ASSEDIO di San Germano

(Novembre 1476)

"Siate adunque virili e forti e state di buono animo"cosi i reggenti di San Germano Vercellese scrivevano nel 1476 agli Eporediesi ed ai Biellesi .

Galeazzo Maria Sforza

Roberto Sanseverino

Gian Giacomo Trivulzio

Filippo di Bressa

( detto il Senza Terra )

 Michele da Piemonte ; l' eroico difensore di San Germano Vercellese , aggiunge una lettera di proprio pugno , incuorandoli di essere forti in qualsiasi evento . San Germano , Ivrea , Biella , " fedelissime " alla Casa Savoia , si rifiutavano di obbedire allo Sforza . Il loro signore non era lo Sforza , bensì il Savoia . San Germano , piccolo borgo a 14 Km . da Vercelli , con solo duemila difensori si preparò alla resistenza contro le truppe sforzesche , che avanzavano minacciose .

Morto in Vercelli il Beato Amedeo IX nel 1472 , Jolanda sua moglie dalla assemblea dei rappresentanti delle Province veniva dichiarata reggente della Savoia e del Piemonte per il figlio Filiberto I . La sua reggenza doveva essere funestata dalla losca politica dei vicini e dagli intrighi dei parenti . Il Piemonte sarebbe stato certamente travolto ; la fedeltà a Casa Savoia lo salvò. Invidioso e desideroso di regnare , Filippo di Bressa , detto " Senza Terra " , cognato di Jolanda , discese con un esercito in Piemonte , avanzando pretesi diritti . Jolanda donna di gran valore , passò momenti terribili , ma riuscì a piegare l' animo del fiero cognato , facendogli ripassare le Alpi . Carlo il Guerriero , suo parente , nella guerra contro gli Svizzeri , obbligò Jolanda ad aiutarlo . Ottenne quanto volle , ma nella battaglia di Morat fu disfatto completamente . Temendo che Jolanda di Savoia non gli serbasse fede dopo così tremenda sconfitta , la fece imprigionare . Luigi IX , Re di Francia bramoso di poter indirettamente dominare in Piemonte e seguire i fatti che succedevano in Italia , si dichiarò protettore del Piemonte , dando la reggenza della Savoia a Gian Ludovico e quella del Piemonte a Filippo " Senza Terra " . Sognava costui per il Piemonte la grandezza passata , ma dove occorreva una mano delicata per ridestare le stremate energie , egli agì tanto impetuosamente che il povero Piemonte decadde ancora più . Jolanda e Filippo " Senza Terra " erano troppo nemici fra di loro per poter concludere qualcosa di reale . Jolanda , già prima , spaventata per la losca politica del Re di Francia e del " Senza Terra " , si era avvicinata allo Sforza , promettendo il piccolo Filiberto alla figlia di Galeazzo Maria , Bianca Maria .

Lo Sforza , per il bene del proprio Stato , non poteva assolutamente permettere che un potentissimo Signore come il Re di Francia fosse suo vicino . Fu più il timore che l' ambizione che lo spinse ad invadere il Piemonte . Il Piemonte , chiave della terra italiana , doveva rimanere libero ed indipendente . Grande confusione regnava dappertutto . Non conoscendo bene le mire , nè dello Sforza nè del Re di Francia , i Piemontesi non sapevano affatto a chi obbedire . I più rimanevano fedeli a Casa Savoia . Il pretesto per invadere il Piemonte venne trovato subito . Volle che San Germano , Ivrea e Biella giurassero fedeltà alla Casa Savoia . Questo patronato dello Sforza per la Casa Sabauda parve sospetto ; fu stimato senz' altro un usurpatore ed un nemico e si prepararono a combatterlo . Il Duca di Milano entrò in Piemonte con un formidabile esercito . La maggior parte dei Comuni presero pretesti per poter riflettere prima di eseguire gli ordini dello Sforza , di cui erano molto conosciuti il valore e l' audacia . Il giorno della distruzione di queste città non era lontano qualora si fossero rifiutate di obbedire . Per tutti lo Sforza era un usurpatore . San Germano rifiuta e coraggiosamente si arma e si appresta a sostenere il terribile urto . Michele di Piemonte fortifica il borgo .

