AUGUSTO FRANZOJ

(1848-1911)
Esploratore

Voglio vedere l'Africa, questa sirena incantatrice che medita e consuma i più neri tradimenti… Interrogherò la sfinge affinché mi spieghi perché da un centauro nacque una femmina… Voglio sapere perché il continente nero è una dimora indomabile, irriducibile, refrattaria ad ogni tipo di civiltà... Andrò in questo paese di mistero e di terrore… Conoscerò questo popolo che, dopo essere stato - se crediamo alla storia - il primo della terra, piegò la schiena sotto i più feroci dispotismi... Voglio vedere quelle rovine cento volte secolari, calpestare il suolo dove un tempo visse il genio della potenza e della poesia.

Augusto Franzoj 1885

 

Augusto Franzoj nasce a San Germano Vercellese il 02 Ottobre 1848 da famiglia agiata , il padre Francesco Franzoj era notaio e la madre Ottavia Cavalli era ultima discendente di una nobile famiglia di antiche origini sangermanesi . Il padre lo avvia agli studi liceali a Vercelli : vorrebbe che il figlio , dopo il conseguimento della maturità classica , frequentasse l'Università di Torino . Invece allo scoppio della Terza Guerra di Indipendenza (giugno 1866) all'età di solo 18 anni Franzoj si arruola volontario e parte per il fronte. Le sconfitte dell'esercito italiano a Custoza  (20 giugno 1866) e della flotta a Lissa (20 luglio 1866) , nonche la forma umiliante   in cui il Veneto viene ceduto all' Italia dopo l'armistizio di Cormons (12 agosto 1866) , provocano in lui , come del resto nell'animo di molti italiani , un senso di risentimento e sfiducia verso la classe politica dirigente e l'alto comando che ha organizzato la guerra. Si avvicina alle idea repubblicana , che nelle sue ramificazioni segrete , si inserisce anche tra i reparti dell'esercito. Nel marzo 1870 scoppiano i pronunciamenti militari di Pavia e di Piacenza che , purtroppo si concludono con la fucilazione di alcuni esponenti e l'arresto di molti sottufficiali , tra cui Franzoj. Imprigionato e dapprima assolto dal Tribunale militare , poi sottoposto a consiglio di disciplina , è degradato e inviato all'8 Compagnia di disciplina a Fenestrelle in Val Chisone sul confine Italo-Francese . Prende l'avvio di qui la drammatica vicenda che sconvolgerà tutta l'esistenza futura di questo giovane ribelle , refrattario ad ogni vincolo , insofferente di ogni pena. Nel novembre del 1870 con una ventina di prigionieri , riesce ad imbavagliare le guardie e ad evadere dal carcere col proposito di esulare in Francia . Ma nella fuga si sloga un piede , è riacciuffato subisce una più pesante condanna per diserzione ed trasferito prima al forte di Rocca D'Anfo , poi a Gaeta ed infine a Venezia. Sopraffatto dallo sconforto tenta il suicidio , sparandosi un colpo di pistola in pieno petto , ne rimane soltanto ferito , ma l'episodio offre alle autorità militari il pretesto per allontanarlo dall'esercito e sbarazzarsi di un elemento tanto turbolento.

Augusto Franzoj a Fenestrelle

Augusto Franzoj dopo i fatti di Pavia del marzo 1870 , viene recluso nella fortezza di Fenestrelle. Durante il suo breve periodo di reclusione , al seguito di altri 28 militari detenuti , con lo scopo di recarsi a Parigi per difendere la Repubblica appena instaurata dopo la caduta di Napoleone III, nonchè alla nascita della prossima Comune parigina , dopo aver imbavagliato la guardia i fuggitivi si calano da una cannoniera nel fossato esterno del forte basso per mezzo di una corda , ma il Franzoj cade slogandosi una caviglia. Il sogno di Franzoj finisce tristemente : solo e dolorante viene abbandonato dagli altri compari nelle mani delle sentinelle accorse , poichè allertate dai suoi lamenti.

