San Germano e i profughi Valdesi

Nel 1655, nel periodo durante il quale il ducato era controllato dalla reggente Cristina di Francia, vi fu una nuova violenta azione armata contro i valdesi, nota come Pasque piemontesi alla quale si arrivò nonostante i tentativi di mediazione politica per i quali si era adoperato il pastore Giovanni Léger e durante la quale si distinsero, quali condottieri della resistenza armata, Giosuè Gianavello e Bartolomeo Jahier.

Seguirono decenni durante i quali furono assunte misure per contrastare in vario modo i valdesi; una nuova decisiva campagna militare antivaldese si compì nel 1686, a opera di Vittorio Amedeo II, allineatosi alla politica di repressione religiosa del re di Francia Luigi XIV, che nel 1685 aveva revocato l'editto di Nantes. L'esito dell'attacco alla popolazione valdese fu la distruzione dei villaggi, la strage dei civili, la cattura e il trasferimento nelle prigioni sabaude dei sopravvissuti, che subirono l'esilio in Svizzera, mentre furono trasferiti nel vercellese i cattolizzati. Condotti dapprima a Torre Pellice, Luserna, Bricherasio e San Secondo, poi trasferiti nelle carceri di Torino, Carmagnola, Ivrea, Verrua, Vercelli, Trino, Asti, Revello, Saluzzo, Fossano , Villafalletto, Benevagienna, Cherasco e Mondovì, i prigionieri erano stati decimati dalla scarsità di cibo, dalle malattie e dai maltrattamenti. All’emanazione dell’editto del 3 gennaio 1687 – concesso da Vittorio Amedeo II su pressione delle potenze protestanti europee – risultavano in vita solo più 3.700 superstiti, di cui circa un migliaio accettarono di abiurare e vennero perciò confinati nel Vercellese.

 

La candela con intorno la scritta lux lucet in tenebris, simbolo del valdismo

A San Germano e nei paesi vicini ne furono confinati:

San Germano - 36

Santhià - 36

Tronzano - 20

Viancino - ( numero non precisato )

Cigliano - 23