I Preparativi

Già da un pò di tempo le milizie del Duca si raccoglievano a Borgo Vercelli , a Casalino , al Torrione e altrove , pronte a muoversi ad un cenno .Le truppe erano comandate da Roberto Sanseverino , che alloggiava a Greggio , aggregate alle truppe dello Sforza c'erano anche i mercenari di Ambrosino di Langhirana con 1500 "provisionati e schioppetteri e balestreri con il loro carreggio" e in quelle terre " non fu tolto salvo che feno e galine : pure non si puote far di mancho che del bestiamme non andasse assay sacomanno"In Vercelli lo Sforza aveva messo un suo fidato , Francesco Olevano , che doveva informarlo di quanto avveniva. Questi difatti il 18 di settembre mandava a Galeazzo maria la nota delle terre che si rifiutavano all'obbedienza : tra esse v'erano Santhià , Ivrea , Biella Gattinara , Cigliano e la Valle d'Aosta , mentre altri luoghi trattavano con i messi ducali ; Giò Francesco Bossio e Giò da Brescia per fare giuramento di fedeltà al Duca . Altre terre rimangono dubitose , e tra queste San Germano , che prendendo tempo si scusano che è assente il loro podestà , e mandano a dire al "Signor Roberto che , se l'anderà là come amico gli farano honore e carezze ; quando anche el vadi altramente gli risponderano con le bombarde ".I due messi riferiscono al Duca sulle condizioni dei vari luoghi visitati , e di san Germano dicono che è piena e ricca di strami "sine fine" e aggiungono che benchè sia forte , a loro pare che non sia però tal fortezza com'è da fama :" pare forsi ad altri piena de homini , ma a tutti noi pare essere piena di gente". Roberto Sanseverino nel frattempo manda a richiedere al Duca altre truppe e la bombarda grossa che era a Pavia , vantandosi che "se avesse avuto anche la  Bissona o la Liona insieme alla Fertina che erano le bombarde domandate , in quattro dì sarebbe andato a cena con quei di San germano" .Di San Germano si scriveva che avevano fatto tre bandiere: una del Re , una del Duca di Borgogna e l'altra di Filippo Monsignore , dicendo che li Sforzeschi quando le avessero viste , avrebbero avuto paura. Ma a danno dei sangermanesi lavorava lo stesso Governatore di Vercelli che ricorda al Duca che voglia " sbatere la cativa disposizione di questi di S. Zermano li quali usano de male parole et quella non poria uscirne senza grande mancamento non facendogli intendere la possanza de V.S. la quale hanno dicto de voler vedere , et se questi hano facto e fano cativi segnali , non sarano sbatuti ..". Intanto i Sangermanesi si preparano raccogliendo viveri dentro la terra , e si apprestavano a dar da pensare allo Sforza , nel timore che la condotta dei sangermanesi trovasse altri imitatori.

San Germano e Santhià capitanate da Matteo Confalonieri di Balocco detto il "Balochino" decidono di non accettare le proposte dello Sforza e si preparano a resistere , il Confalonieri chiama il condottiero Michele da Piemonte ; a quel tempo al servizio di Casa Savoia , a presidiare San Germano . I Sangermanesi nel frattempo , per poter difendersi meglio ; avevano gettato a terra le loro cascine di fuori e i molini della Duchessa , perchè la gente d'arme non vi potesse alloggiare , ne servirsene per nuocer loro.

 