 

Stabilitosi a Torino , vive l'esistenza grama dei giovani scapigliati di quel tempo tra i tavoli del "Caffè Torino" e le squallide soffitte dei "barboni" cittadini , collaborando saltuariamente al giornale "La Gazzetta del Popolo" , ma con frequenti soggiorni in galera a causa delle sue inesauste velleità duellistiche . E' costretto infine a prendere la via dell'esilio in Svizzera (1872) in Francia , in Belgio , in Spagna. Nel 1881 , il tribunale di Torino lo mandò per quattro mesi a Vercelli, accolto a braccia aperte da Luigi Pietracqua , suo carissimo amico e direttore del giornale La Sesia  . In quel periodo di esilio la sua attenzione viene rivolta all'Africa selvaggia e sulle gesta dei  famosi esploratori che popolavano le cronache di allora , e senza il patrocinio di nessun governo e senza mezzi adeguati , nel marzo del 1882 si imbarca in una avventura nei territori etiopi che lo renderà famoso , e che ha mirabilmente raccontato in due suoi libri "Continente Nero" e "Aure Africane". Rientrato in Italia Franzoj si preoccupa innanzitutto di portare a termine il nobile proposito che lo aveva spinto fino nelle più remote regione dell'Etiopia , la restituzione ai famigliari delle spoglie del Chiarini ( esploratore che lo aveva preceduto in quelle terre , e li era morto). Si reca quindi a Chieti città natale dello scomparso , e durante una solenne cerimonia , gli vene conferita dal sindaco la cittadinanza onoraria della città. Poi il 30 novembre , rientra nella Torino della sua giovinezza scapigliata , ove è fatto segno a manifestazioni di ammirazione e di entusiasmo da parte di amici e conoscenti , diviene bien presto il centro dell'attenzione dei cronisti e dei quotidiani italiani che vanno a gara per tracciarne il carattere avventuroso. Mons. Massaia si congratula con il padre Francesco per le straordinarie imprese del figlio . L' on Cibrario e Domenico Berti lo invitano a tenere , rispettivamente al Circolo Filologico torinese  e alla Filotecnica , delle conferenze illustrative sulle sue esperienze africane per un pubblico al quale i nomi di Abissinia e etiopia sono praticamente ignoti. Ma Augusto Franzoj per delicato pensiero e deferenza verso la città natale , vuole iniziare da Vercelli , il racconto delle sue vicende africane . La data fissata per questo sensazionale avvenimento è la domenica del 28 dicembre 1884 alle ore 13.30 , il locale scelto per la conferenza è il Politeama Facchinetti (prezzo d'ingresso Lire 1). Franzoj vi giunge da Torino , accompagnato dal fido servo scioano Wolda-Mariam , e da uno stuolo di amici e giornalisti. Ricevuto dalle autorità cittadine , da luogo alla sua conferenza e trascorre il pomeriggio e la serata al "Caffè Cavour" e al "Teatro Civico" alla rappresentazione dell' Aida.

La sua fama in quel periodo è alle stelle , e stavolta ritenta una nuova avventura africana con più mezzi , ma la sfortuna vuole che la situazione politico - militare stia mutando in qell'area , e il disastro militare di Dogali rende vano il nuovo tentativo , nonostante si imbarchi per Massaua il 18 febbraio 1887 , è costretto a reimbarcarsi quasi subito per il ritorno e dare l'addio alla sua Africa. Un nuovo smacco per Augusto Franzoj , arriva dalla mancata sua partecipazione alla missione presso il Ras Menelik , a  intercedere per ottenere la liberazione dei prigionieri Italiani , amareggiato per questo affronto , intenta causa allo stato italiano , la vertenza si trascinerà fino al dicembre 1901 , e si conclude con il riconoscimento al franzoj di un rimborso spese  di 16.000 lire. Si ritira con la famiglia nel Monferrato , e mentre tutto fà supporre ad una tranquilla esistenza , nel 1899 trasferitosi con la famiglia a san Mauro Torinese è ripreso dalla sua irriducibile frenesia per l'ignoto e si prepara ad imbarcarsi per il Brasile . Ma la spedizione si conclude in clamoroso insuccesso , e ritorna precipitosamente in Italia , dove si ritira in seno alla famiglia (16 giugno 1899).

