La Chiesa di San Vito
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Al
termine di una stretta strada serpeggiante, appena fuori San Germano dopo
l'ultima curva, superata la cascina omonima che le nasconde, appaiono
all'improvviso, come per incanto, solitarie alla campagna le mura diroccate
della chiesa di San Vito. Si vuole .ricordare questa chiesa prima che scompaiano
i suoi ruderi, la facciata ,
i muri perimetrali e il campanile (esistente ancora nel 1975
, e crollato all’inizio degli anni 80), che sono
ormai l'unica testimonianza rimasta dell'edificio. I resti della della chiesa
sembrano adattare
il loro aspetto al variare delle stagioni ,
del tempo e della campagna circostante sì che, ad ogni loro cambiamento
danno nuove e diverse sensazioni. Essa fa riaffiorare alla memoria il tempo
passato irrimediabilmente scomparso all'inizio del secolo, dopo la lunga pausa
invernale, con la primavera ricomparivano i contadini che si univano a quelli
della cascina vicina per la preparazione dei campi e poi con il maggengo, ai
primi di maggio apparivano anche le donne per un lavoro che andava dall'alba al
tramonto.
Nella
chiesa di San Vito alla domenica si officiava la messa. Spesso nel periodo delle
più pressanti operazioni agricole soggette al bel tempo, come la fienagione o
la mietitura, si lavorava anche nei giorni festivi e si andava nella chiesa di
San Vito a piedi nudi, per sentire la santa messa. Questa era una graziosa
concessione del fittavolo che faceva possibilmente coincidere il momento
religioso con la pausa del pranzo e così all'ombra della chiesa stessa si
consumava quanto portato da casa nel tasca-pan Un tempo la zona era ricoperta di
fitti boschi di querce, olmi, ontani, tigli e, ancora all'inizio del secolo,
anche di cornioli ed era percorsa inoltre da diversi corsi d'acqua, una
caratteristica peculiare di tutto il territorio sangermanese come dimostrano i
numerosi fitonimi.
Tracce
del culto prestato ancora in età medioevale ad alberi come la quercia, l'olmo,
ed il tiglio, sono state raccolte da folcloristi, botanisti e specialmente da
toponimisti.Il Serra ha dimostrato che il culto del Tiglio era molto diffuso nel
territorio piemontese, le cui tracce s'insinuano soprattutto attraverso i
toponimi, e proprio nelle vicinanze della chiesa di San Vito abbiamo un fitonimo,
Tiole; un etimo da vedersi nel diminutivo di Tilia; albero sacro Segnala ancora
il Serra la curiosa coincidenza di voci insorta, sempre in età medioevale,
laddove l'esito volgare del la voce latina titulus (da cui arbor teclatus;
teclatura con un suo proprio significato di "marchio quale segno di confine
inciso sugli arbores finales”), si risolve per il medesimo autore in teglum
che coincide con un uguale teglum quale esito volgare dalla voce latina tilia.E
proprio nella zona della chiesa di San Vito vi è un corso d'acqua detto Rio
Finale; la cui forma dialettale è Ur-final; dalla voce "Ur” che in celta
secondo il Caligaris, significa acqua, quindi corso d'acqua che segna un
confine. Questo non ci sembra casuale, ma il naturale passaggio di tale
significato di confine per estensione dagli alberi teclati o meglio arbores
finales al corso d'acqua l' Ur Final una traslazione che potrebbe essere un
ulteriore valore indiziale a conferma di presumibili tracce del culto del
tiglio. Inoltre nelle vicinanze della chiesa di San Vito si trova una regione
denominata VaI Scuria (Valle Oscura: resa tale da una fitta selva) ,nome vago ma
che è da collegare a quei tipi di toponimi derivati da credenze superstiziose
legate al magico ed al soprannaturale di origine remota e di quei luoghi
caratterizzati da sorgenti e boschi.