MICHELE di Piemonte (Michele della Rippa). 
 – Non sono noti il luogo e la data della sua nascita, né notizie sulla sua infanzia e formazione. È noto che nel 1443 militava nell’esercito pontificio e che si recò nella Marca Anconetana per sottrarre le terre papali al controllo di Francesco Sforza. In aprile fu posto a guardia della rocca di Tolentino per difendere la città dall’assalto dello Sforza che tentava di isolarla e portarla allo stremo tramite un blocco che ne impediva il vettovagliamento. A causa della grave penuria di viveri M., su richiesta dei Tolentinati, restituì l’approvvigionamento di grano che regolarmente il Comune inviava a lui e ai suoi soldati. Quando le condizioni si fecero critiche scrisse a Niccolò Piccinino, capo dell’esercito, a Ludovico Scarampi, patriarca di Aquileia, e al papa Eugenio IV per chiedere rinforzi. La situazione di stallo si protrasse fino al 6 luglio, quando lo Sforza fece accampare il suo esercito alle porte di Tolentino per iniziare l’assalto con una bombarda che i Veneziani, garantendogli il loro appoggio, gli avevano inviato. La città, senza l’aiuto del patriarca di Aquileia e del Piccinino che non arrivavano, non resistette a lungo e chiese la resa. La rocca inespugnabile restò ancora nelle mani di M. e dei suoi uomini che furono successivamente costretti a inviare sette ostaggi e a firmare la pace il 21 luglio. Negli anni successivi M. fu a capo di presidi importanti nella Marca, come Fabriano nel 1445, e sottrasse allo Sforza la terra di Civitella presso Val di Castro. Passò poi al soldo della Repubblica di Venezia, che lo inviò a Milano come connestabile di fanteria col provveditore Antonio Marcello a capo di 1000 cavalli e 2000 fanti a sostegno dello Sforza contro la Repubblica Ambrosiana. Nell’inverno 1448-49 lo Sforza collocò in stanza le sue truppe nei territori circostanti Milano con l’intenzione di stringere la città in una morsa; M., con Antonio di Ventimiglia, fu destinato a Chiaravalle da cui partiva per sortite notturne nei territori circostanti. Quando lo Sforza progettò di impossessarsi di Monza da cui passava la via del vettovagliamento milanese, M. passò dalla parte degli Ambrosiani. Si diresse con Carlo Gonzaga a soccorso della città assediata dagli Sforzeschi, riuscì a penetrarvi di notte dalla parte della terra della Santa dove alloggiava il Piccinino, con la connivenza del quale riuscì a vincere gli Sforzeschi e i loro capi: il Ventimiglia, Luigi Dal Verme, Dolce dell’Anguillara e Matteo da Capua. Ai primi di febbraio 1449 M. passò al servizio del duca Ludovico I di Savoia per 12.000 ducati di prestanza e la promessa di una piazzaforte in Piemonte; tuttavia, fu ancora impegnato nella difesa di Milano e non sul Sesia dove era dislocato l’esercito sabaudo in funzione antisforzesca. Per questo motivo M. continuò a ricevere la paga ancora dalla Repubblica Ambrosiana; solo dal mese di luglio Ludovico signore di Racconigi, uno dei due marescialli a cui il duca di Savoia aveva affidato il comando militare, dovette contribuire alle spese di mantenimento della compagnia di Michele. Per organizzare più razionalmente l’esercito, il duca affidò sempre più incarichi di potere a uomini d’arme italiani: M. divenne luogotenente del signore di Racconigi e ricevette una paga di 10.000 ducati al mese. Al termine della guerra si stabilì a Vercelli e nel 1452 chiese che i figli ottenessero un salvacondotto per tornare da lui e lasciare le terre della Chiesa dove si trovavano dai tempi della guerra nella Marca.Nel 1458 fu con le truppe sabaude inviate contro Arcimbaldo Gastone di Abzat che si era ribellato al duca di Savoia già dal 1456 compiendo scorrerie sul territorio con l’intenzione, si diceva, di muovere verso Nizza. In agosto M. assediò Rossana, dove si era rifugiato Abzat, utilizzando nelle operazioni ossidionali la famosa bombarda chiamata «Madonna Luisa». Alcuni tra i suoi uomini e quelli di altri due condottieri del duca, Bonifacio da Castagnole e Menzio da Laveno, defezionarono e si rifugiarono a Centallo. Negli anni successivi M. restò al servizio dei Savoia: la sua presenza nel 1459 è documentata a Rivoli presso Torino. Nel 1461 fu impegnato nella guerra sul fronte genovese; gli Adorno e i Fregoso, forti dell’alleanza con il duca Francesco Sforza, il papa e Ferdinando d’Aragona, re di Napoli, avevano cacciato da Genova i Francesi che, in numero di 3500, guidati da M., si erano rifugiati a Savona. Dopo aver partecipato al tentativo fallito di recuperare Genova nella battaglia del 17 luglio, M. fu posto nella fortezza a guardia di Varazze, di notevole importanza strategica perché era il passo più importante tra Savona e Genova. Si segnalò nella difesa di San Germano Vercellese nel 1476 a capo di 900 fanti, a sostegno di Filippo di Bresse, nominato reggente del Ducato da Luigi XI re di Francia, e del duca di Borgogna Carlo il Temerario. Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, approfittando della confusa situazione politico-istituzionale seguita alla precoce morte di Amedeo IX di Savoia, decise di invadere il Piemonte. Le truppe sforzesche, tra cui militavano condottieri famosi come Gian Giacomo Trivulzio e Roberto Sanseverino, attraversarono il Sesia con 3000 cavalli e, passando per Asigliano Vercellese, minacciarono San Germano che resistette all’assedio per cinque giorni. Alla fine gli assediati furono costretti a scendere a patti e M. fu fatto prigioniero con i due figli, che avevano partecipato alle operazioni belliche. Dopo la liberazione restò al servizio dei Savoia fino alla morte, che avvenne presumibilmente di lì a qualche anno.