Fà ancora parlare di se quando aderisce al Partito Socialista buttandosi a capofitto nelle agitazioni sociali agli inizi del '900 , e come inviato del Quotidiano "La Stampa", ma la sua stella si sta spegnendo , ed in un momento di sconforto , accasciato dai dolori fisici di un artrite deformante , ossessionato dall'idea di non aver saputo rendere la sua vita conforme al suo sogno , si uccide con estrema lucidità appoggiando la canna di due rivoltelle alle tempie , il 13 aprile 1911 , lasciando la moglie e u figlio ancora in tenera età. Prima di suicidarsi aveva voluto informare per lettera un amico torinese del suo insano proposito. Ma quando l'amico giunge a San Mauro Torinese il tragico gesto è già stato compiuto .

La seconda spedizione Franzoj in Africa

5 aprile 1886

Il banchetto d'addio ad Augusto Franzoj. Augusto Franzoj parte adunque stasera alla volta di Roma, dove va a ricevere lo sperato sussidio del Governo. Indi andrà a Napoli a raggiungere i suoi compagni di viaggio, tenente Armando Bondani e Wolda Mariani. Da Napoli salperanno tutti tre per Aden, ultima sosta del viaggio prima di entrare in Africa. Ieri sera gli amici vollero, per dirla all'antica, trar gli auspici di questo viaggio e si adunarono, oome sappiamo, a banchetto, nelle sale dell'Hotel Trombetta. per dare l'addio etl un felice ritorno ad Angusto Franzoi e ai suoi valorosi compagni. Sedeva fra gli invitati il padre del Franzoi, notaio cavaliere Francesco. il pranzo è stato geniale se altro mai. Allo frutta non sono mancati i discorsi ; ma qa sta volta erano proprio necessari ; o tutti furono in tonati a una nota : Buon viaggio e arrivederci/ Il signor Marchi, presidente del Comitato pel pranzo, lesse parecchi telegrammi di amici beneauguranti al Franzo!, che sta per intraprendere la nuova impresa. ludi vennero presentate al Franzoi alcune bandiere, fra le altre una grande, bellissima, dono e pregiato lavoro di una gentile signora, Questa nella parte bianca del drappo reca, ricamato in oro, il motto: Sempre avanti Italia; era contenuta in un elegante astuccio. Venne presentata al Franzoi dal prof. G. B. Amando, il quale colse l'opportuna occasione per pronunziare alcune parole. Ricordate le difficoltà dell'impresa a cui Augusto Franzoi si accinge; deplorata la mancanza di iniziativa degli Italiani; detto dell'accordo della Stampa allo scopo di tener desta la pubblica attenzione per le imprese pericolose, ma onorifiche e fruttuose, il prof. Amando consegnò il prezioso dono al Franzoi. Iu ciò fare disse che quel dono di una donna italiana aveva un altissimo significato, perchè la nostra bandiera tricolore é quanto v'ha di