Il
collegamento esistente tra "la chiesa" e "il podere" è
pervenuti) fino a noi attraverso il nome dialettale,San Vi Cit, che non è
riferito direttamente all'edificio religioso, ma deriva dal confronto con la
superficie dei terreni coltivati. Le carte topografiche del secolo scorso
riportano ancora l'indicazione italianizzata di San Vito Piccolo e San Vito
Grosso
In
origine la Chiesa aveva in dotazione alcune giornate di terreno, un podere molto
piccolo, cit, che era condotto da una famiglia di particolari, piccoli
affittuari, che viveva in un modesto edificio costruito a ridosso sul lato a
mezzogiorno della chiesa ed ancora esistente all'inizio del secolo. Il Caligaris
teorizza la derivazione del nome di San Vito da vitulus, animale inteso come
offerta votiva, una ipotesi questa molto suggestiva ed anche omofona, ma la
maggior parte degli studiosi in casi simili propende per vicus che è molto bene
attestato per podere (cascina, tenuta) da diversi autori latini .
San Vito Piccolo e San Vito Grosso nella mappa del 1802 , sono ancora citati come frazione del comune di San Germano nel Dizionario Corografico dell'Italia del 1869
La struttura della Chiesa di S. Vito | |
La Chiesa è disposta
secondo l'uso liturgico più antico, avendo l'abside sul lato mattina in modo
che il celebrante avesse la faccia voltata verso il sole nascente. L' antichità
della costruzione è testimoniata dall'avanzo di un muro, ancora visibile, non
facilmente databile che scorre a settentrione. San Vito, come già detto, aveva
una sua propria elegante struttura architettonica, basata su una classica pianta
rettangolare ad una sola ampia navata.Tre erano gli archi a semicirconferenza
che sostenevano la struttura muraria della volta innestandosi su quelli aventi
la funzione di sostegno e nel contempo di contrappeso disegnati sui muri
perimetrali. Ancora degli archi, due sull' apertura dell'intera navata e due sui
muri laterali aventi un innesto comune, facevano da sostegno alla cupola che si
elevava notevolmente al di sopra della copertura a capanna con una graziosa
forma ottagonale. Otto finestre rettangolari ricavate nel tamburo davano
luminosità interna all'edificio. A mezzogiorno, a lato della stessa cupola si
ergeva uno svettante e snello campanile a forma quadrata a quattro piani con
piccole traforature nei primi tre; una scaletta interna a pioli favoriva
l'ascensione al l'ultimo alleggerito da quattro aperture e facente funzione da
cella campanaria . L'abside della chiesa faceva un corpo unico con il resto
della costruzione e non aveva la classica forma semicircolare, ma una struttura
particolare a quattro lati, tutti rientranti che si innestavano simmetricamente
al resto del la costruzione. La facciata, come consuetudine di ogni edificio con
tetto a due spioventi, terminava col classico frontone ornamentale a forma
triangolare con una nicchia centrale dove era riposta una statua in legno di San
Vito . |
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Ancora fino ai primi decenni del
secolo i lavori dei campi fornivano il ritmo di vita proprio della gente;
l'agricoltura non era solo un mestiere era uno stato, un modo di vivere regolato
dalla natura e la Chiesa conscia di questo aveva posto lungo i mesi i fasti di
una liturgia che si sposava perfettamente al ritmo del la vita campestre. Tra
questi abbiamo le Rogazioni che si svolgevano nei tre giorni immediatamente
precedenti la solennità dell'Ascensione. Erano tre processioni che attraverso i
campi conducevano ad un oratorio o ad una croce il clero ed i fedeli per
attirare, al canto delle Litanie dei santi, la benedizione di Dio sopra le
campagne e i beni della terra.Le Rogazioni, che si erano diffuse molto
velocemente in tutta la Francia dopo che erano state istituite nel 468 da San
Mamerte, vescovo di Vienne nel Delfinato, vennero poi adottate nell' 816 dal
papa Leone 111, quando era già consolidata l'usanza di designare una località
con il nome di un santo.
I
riti delle Rogazioni o Litaniae minores, tipici della liturgia vercellese, a San
Germano furono collegati fin dal loro inizio alla chiesa di San Vito che ancora
al principio del secolo era la stazione dell'ultima processione e dove, in
sintonia col loro carattere molto popolare, terminavano in allegra amicizia con
un modesto convivio al 1'ombra delle poche querce rimaste, degli ultimi tigli e
di un superstite corniolo. Si portarono in questo luogo le processioni delle
Rogazioni per associare ad una cerimonia liturgica cristiana certe consuetudini
pagane ancora radicate nella popolazione al fine di assorbirle ed annullarle?.