Treccani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

 

Nobili ,Capitani di Ventura e Condottieri al seguito di Galeazzo Maria Sforza nell'assedio di San Germano

Pietro Dal Verme

1445

1485

Giovanni Antonio di Ventimiglia

1445

1483

Ludovico III Gonzaga

1412

1478

Guglielmo VIII del Monferrato

1420

1483

Giangiacomo Trivulzio

1440

1518

Roberto Sanseverino

1418

1487

..............adunque Galeazzo, per si degni riffetti deliberò l'impresa. Et quanto piu presto puote raduno un fortissimo esercito, e finalmente lo fece per hauer lui à i suoi stipendi ; Lodouico Marchese di Mantoa , Gulielmo di Monferrato, Giouanni Conte di Vintimilia , Giouanni Bentiuoglio,il Conte Pietro dal Vermo, Alberto Visconte,i Conti Marsilio, Cristoforo, Amorato, e Giacobo Torelli, Giouanni Scipione, Pietro Francesco Visconte , o molti altri huomini egregij nel mestiere dell'arme . Capitani de fanti,Donato da Milano, ambrosino Longhignana.

GIOVANNI BENTIVOGLIO Signore di Bologna - Entrava il 10 marzo 1471 al servizio del duca di Milano, che gli attribuiva una provvisione annua di 7.000 ducati, giustificata dalla carica di capitano nell'esercito ducale e dal comando di 600 cavalli e 30 balestrieri

LUDOVICO III GONZAGA Signore di Mantova - Detto “il Turco”. Marchese di Mantova. Signore di Castiglione delle Stiviere, Castelgoffredo, Revere, Cavriana, Volta Mantovana, Quistello, Viadana, Rivarolo Mantovano, Bozzolo, Dosolo, Gazzuolo, Isola Dovarese, Pomponesco, Sabbioneta e San Martino dall’Argine. Figlio di Gian Francesco Gonzaga; fratello di Carlo Gonzaga; padre di Federico Gonzaga, Giovanni Francesco Gonzaga e Rodolfo Gonzaga; cognato di Leonello d’Este; suocero di Giberto da Correggio, Corrado da Fogliano e di Francesco Secco. In polemica con il duca di Milano per il ritardo del pagamento della provvigione (gli sono saldati soli 4000 ducati) invia in Piemonte contro gli alleati dei borgognoni soli 86 uomini d’arme della sua compagnia. Allorché gli vengono consegnati i restanti 36000 ducati raggiunge il San Severino sul Sesia. Il conflitto è dovuto al rapimento a Ginevra della duchessa Iolanda di Savoia da parte di Carlo il Temerario.
GUGLIELMO VIII DI MONFERRATO/GUGLIELMO PALEOLOGO Marchese del Monferrato. Signore di Alessandria, Casale Monferrato, Bosco Marengo, Castellazzo Bormida, Solero, Quargnento, Cassine, Felizzano, Cremolino, Belforte Monferrato, Mollare, Mirabello Monferrato, Borgoratto Alessandrino, Quattordio, Castello di Annone, Pontestura, Moncalvo, San Damiano d’Asti, Nizza Monferrato, Acqui Terme, Frugarolo, Occimiano, Verolengo, Trino, Refrancore, Balzola. Suocero del duca Carlo di Savoia e del marchese di Saluzzo Ludovico.

PIETRO DAL VERME Conte di Carmagnola. Signore di Bobbio, Voghera, Castel San Giovanni, Pecorara, Romagnese, Zavattarello, Trebecco, Ruino, Fortunago, Pianello Val Tidone, Sala, Rocca d’Olgisio, Albareto, Vicomarino, Retorbido, Mandello del Lario, Varenna, Bellano. Affianca Roberto da San Severino alla conquista di San Germano Vercellese.

GIACOMO TORELLI Conte di Montechiarugolo e di Caselle. Figlio di Cristoforo Torelli; fratello di Guido Torelli, Francesco Torelli, Marcantonio Torelli, Marsilio Torelli e Amoratto Torelli; suocero di Renato da Trivulzio; genero di Amerigo da San Severino. Combattono in Piemonte le truppe di Carlo il Temerario.
  AMBROSINO DA LONGHIGNANA Lascia Milano con 1500 provvigionati per collegarsi sul Sesia con Roberto da San Severino. Giunto in Piemonte, 1000 uomini delle sue compagnie sono rispediti in Lombardia. Ha con Donato del Conte il comando della fanteria ducale. Combatte in Piemonte le truppe del duca di Savoia e del duca di Borgogna Carlo il Temerario.
 

DONATO DEL CONTE  (Donato Borri, Donato da Milano)  Detto “del Conte” per l’affetto dimostratogli sempre da Francesco Sforza.E’ segnalato sul Sesia con l’esercito ducale. Nel periodo è investito gode di grande responsabilità.