più nazionale in Italia. Nata della rivoluzione, la bandiera tricolore fu accettata o assunta dal Governo. Essa dunque ha un significato delicato, nobilissimo e vuol essere portata iu ogni paese per modo che, sul suo passaggio, nessun italiano debba arrossire o vergognarsi ch'altri lo abbia preceduto. Si compiacque di vedere che andavano insieme due uomini, il Franzoj e il Bondani, i quali sono, in certo (inai modo, i rappresentanti dei due grandi fattori del rinascimento d'Italia: la rivoluzione e l'esercito regolare. Terminò bene augurando del viaggio e avvisando il Franzoi che forse in Africa egli sentirà talvolta la nostalgia della patria, dove il suo pensiero ricorrerà sovente a quel tipo di donna bella e gentile che è la donna italiana. Era questo nn dovuto omaggio alla bella e gentile donatrice. Dopo l'Arnaudo parlò stupendamente, con concetti virili e forma eletta, un giovane amico e compaesano del festeggiato, l'ottimo avvocato Deabate. Questi salutò il viaggiatore per incarico ricevuto da S. Germano, il paese che al Franzoi diede i natali, e lesse il seguente telegramma: " Amici Sangermanesi, dolenti non poter intervenire pranzo d'addìo, mandano vivi ringraziamenti Comitato invito, augurando ardito esploratore bnona fortuna nel periglioso viaggio, felice ritorno, opimo di gloria, serbando sempre viva memoria suoi patrii lari. Tanti saluti nome del paese. « Perotti Vittorio. » L'avvocato . Felice Roggeri, con parole elegantissime, bene augurò al Franzoi e al tenente Rondani. E il avv. Ardimi, con pensiero gentile, bevve, applaudissimo, al padre del viaggiatore, car. Francesco Franzoi. Angusto Franzoi, vivamente commosso per quelle aftettuoee dimostrazioni, ringraziò gli amici, assicurandoli ch'egli farà ogni sua possa per portare con onore la nostra bandiera e perchè l'ardua impresa a cui s'accinge sia per avere pratici e vantaggiosi risaltamene!. In seguito parlarono ancora il signor Marchi, cne ringraziò gl'intervenuti a nome del tenente Rondani; il signor Mongini, il signor Picolli, il dottor Caprili, il prof. Rusconi, il signor Goldmann o il signor orandoli», che face pure un brindisi al cav. notaio Francesco Franzoi. Il brindisi del Rusconi, che bevette a Wolda Mariani, provocò una risposta del buon Galla nella sua lingua nazionale. Franzoi tradusse. Wolda Mariani disse ehe andava in Africa, nei suoi cari paesi, ma che sperava di tornare, perché aveva trovate un paese nel quale gli uomini hanno il cuore largo. Franzoi e i suoi compagni non potevano desiderare una dimostrazione più cordiale e festosa. Noi qui, con altrettanta cordialità, ripetiamo loro: Buon viaggio e bnona fortuna ! .

