'Mori, il Toledo fu uno de'più risoluti ad inseguirli ne' luoghi più reconditi e montuosi e dare loro la caccia, quasi fossero fiere. Moltissimi di quegli infelici eransi ammutinati per isfuggire l'orrenda sorte toccata a que' loro fratelli, i quali, spogli d'ogni loro avere, erano stati trasferiti pei primi sui lidi cocentissimi dell'Africa, ove altri Mori al pari di essi, rimproverandoli di avere tanto tempo vissuto sotto la legge di Cristo, ne avevano fatto miserabile scempio. Più di 140,000 individui furono scacciati da quel regno di Valenza, ridotto con tante cure da essi un Eden lussureggiante d'ogni più bella ed utile vegetazione (*) ; tre quarti de'villaggi della Catalogna rimasero deserti e la Sierra Morena per mancanza di braccia non produsse più nulla. Perì l'agricoltura, scadde l'industria; disparvero i processi onde quegli intelligenti avevano fatte prosperare quelle due fonti di ricchezza nell'iberico suolo. Gradì sommamente l'energia colla quale il Toledo aveva sempre difeso l'interesse della corona, e venne trascelto a surrogare l'Innojosa, di cui egli aveva incessantemente biasimata la condotta. Giunto in Milano nel gennajo del 1616, usò tosto modi insolenti e provocanti col belligero suo vicino, il duca di Savoja, il quale non era certo uomo da pigliarseli in buona pace, e non osservandosi nè dall'una parte, nè dall'altra il trattato d'Asti, si riappiccò la guerra. Ai 14 settembre di quell'anno il governatore passò il ponte presso la Villetta nel Monferrato con 30,000 fanti e 3,000 cavalli di varie nazioni, mentre il duca attendevalo con 20,000 fanti, e 2,500 elettissimi cavalli. I primi fatti furono favorevoli al marchese di Villafranca : acquistò S. Germano, vinse alla Badia, espugnò Vercelli ; ma avendo Francia spedito il celebre maresciallo Lesdiguières con grossa soldatesca in ajuto del duca, il Toledo più coraggioso che abile, dovette nel 1617 riconoscere la propria inferiorità innanzi a que'due fulmini di guerra. Piegarono in breve all'inimico le terre di Fivizzano, Refrancore, Quattordici, Solere, Non, Ribaldone, S. Damiano, Alba e Montiglio, in guisa che lo spavento e la confusione avevano costernati tutti gli animi perfino ad Alessandria. S'intromisero allora i Veneziani ed il pontefice, ed ai 7 d'ottobre segnossi la pace à Pavia fra il governatore e Bethunes, ambasciatore di Francia; ma intanto Venezia, sostegno della libertà italiana, era venuta in uggia alla Spagna per le arti colle quali avevala sempre contrariata nelle passate vicende. Un'orribile insidia fu tramata nell6I8 ai danni della Repubblica ; sostenevano le prime parti del dramma il cardinale, Alfonso de la Cueva marchese di Bedmar, ambasciatore spagnuolo a Venezia.il duca d'Ossuna, vicerè di Napoli, e il Toledo, governatore di Milano. Mille e cinquecento veterani, scelti fra la guarnigione di quest' ultima città dovevano occultamente essere introdotti in Venezia, unirsi ad altri individui, congiurati o corrotti, e tutti di conserva ardere l'arsenale, massacrare i senatori in mezzo al generale scompiglio, ed in nome del re cattolico cingere di ceppi l'antica regina de' mari. Narrano tutte le storie come, discoverta in tempo, la congiura non sortisse l'effetto, e che il senato,, dopo aver fatto gittare 500 individui nel fondo della laguna, andasse pago di essere sfuggito al pericolo e non osasse accusare la Spagna dell'odioso attentato. Poteva questa ancora tanto in que' giorni, che, bisognava tacere o dichiararle la guerra. — Al principio del suo governo (nel 1 CI 6) il Toledo, palesandosi sempre per un terribile cacciatore d'uomini, espulse molti eretici dalla Valtellina, come leggesi in una memoria di quel tempo, e un anno prima di quello in cui ebbe luogo l'arditissima trama contro Venezia, entrò nel territorio della Repubblica per costringerla a levare il campo da Gradisca. Lodato da alcuni suoi contemporanei, fu invece biasimato da altri per atti arbitrari, ingiuste e sommarie sentenze e per tracotante insubordinazione agli ordini che gli venivano da chi era più autorevole di lui. Narrasi che talvolta mandasse in galera e sino allà forca senza processo e che molte infelici condannasse ad essere bruciate come streghe <*). In una certa circostanza avendo i suoi soldati ehiesta la loro mercede, e nulla potendosi avere da Madrid, permise eh' e' si rifacessero sulle sostanze de' privati : in altra occasione invece, poco dopo il suo arrivo a Milano, fuwi chi, per cattivarselo, gli presentò dello sceltissimo selvaggiume; ma egli, fattolo assai bene ammanire, volle che lo si rendesse al donatore, perchè a suo piacimento se ne servisse (2>. Partì da Milano nel 1618 e di li a due anni cessò di vivere.

Il Toledo fu di fronte spaziosa, pallido in volto, malinconico, di scarso e sentenzioso favellare. ,

 

Conte Filippo San Martino di Agliè

(famiglia marchionale discendente dai conti di Pombia, una delle casate dette "dei quattro nobili del Piemonte")

Inquartato, al 1º e 4º d'azzurro, a nove rombi d'oro, 3, 3, 3, accollati e appuntati; al 2º e 3º di rosso

Motto : : SANS DESPARTIR UTINAM

 

 

 

Nella primavera del 1618 il borgo ritorna sotto la proprietà dei Conti di Aglié , e successivamente al Conte Filippo San Martino di Agliè, secondogenito di Giulio Cesare di San Martino  e di Ottavia Gentile . Per i  danni subiti dalle  guerre contro gli spagnoli i San Martino verranno indennizzati dal Savoia nel 1621

CONCESSIONE FATTA DA S.A- Al MARCHESE DI SAN GERMANO DI POTER ESTRARRE DAGLI STATI DUCALI 500 SOME DI RISO,PER POTERLE CONDURRE DOVE GLI PARRA',E CIO' IN CONSI DERAZIONE DELLA GRATA SERVITÙ' DA LUI RESA E DEI MOLTI DANNI DA LUI PATITI NELLA GUERRA DE. MONFERRATO. .

In seguito al Regio Editto del 7 gennaio 1720 , che dichiarava nulle le infeudazioni ed investiture di concessioni di feudi , anche il Marchesato di San Germano , entrò nel mirino del fisco , che intendeva riunirlo al demanio , concedendo ai San Martino d'Agliè un congruo indennizzo.

Ma nel 1721 Casa Savoia ritornò sulla decisione , e il Marchesato fu di nuovo riunito con indennizzazione e rinfeudazione ai San Martino d'Agliè.  L'8 luglio 1722 l'infeudazione passò al Marchese Giuseppe Gaetano Francesco San Martino d'Agliè.

Il Marchesato di San Germano cessa formalmente ad Ottobre 1747. Il titolo di Marchese di San Germano rimane comunque in uso dei San Martino di Agliè , si ritrovano negli atti il passaggio del titolo l'8 agosto 1787 a Carlo Emanuele San Martino d'Agliè , e 30 gennaio 1830 una Declaratoria camerale che riconosce la successione al Marchese Raimondo Casimiro San Martino d'Agliè

Bibliografia - Il Beato Guido e le Famiglie Spatis di San Germano - Antonio Corona - 2012