 

  ALBERTO VISCONTI Signore di Torricella, Castelletto Ticino, Invorio Inferiore e di altre terre nel novarese.

GIOVANNI CONTE DI VENTIMIGLIA GIOVANNI ANTONIO VENTIMIGLIA (Antonio Centomiglia) Calabrese. Conte di Montesarchio. Signore di Castellamare di Stabia. Nipote di Giovanni Ventimiglia. Affronta le truppe di Carlo il Temerario, sceso in armi per combattere la duchessa Iolanda di Savoia, vedova del duca Amedeo IX e sorella del re di Francia Luigi Xi. Gli avversari sono sconfitti a San Germano Vercellese.

GIOVANNI PALLAVICINI o GIOVANNI DI SCIPIONE Marchese. Ai suoi ordini militano 5 squadre di lance spezzate per un totale di 127 uomini d’arme (952 cavalli).

 

Investitura di Michele da Piemonte a Capitano del borgo di San Germano
Così si legge nella cronaca di Giovenale d'Aquino , Piemontese che scorre dal 1475 al 1515 (MS esistente nella Biblioteca della R. Accademia delle Scienze di Torino ) , che nel 1475 essendo la Duchessa Jolanda di Savoia reggente dello stato presso il Re di Francia , suo fratello , "Magnificum Consilium ducale Thaurini residens ,viso quod........D. Bressiae gubernator iverat ad capiendam possesionem patriae novae .........mandavit a civate Thaurini magnificum dominum Michaelem de Pedemontio capitaneum dicti consilii ad locum Sancti Germani situatum inter dictum locum Sanctae Agathae , et civitatem Vercellarum ad defendendum ne .......... dux Mediolani in eum locum intraret .

Per il bene del Piemonte e dell' amata Casa Savoia sacrificano le cose più care . Le case coloniche attorno al paese vengono abbattute . Numerose artiglierie , appollaiate sulle mura , facevano tremare gli Sforzeschi . Solo duemila uomini difendevano la piazza , di cui 900 uomini al soldo di Michele da Piemonte accompagnato dai suoi due figli. La fede , l' amore verso la Patria centuplicava però il coraggio in quei petti . Dodicimila uomini comandati dallo Sforza e da Roberto da San Severo cingevano in una ferrea morsa San Germano ai primi di Novembre del 1476 . L' esercito Sforzesco viene ancora accresciuto da un buon numero di Piemontesi i quali , volenti o nolenti , devono combattere contro i propri fratelli . Malgrado le artiglierie dello Sforza e l' abilità dei suoi generali , la piazza resisteva formidabilmente . Sotto la sicura guida di Michele da Piemonte gli assediati ributtano gli Sforzeschi . Gian Giacomo Trivulzio , che due volte aveva tentato di salire sulle mura , due volte era stato precipitato giù . Per il suo coraggio veniva proclamato capitano di cavalleria . L' eroica difesa continuava , bloccando l' intero esercito sotto le mura di San Germano . Vengono a assemblea Michele da Piemonte ed il San Severino .

Gian Giacomo Trivulzio

 Attraversa il Sesia con 3000 cavalli, avanza fino ad Asigliano Vercellese ed assedia in San Germano Vercellese Michele di Piemonte, che vi si è rinchiuso con 2 figli e 900 fanti. Dopo cinque giorni di intenso fuoco di artiglieria sono respinti due gagliardi assalti; il San Severino chiede la resa ed al suo rifiuto ricomincia il bombardamento. I terrazzani si arrendono a patti ed egli fa prigioniero il capitano avversario con i figli. Quindi parte da Santhià, tocca Moncrivello e depreda il vercellese con Giovanni Conti.

Del suo contributo nell'assedio di San Germano , abbiamo un dettagliato resoconto tratto da " Vita del Trivulzio!"

Appena rimpatriato, seppe che il suo principe era inteso per ottobre 1476 a impadronirsi della terra di S. Germano, e corse a  raggiungervelo. Arrivò, quando già le soldatesche colle scale levate s'appressavano alle mura per montare all'assalto. Il Trivulzio, non potendo aprirsi luogo tra la folla degli assalitori, li esortava ad adoperarsi virilmente ed a procacciarsi colla vittoria onori e ricchezze. Udì le alte parole Roberto Sanseverino generale dell'esercito; e sdegnossi che un giovinetto appena col pelo sul mento venisse ad arringare le sue schiere; però gettògli un motto: « valer meglio mostrare coi fatti, che non ostentare colle ciance ». « Nè io sarei qui, ma là sopra le mura, se questa gentaglia non me lo impedisse, rispose il giovanetto affocato nel viso. Tosto il Sanseverino gli fece far largo e prontamente il Trivulzio buttasi nel fosso, appoggia la scala al muro, e solo fra tutti si avventura a salirla. Giuntone a mezzo, un trave precipitollo abbasso; egli rilevossi di presente, e tornò a salire; e già tra lo stupore e l'ansia dei compagni toccava il labbro delle mura, allorchè per la seconda volta veniva rovesciato nel fosso e gravemente ferito, anzi più presso a morte che a vita. Intanto la gente inanimata dal suo esempio si impadroniva della terra. In premio di quest'azione Gian Iacopo fu creato capitano di cavalleria.