 

 

La visita di Augusto Franzoj a San Germano il 4 Gennaio 1885

San Germano Vercellese da molto tempo non ricordava di aver, con tanto entusiasmo, con tanta solennità, onorato un suo concittadino. Stamane  in festa tutti questi terrieri, dal più ricco proprietario al più povero coltivatore, s'assiepavano alla stazione per acclamare ad Augusto Frauzoj, l'ardito viaggiatore africano, che, dopo dieci anni di assenza, per invito ricevuto veniva ad accogliere I voti, gli auguri, gli applausi de' suoi conterranei. Alle 8,30 in punto il treno si ferma. La musica municipale intona un inno patriottico. Il Sindaco, la Giunta, l'Associazione Operaia colla bandiera vanno ad incontrare il Frauzoj, il quale, pallido per la commozione che produce in lui una dimostrazione cosi inattesa, ringrazia commosso più col gesto che colla parola, mentre da tutti i petti unanime parte un grido: evviva Franzoj ! .Dalla stazione al palazzo municipale fu un vero trionfo. Tutti volevano stringere la mano al nostro concittadino, il quale fece tanto onore al nostro piccolo paese, ove è nato nel 1852. Al Municipio gli fu offerto il vermouth. Tanta era la ressa di gente, la quale voleva vedere il Frauzoj, che la porta del civico palazzo fu sfondata dai cardini.  Terminato cosi il ricevimento al Municipio. Augusto Franzoj, sottrattosi, con pochi amici, alle ovazioni'e alla curiosità della folla, andò in mesto pellegrinaggio alla tomba di sua madre, mortagli, quando imperante l'Armissoglio, di non buona memoria, scontava in carcere una condanna inflittagli per reato di stampa nelle carceri di Torino. Cosi compiuto il santo dovere di figlio sulle zolle che racchiudono, com'egli disse, la metà del suo cuore, il Franzoj andò in casa di Pio Gabutti, suo cugino. Intanto arrivava a San Germano l'on. Lucca, accompagnato da alcuni rappresentanti della stampa vercellese e da parecchi amici del Franzoj. Fra i concenti della banda si andò a prendere il Franzoj per accompagnarlo all'Albergo del Pozzo, ove i notabili del paese — un'ottantina e più — offrirono al nostro compaesano un sontuoso banchetto. Durante il convitto, splendidamente preparato, la musica continuò i suoi melodiosi concerti, e la folla s'assiepava intorno colla speranza di udire il discorso del Franzoj. Al levar delle mense, primo parlò l'onor. Lucca, “ Sono, egli disse, fortunato, quale rappresentante del Vercellese, di salutare oggi, in nome vostro, Augusto Franzoj!. Noto questo momento fra quelli che non saranno da me mai e poi mai dimenticati. È un onore per me farmi qui interprete dei sentimenti vostri verso un uomo, che, non badando nè a sacrifici, nè a pericoli, né à disagi, andò là in mezzo alla barbarie dei selvaggi e vi fece sventolare rispettate due sante bandiere: quella della scienza che ha per patria l'umanità, quella d'Italia che in questi momenti sta per issarsi, a segnacolo di nuove conquiste, sulle coste africane.” Ciò detto, invitò il Franzoj a parlare; brindò alla sua salute — propose l'invio di due telegrammi, uno al notaio Francesco cav. Franzoj, padre del festeggiato, l'altro all'on. Mancini — mandò un saluto affettuoso a San Germano — invitò i giovani ad essere coraggiosi, forti e perseveranti come il Franzoj, a cui augurò prosperi i fati per la sua nuova spedizione da Kaffa ai Laghi Equatoriali. S'alzò commosso Franzoj e press'a poco così rispose: « In mezzo a tutte le feste officiali offertemi, nelle quali c'entrava forse più l'ammirazione che l'affetto, io mi sono sempre augurato di trovarmi con voi, compaesani miei. È qui che io ho la più gran parte del mio cuore, quella parte, ohimè! che solo ora vive nei ricordi. La madre, la madre mia che voi tutti avete ammirata e per l'ingegno e la virtù, è qui anch'essa collo spirito benigno a confortarmi. E sciogliendo il voto di trovarmi 'in mezzo a voi, fratelli amici d'infanzia, sciolgo pure quello egualmente caro, ma più santo, di pregare sulla tomba della madre mia ! Grazie, concittadini miei, grazie di tanta cordiale accoglienza. All'onorevole Lucca rispondo" che questa data sarà scolpita qui nel mio cuore e la porterò, come una delle più sacre memorie, là nelle inospite lande, dove tutto è selvaggio, e dove io mi propongo di agitare non la fase della conquista, ma quella della civiltà. Io non dimenticherò mai questo giorno — e in ogni opera mia, intesa al pubblico bene, il nome del mio paese natio, custode della tomba di mia madre, mi sarà stimolo a perseverare nella lotta e a combattere sotto quel vessillo sa cui l'umanità ha scritto: Excelsior ! Invitato a parlare sulla religione in Africa, sulla sua spedizione a Oliera, sul disseppellimento di Chiarini, il Franzoj, non accattando la frase, ma parlando spontaneo col cuore, riscosse entusiastici applausi. Giunsero intanto molti telegrammi di amici del Franzoj, i quali partecipavano alla festa; fra questi, venne applaudito un telegramma del Guala. Alle 5 il banchetto ebbe termine. Alle 8 1|2 il Frauzoj, col suo Wolda Mariam, accompagnato alla stazione da tutto il paese, partiva alla volta di Torino. Fra pochi giorni il Franzoj dovrà recarsi a Roma, ove pare che il Governo voglia conferire seco lui sopra una spedizione da organizzarsi.