Storicamente si ha notizia che il 18 aprile 1627 , sette giorni prima della ricorrenza di San Marco , la chiesa di San Vito sia stata meta di una solenne processione proposta dall'allora prevosto vicario Don Giovanni Pietro Bricco , in occasione della posa della prima pietra per la ricostruzione della Chiesa del Convento degli Agostiniani , da parte del padre Aurelio Corbellini , dopo la distruzione del vecchio convento , avvenuta durante l'occupazione spagnola.
Testimonianze,
attribuite a mons. Pietro Alice, un prelato di origine sangermanese, ricordano
che la processione delle Rogazioni maggiori di San Marco del 25 aprile era
anch'essa diretta a San Vito ed in quel giorno venivano benedetti i bachi da
seta, essendo l'Evangelista considerato dai sangermanesi il loro protettore .
Bibliografia - Divagazioni di toponomastica Sangermanese ( A. Corona - 2008) - Piccole storie Sangermanesi ( A. Corona - 1996 )
ALTRE NOTIZIE STORICHE RIGUARDANTI L'ANTICA CHIESA DI SAN VITO
- Già esistente in data 19 dicembre 1611 , ove dal testamento di Giulio Francesio di San Germano , si evince un lascito di 18 fiorini alla "Chiesa di San Vito".
- Altra informazione di lascito testamentario alla Chiesa di San Vito , lo abbiamo dal testamento di Giacomo Francesco di Antonio Bricco ( prevosto di San Germano dal 1619 al 1643 ) datato 15 aprile 1643 , in cui lasciava alla Chiesa , un quadro d'argento dal valore di 10 ducatoni.
- Due eremiti in periodi diversi si ritirarono a vivere a San Vito , il primo fu Francesco Belvisotti che nel maggio 1759 , proveniente dal Convento Agostiniano si ritira fino al 1774 , anno della sua morte. Dell'altro eremita ( di cui non abbiamo nome ) ne abbiamo notizia da Giovanni Antonio Fiorio , parroco di San Germano , che nel suo testamento del 6 aprile 1789 lasciava "due vesti nere longhe una da inverno , l'altra da estate , nello stato che si troveranno dopo la di lui morte , all'attual romito della cappella di San Vito di questo Borgo ".
- In un documento redatto dal parroco di San Germano Vercellese, firmato in data 30 ottobre 1929 e avente titolo "Parrocchia di San Germano Vercellese - Risposte ai quesiti a riguardo dei beni ecclesiastici", viene scritto: "Chiesa di San Vito. La Chiesa di San Vito già esisteva verso la fine del secolo XVII perché l'Avv. Michele Antonio Franco di Torino, ma abitante in San Germano, ha fondato a San Vito una rettoria, con obbligo al Sacerdote Rettore di celebrare in detta Cappella in tutte le feste di precetto le messe e fa dire le preghiere ai figlioli e particolari. La Chiesa è di stile rinascimentale con bella cupola esagonale, coro e sacrestia, ma va ognora deperendo per l'abbandono e per mancanza di mezzi. [...] Vi erano banchi, balaustre, quadri, predelle degli altari e campana, ma fu portato via tutto e furono anche esportati in parte gli altari di legno, non artistici, ma buoni e di bell'effetto. Quel poco che resta di detti altari sarà presto sciupato dalla grande umidità." Descrizione la chiesa di San Vito si trova lungo una strada serpeggiante appena fuori il centro abitato di San Germano Vercellese ed è conservata allo stato di rudere. L'impianto a croce latina della chiesa si sviluppa lungo l'asse est-ovest e la facciata principale, realizzata in muratura portante di mattoni pieni, si affaccia ad ovest. Lo stile architettonico è semplice e la facciata principale è caratterizzata dalla porta principale in asse con un'apertura al livello superiore. La facciata termina con un timpano. I prospetti laterali, incompleti nella parte superiore, riportano gravi lesioni e degradi dovuti al crollo della copertura.
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/
Il Convento Agostiniano di S.Maria della Consolazione - Società Storica Vercellese - A.Corona / G. Tibaldeschi - 2017