 

Dal resoconto di Antonio Scarampi al Principe Ludovico di Gonzaga

"Vostra exelencia ne ha per altro via aviso V.S. che dopo se parti lo sfacelo de Jacomo Francesco lo S. Ducha (di Milano) a butato a sacomano una tera la quale se domanda Santià per modo che non li è restato nesuno e poca fatica se la durò perchè iera debile de forteze poy è andato a champo a una altra tera che se domanda San Zerman la quale tera era fortissima et se liera reduero denaro la roba de quatro altre tere er l'era dentro Michele de Piemonte con duy fioi et doi mila homini de fanti et ano aspetato la bataia due volte et cinque di l'ano a bombardato.............Lo Signor Roberto fa a parlamento con Michele dichiarando se si voleva dare , lui li rispose che fuse fidele al suo signore come sarà lui al suo , per fin qui se convenni lo Signor Ducha aveva mandato per brichole e per altre bombarde e moltre altre armerie per modo che questi villani se sono temoriti  et se sono dati la roba a discrezione et li homini salvi se non Michele e li fioli li quali dicto Signor ducha dice volercelo apichare et li fioi taiare la testa..................

Dopo cinque ore di intenso fuoco di artiglieria ,al prode Michele viene intimata la resa ; egli spartanamente risponde : " Sia fedele al suo Signore come egli al proprio " . Le proposte di resa vengono troncate e la battaglia si riaccende più fiera che mai riprende il bombardamento condotto con bombarde e briccole, ed i terrazzani si arrendono a discrezione: tutti sono liberati tranne Michele di Piemonte ed i figli, uno dei quali è minacciato di impiccagione e l’altro di decapitazione. E’ incarcerato e sarà liberato solo più tardi.. Ma il numero formidabile degli Sforzeschi alla fine vinse . Case , spalti , artiglierie vengono frantumate dagli Sforzeschi . La resistenza è ormai impresa pazzesca ; l' esempio era ormai stato dato ; toccava alle altre città sostenere la battaglia ed emulare le epiche gesta dei Sangermanesi . Il 22 Novembre 1476 le milizie Sforzesche entravano in San Germano . L ' esempio dei Sangermanesi era bastato . Due o tre di simili fermate e lo Sforza non sarebbe mai più giunto a Torino . La Duchessa Jolanda , libera , sarebbe tornata nelle sue terre e le violenze dello Sforza avrebbero giustificato troppo bene le voci che correvano . L ' esempio era stato dato . Biella e Ivrea pronte , lo attendevano . Lo Sforza dovette ritirarsi . L 'impresa cui si era accinto non potè riuscire perchè egli era l ' usurpatore di Casa Savoia . Gloria immortale a San Germano fedelissima a Casa Savoia .

L'Esercito Sforzesco lascia San Germano

Dopo l'occupazione di San Germano e Santhià e la contemporanea liberazione in Francia della Duchessa Jolanda di Savoia , cessarono le motivazioni che avevano indotto lo Sforza ad intervenire nel Ducato di Piemonte . Una delegazione di tre Deputati del Consiglio di Torino ; il Presidente Giovanni Campione  , Ambrosio Vignato e il sangermanese Pietro Cara raggiunge il 24 novembre lo Sforza a Santhià e instaura le trattative per la resa . Anche lo Sforza però aveva le sue buone ragioni per andar lieto della fine della guerra. Le cose andavano troppo per le lunghe , e procedere oltre avrebbe giustificato troppo certe voci che correvano : che volesse impadronirsi di Ivrea e Biella e delle altre terre del Ducato di Savoia .