 

Cronaca di un duello

Il temperamento di Augusto Franzoj era proverbiale , qualsiasi dissidio o affronto doveva essere da lui risolto con un duello , questa sua abitudine lo aveva col tempo portato ad avere non pochi problemi con la giustizia . Raccontiamo la cronaca di uno di questi.

Oggi 02-05-1888  alle 3 pom. ha avuto luogo uno scontro alla sciabola fra Augusto Franzoi e Gustavo Cinesi, corrispondente africano del Secolo. Padrini del primo erano i signori pubblicisti Bignami o Giulio Manzoni, del secondo l'on. Felice Cavallotti e Achille Bizzoni, redattore del Secolo. Assistevano in qualità di sanitari i dottori A. Marconi e Buftalmi. I padrini del Chiesi avevano dichiarato di rappresentare il loro primo senza però con questo voler fare dimostrazione contro il Franzoi, ch'essi stimano e verso cui hanno riguardi. I padrini del Franzoi dichiararono di rappresentarlo per considerazione personale indipendentemente da ogni considerazione politica. Quando i rappresentanti si adunarono la prima volta, quelli del Chiesi sollevarono l'obbiezione relativamente a un paragrafo della lettera, con cui il Franzoi aveva mandato la sfida: che, cioè, il Franzoi si obbligasse a non continuare più la polemica una volta che la questione venisse risolta sul terreno. L'obbiezione si riferiva a quel punto in cui Franzoi diceva che, dopo il duello, avrebbe fatto sapere al pubblico come il Chiesi avesse appoggiata la spedizione contro Barambaras Kaffei. Franzoi fece dichiarare che la sua lettera di sfida era stata scritta prima ch'egli sapesse della partenza del maggior Piano da Massima e che quindi egli lascia pienamente a quest'ultimo di continuare la polemica ove lo creda opportuno. Non interverrà quindi se non nel caso in cui sia chiamato a testificare. Le condizioni del duello erano: alla sciabola con guanto di spada, sciabola con punta affilata per desiderio espresso dello sfidante, senza esclusione di colpi e a oltranza. Un primo verbale dice: « U signor Augusto Franzoi chiede conto al signor Gustavo Chiesi di alcune frasi contenute in una lettera telegrafica da Napoli relativa alla spedizione Piano Franzoi ad Emberemi per la cattura di Barambaras Katl'el, e nelle quali — per quanto qualificanti in modo generico e obbiettivo quell'impresa — Franzoi credette riconoscere gli estremi dell'offesa personale. k Tentate e discusse fra i rappresentanti, secondo loro coscienza e dovere, tutte le vie possibili di conciliazione; obbiettatosi dai rappresentanti del Chiesi la convenienza di differire quanto meno la vertenza Franzoi fino all'arrivo del maggiore Piano, ora in viaggio per la medesima vertenza; ma insistendosi dai rappresentanti del Franzoi nel diritto di mantenere separate le due vertenze e riconosciuta nel disaccordo l'impossibilità di un amichevole componimento o di un rinvio, si addivenne alle determinazioni e condizioni, ecc. » E qui seguono le condizioni accennate. Un secondo verbale dice: » Lo scontro ebbe luogo oggi alle 3. Al secondo assalto il signor Chiesi riportava un colpo di traverso alla mammella destra. I medici giudicarono la ferita di tale natura da stabilirò una eccessiva disuguaglianza fra i combattenti nella prosecuzione del duello. « In seguito di che, anche considerati i rapporti di cordialità preesistenti fra i due avversari, i sottoscritti ordinarono la cessazione dello scontro. Gli avversari si separarono col più perfetto contegno cavalleresco dopo essersi stretta la mano. » Seguono le firmo dei padrini e dei medici. — La ferita del Chiesi è lunga, ma non profonda, nè grave.

Il 10-07-1888 si svolge a Milano il processo per il duello . Augusto Franzoj difeso dall'Avv. Guala di Vercelli , veniva condannato come feritore e recidivo a sei giorni di confino a Casale e a 51 lire di multa . il Chiesi veniva mandato assolto.

 

Uno dei suoi innumerevoli processi

La spedizione in Amazzonia
Alla fine del 800 si stava esaurendo la spinta propulsiva che aveva guidato per oltre un secolo diversi esploratori alla scoperta del continente africano. La nuova frontiera si era trasferita altrove , nel sudamerica un intero continente si apriva alla sete di avventura e di nuovi interessi economici.  Augusto Franzoj non rimane sensibile a questo richiamo di avventura. Ad Augusto Franzoj viene offerto dall' Onorevole Gavotti il comando della spedizione in Amazzonia con lo scopo di aprire con l'esplorazione geografica del territorio inesplorato un nuovo sbocco agli interessi economico-commerciali del nostro paese. La spedizione parte da Genova il 10 febbraio 1899 , i compagni di avventura del Franzoj sono : Oreste Mosca , Quintino Pene , Guido Guidone , Antonio Razzaboni.

Appena arrivati in Brasile e durante le prime tappe di avvicinamento alla zona di Manaos  si incontrano le prime difficoltà , una epidemia di febbre gialla sta imperversando sul territorio , e i membri della spedizione ne vengono contagiati , muoiono nel giro di pochi giorni ; Guido Guidone e successivamente Antonio Razzaboni. La spedizione viene abbandonata e dopo la convalescenza dopo la malattia il Franzoj  con Quintino Pene e Oreste Mosca , partono il 5 maggio per rientrare in Italia tra delusione e polemiche.

 

Lettera di Augusto Franzoj alla Stampa in risposta degli articoli sulla sua spedizione in Amazzonia

Franzoj e il clima del Para.

 Riceviamo e imparzialmente pubblichiamola seguente lettera che ci dirige il viaggiatore Franzoj: « Caro Roux, « Costretto a tenere il letto quasi dal giorno del mio arrivo per una febbre palustre che solo ora incomincia a lasciarmi un po' di pace  non ho potuto interporre la mia parola nella polemica dibattutasi fra varii giornali circa il clima dell'Amazzonia, sebbene il mio nome in entrambi i campi fosse spesso invocato quasi come testimonianza suprema pelle rispettive affermazioni, « Esco adesso dal mio forzato silenzio, e valendomi della tua diffusa Stampa dico senz'altro e brevemente ciò che alla mia coscienza pare la più assoluta verità. « Il clima del Para (non conosco Manaos) varia bruscamente da località a località, in modo che, mentre nella capitale ed in molto città secondarie si ha una mortalità qualche volta terribilmente rilevante, nelle colonie invece non si potrebbe star meglio per la freschezza dell'aria, per la salubrità dell'acqua, per la quasi regolarità dello piogge e quindi per un'ordinaria temperatura che nei nostri migliori paesi'non si ha sempre . Onde penso che se il clima del Para può essere fatale agli stranieri costretti dalle loro occupazioni a vivere nelle città, non lo è affatto per coloro che vi vanno come agricoltori, destinati a lavorare nelle colonie. « Aggiungi la cura affettuosa, paterna che il governatore Paes do Carvalho pone pel benessere dei coloni e la sua infaticabile attività pel miglioramento, e. sopratutto per lo sboschimento dei terreni concessi ai lavori agricoli, ed avrai con me la certezza che sono interessate esagerazioni quelle'che 'si propagano contro una terra ospitale e ricca, dalla quale la nostra emigrazione può ricavare frutti che non si saprebbe sognata di veder ricavati altrove. Non è mia intenzione qui di discutere gli uomini contro i quali a torto od a ragione pare più specialmente indirizzata la polemica né di perdermi in considerazioni che potrebbero ravvivarla. « Ho voluto dire unicamente ciò che è del clima paraense. « Il resto lo dirò in uno studio che pubblicherò ed a cui porrò mano appéna la mia salute me lo consentirà, il che, spero, sarà prestissimo. « Ti stringo, caro Roux, con affetto la mano e ti prego per l'imparzialità cui si ispira costantemente il tuo giornale, a voler pubblicare questa lettera. » San Mauro, 31- luglio. "Tuo aff..mo: Augusto Fuanzoj. »

Per la sua notorietà presero parte ai funerali parlamentari ed esponenti della cultura ; ammiratori della terra  piemontese ed una rappresentanza del Comune di San Germano Vercellese . Fù sepolto nel camposanto di S. Mauro Torinese , ed a ricordo della sua travagliata esistenza è dato ai posteri di leggere questa epigrafe , che si ritiene dettata da Giuseppe Deabate . A lui la comunità Sangermanese ha intitolato il Viale sito tra i due rami del Naviglio D'Ivrea che scorre all'interno del paese , e recentemente gli ha intitolato il Centro Sportivo Sangermanese.

ad AUGUSTO FRANZOJ

ESPLORATORE  AFRICANO

FORTUNATO ESUMATORE DELLE OSSA DEL CHIARINI

PACE  ALL'ANIMA  SUA

___________

FORTE  COME  UN  LEONE

SOAVE  COME  UNA  COLOMBA

 

 
  Quaderno scolastico edito da Donzelli-Milano anni30 - Dedicato all'eroe Augusto Franzoj

Augusto Franzoj, un eroe salgariano

FranzojCinque duelli in cinque giorni.

Da Mazzini al socialismo: «Non sono schiavo di nessuno, io, nemmeno della libertà!»

«Non sono schiavo di nessuno, io, nemmeno della libertà!». La vita di Augusto Franzoj, da questa celebre frase al cruento, insolito suicidio – premendo contemporaneamente il grilletto di due pistole puntate alle tempie – è tutta all’insegna dell’esagerazione. Tipica di uno scapigliato di fine Ottocento, un “maledetto” nel senso più vero del termine. Un’esistenza contraddistinta dal coraggio, dai grandi ideali libertari e dalla delusione, emblema della generazione che visse le speranze prima, e le contraddizioni poi, del Risorgimento tradito.
Nato a San Germano (Vercelli) nel 1848, appena diciottenne abbandona la famiglia benestante per affrontare una vita spericolata: cospirazioni, prigione militare, un tentativo di suicidio, collaborazioni con giornali rivoluzionari, denunce, processi, duelli, l’esilio in Svizzera, condanne in contumacia, carcerazione, altri duelli, confino, ingenti multe, esplorazioni africane. Un personaggio dalla vita avventurosa, intensa e rabbiosa contro le ingiustizie. A Ginevra, nel 1875, sul giornale socialista “La Plebe” scrive “Lettera di un emigrato”, articolo in cui se la prende con tutto e con tutti. Con le immoralità del governo italiano, con le prepotenze fiscali dalle quali si sentiva costretto a fuggire, con i suoi detrattori. «Crederanno di poter dormire tranquilli. Sciocca speranza!!».