Avvisati dai Consiglieri Piemontesi del nuovo ordine di cose instauratosi a Torino , i sangermanesi il 25 novembre 1476 fanno giuramento di fedeltà sotto il portico della chiesa . L'atto viene firmato a nome della comunità dai concittadini ; Antonio Donna , Martino Corni , Bartolomeo Cortella , Giovanni Cara e Antonio Mastarini. Le condizioni del territorio sangermanese dopo l'assedio dell'esercito sforzesco sono spaventose ; le campagne , corse in ogni senso , presentavano un aspetto desolante : abbattute le cascine , rovinati i molini , calpestati i campi : tutto intorno al nostro borgo , presentava l'aspetto d'un paese , cui un orda di barbari avesse invaso e depredato. I soldati sforzeschi dopo essersi impadroniti delle robe e dei fieni , entravano nei molini e li depredavano delle farine e del frumento.  Alla sua partenza lo Sforza aveva requisito 84 paia di buoi , sottratti a quelli di San Germano e Santhià e mandati al Parco di Pavia. L'8 dicembre l'esercito dello Sforza ripassava la Sesia e rientrava nei propri confini.

Per un curioso equivoco i sangermanesi non furono premiati per il loro atto di coraggio ma si racconta che ... " Quei di S. Germano invece di esser commendali furono perseguitali dal fisco come ribelli , perché non aveano aperte le porte al Galeazzo, e i principali di loro erano sostenuti in carcere a Chivasso, Ma capitandovi una sera il duchino, e risaputa la cosa, li mandò liberare senza parlarne alla madre Duchessa Jolanda , che ne rimase assai turbala. Fu forse per riconoscenza e per riparare ai torti subiti dalla guerra dalle popolazioni del Vercellese, che la Duchessa Jolanda diede inizio alla costruzione del Canale d'Ivrea che avrebbe portato una ricca risorsa d'acqua a beneficio dell'agricoltura di queste terre.

Cronaca di un cronista Milanese , della presa di San Germano

Nel mese d'agosto fu pubblicata l'alleanza fra il Re di Francia e il Duca di Milano , in vigor della quale questi deliberò di portar tutte le sue forze negli stati del Duca di Borgogna, dopo aver sottomesso interamente il Piemonte e la Savoja. Molti de'primi capitani e principi italiani s'unirono a lui, fra i quali Lodovico Marchese di Mantova, Giovanni Conte di Ventimiglia, Giovanni Bentivoglio ed altri. Si pose egli in cammino alla testa del suo esercito nel mese di novembre. Una delle prime sue azioni fu l' assedio di S. Germano borgo allora fortissimo del Vercellese, nel quale v' avea grosso presidio risoluto di prima incontrare la morte che di voler pure udir parola d'arrendersi, perciocchè vinto questo, facili si rendevano gli ulteriori progressi degli avversari. Mentre l'assedio di S. Germano durava, era ritornato dal suo peregrinaggio di Palestina il Trivulzio, il quale non più trovando il Duca a Milano, e il motivo inteso della sua assenza, si credette obbligato di tostamente raggiungerlo . Il suo arrivo fu carissimo al Principe che conoscea per esperienza qual fosse ne' conflitti non meno il suo valore che il consiglio , e dopo averlo accolto con singolar cortesia, gli disse che volea solennizzare la sua venuta con un assalto generale in quel giorno medesimo al forte di S. Germano. Il Trivulzio fu contentissimo di questa nuova occasione di farsi onore, e si disposero tutte le cose all' impresa. Come il forte fu interamente circondato, veggendo il Trivulzio che così gli uffiziali che i soldati procedevano freddamente, cominciò ad arringarli e a sollecitarli a far uso delle scale già pronte onde impadronirsi delle mura nemiche, assicurandoli che il Duca non sarebbe stato avaro e di premj e d' onori a que' primi che le avessero superate. Roberto Sanseverino, capitano fra gli altri nella milizia già celebre, si chiamò offeso che un giovane ne' gradi militari inferiore a moltissimi l'autorità si arrogasse, quasi condottiere d'eserciti, d'arringare i soldati, e in tuono d'irrisore gli disse che in luogo di esortar gli altri ad esporsi ai pericoli, avrebbe fatto miglior senno a precederli coll'esempio. Queste parole furono acuti strali al cuor del Trivulzio, il qual rispose ch' egli sarebbe già pervenuto alla corona della muraglia, ove la calca de'soldati non gliel avesse impedito. Il perchè Roberto credendo forse che ciò gli sarebbe male riuscito, ordinò che gli fosse aperta la via, Allora Gian-Jacopo senza esitare un momento si diede solo fra tutti intrepidamente a salir la muraglia con istupore di ognuno, Ma giunto a mezzo d'essa fu colto da una trave gittata da'nemici che in lui tutti erano intenti, onde precipitato fu nella fossa. Ma tardo non fu a rilevarsi, e coll' audacia medesima tentò novellamente l'impresa. Ed era già al labbro vicino dell'alte mura, e un grido universale applaudiva al suo ardire , quando novellamente colpito di bel nuovo venne a cader nella fossa, onde creduto fu morto da tutti. Il Duca di ciò dolente, ordinò che fosse con ogni cura assistito , e nel proprio letto medesimo coricato. Si riebbe ben presto , e comechè fosse molto il sangue perduto, e le ferite assai gravi, i medici assicurarono che fra poco l'infermo ristabilito sarebbe, come avvenne di fatto, nella primiera sua sanità. Allora il Duca ricolmatolo di sommi elogi, lo dichiarò capitano di cavalleria , promettendogli in processo di tempo maggiori premi ed onori. ' L'ardire singolar del Trivulzio e la condotta con lui tenuta dal Principe assai contribuirono a riscaldar gli animi de' soldati, e a risvegliar il loro coraggio, mentre dall' altra parte disanimò di molto i nemici. In poche ore a cento a cento furono appoggiate le scale, superate le mura , preso e saccheggiato il forte. Nei giorni seguenti vennero al Duca i Deputati delle Città e luoghi vicini ad assoggettare alla sua e all' ubbidienza del Duca di Savoja i loro popoli spaventati dalla sorte funesta di S. Germano Intanto divenuta essendo la stagione assai rigida, si risolvette il Principe di distribuire l'esercito ai quartieri d'inverno,con fermo proposito nella primavera vegnente di ricominciare le ostilità , e di portar la guerra nel cuore della Borgogna , ed egli coi primi della sua Corte andò a solennizzare le feste del Santo Natale a Milano. Ma mentre questo sventurato Signore occupavasi in Savoja e in Piemonte a ricondurre all' ubbidienza del legittimo loro Sovrano i sudditi ribellati, si apparecchiava nella capitale medesima del suo Dominio un' atroce congiura, che altro oggimai non aspettava per iscoppiar che il suo arrivo. Nel Corio, nel Bosso, nel Machiavello può leggersi distesamente questo fatto, e noi pure ne abbiamo scritto anche altrove (lì), e. com' egli non è punto del nostro argomento ci basti il dire, che il Duca Galeazzo Maria il giorno di San Stefano nell' atto di entrare nel tempio a questo Santo protomartire dedicato per assistere al sagrifizio divino , da Andrea Lampugnano, Girolamo Olgiato , Carlo Visconti ( due de' quali erano suoi intimi cortigiani, ma tutti e tre offesi da lui chi nell'onore chi nelle proprietà ) con quattordici pugnalate fu ucciso* Sedato il tumulto che necessariamente dovea suscitare un avvenimento sì luttuoso, ed imposta la meritata pena ai colpevoli.

Il ricordo della spedizione di Galeazzo Maria Sforza non venne mai meno nell’animo dei Sangermanesi e volendo prestar fede al Modena e al Castellini , cronisti vercellesi del seicento , fu tale l’odio dei terrazzani ( sangermanesi ) per il nome dello Sforza , che nelle scuole e negli oratori si pregò d’allora in poi per l’anima di Giovanni Andrea Lampugnano che assassinò lo Sforza il 26 dicembre 1476.

 

Altra storia
Documenti in DE ROSMINI, Storia della vita e delle imprese di G. G. Trivulzio, t. II, p. 11, nn. 25-28, Milano, 1815, ed in BERTOLOTTI, p. 635. Ben diverso è il racconto di GIOVENALE D'AQUINO, p. 685, secondo cui lo Sforza non sarebbe riuscito a prendere San Germano e se ne sarebbe partito per le feste di Natale minacciando di tornar dipoi a far aspra vendetta della terra. Il medesimo autore narra pure che il duca di Milano si ritirò in seguito a rinunzia di Filippo al Governo, cui il sire di Bressa si sarebbe indotto per consiglio del vescovo di Torino, Giovanni di Compey. Ancorchè contemporaneo a' fatti che espone, Giovenale d'Aquino è cronista non sempre autorevole e ben informato; il singolare si è che, in modo affatto indipendente, si trova detto che San Germano non fu presa anche dal MACANEO, p. 786, il quale scrive, parlando de' miracoli del beato Amedeo IX: « Res publica Sancti Germani, oblato cereo, se ex oppidulo illo quondam Galeacium Sforciam Mediolani ducem ingenti cum exercitu imminentem, machinis terramque obsidentem, arcuisse testatur ». Che la sentenza contro Michele di Piemonte non fosse poi eseguita, basta a provare una lettera del medesimo alla duchessa di Milano, in data 19 ottobre 1478, in Arch. di St. di Mil., Cart. Gen.