Tra gli episodi che delineano il personaggio è sintomatico quello dei cinque duelli in cinque giorni: a Torino alcuni ufficiali in polemica con il giornale rivoluzionario “Il Ficcanaso”, che aveva in Franzoj una delle firme più pungenti, fanno irruzione in tipografia e malmenano un compositore. Franzoj li raggiunge alla birreria Prussia, afferra cinque berretti militari dall’attaccapanni e li sbatte sulla tavola imbandita dove gli ufficiali stanno cenando. Si guadagna così cinque sfide a duello che onorò con successo: «Ebbero tutti il fatto loro» racconterà in seguito. Nella sua esistenza ebbe modo di conoscere e di farsi apprezzare da Emilio Salgari, nel corso di una conferenza a Verona, e Arthur Rimbaud durante una spedizione (1886) verso i laghi equatoriali dell’Africa. Dopo un’esplorazione in Amazzonia (1899) si ritira a San Mauro Torinese, dove si sposa e diventa padre. Nel 1904 lascia il partito repubblicano e aderisce, ma senza prendere la tessera, a quello socialista; in una memorabile lettera motiva così la sua decisione: «Non sono schiavo di nessuno, io, neppure della libertà!». Poi, nel 1911, il suicidio. Sulla sua tomba si legge: «Con le sue azioni e i suoi scritti onorò l’Italia ben meritando l’incondizionato elogio di Giosuè Carducci».

Il 14 Aprile 1911 il giornale "La Stampa" riportava la notizia della scomparsa di Augusto Franzoj con il seguente articolo



 

Augusto Franzoj si è suicidato ieri mattina nella sua piccola quieta casa di San Mauro. Egli stesso con una stoica lettera, scritta tranquillamente, con fermo polso annunziava il tragico divisamento ad un collega nostro di redazione inviandogli l'ultimo saluto d'amico. La lettera ci pervenne in ufficio verso le 16, e, scorrendola, non ci passò neppure per la mente che potesse essere quello un brutto scherzo di Franzoj : conoscevamo l'uomo. Che potevamo fare correre alla sua casa di San Mauro, nella speranza che un incidente qualsiasi avesse potuto trattenere Augusto Franzoj dal suo proposito. Chissà? Forse i famigliari gli erano accanto, forse qualche amico si era recato, inconsapevolmente, a visitarlo, a distrarlo un istante... e sarebbe stata, la salvezza. Ohimè ! no. Quando giungemmo alla casa di Franzoj, la tragedia si era. compiuta! Com'egli stesso aveva scritto, non si sentiva, più capace, — lui che aveva sopportato fatiche atroci e disagi indicibili, lui che aveva il corpo crivellato dalle cicatrici di ferite riportate nelle sue esplorazioni in paesi barbari, — non si sentiva, dicevamo, di reggere alle sfitte dolorose dell'artrite che talvolta Io costringeva all'immobilità. E volle finirla con la vita. Al mattino per tempo, mentre la consorte sua e la domestica sfaccendavano per casa, ed il figliuoletto suo se ne stava intento ai suoi libri di scuola, Augusto Franzoj scrisse diverse lettere a parenti ed amici: all'avvocato Vaudotti, di Gassino, al nipote dottor Basleri, al dottor Armellino, di San Mauro, e. perfino al pretore di Gassino, avvisandoli del suo proposito ed esponendo lo proprio volontà estreme. Pareva del suo consueto umore, e quando la domestica gli portò il caffè a letto lo trovò tranquillo. Era la. rassegnazione alla fine imminente. Augusto Franzoj mandò ad impostare le lettere senza dir nulla del loro contenuto. La sera prima aveva chiamato per un lavoro un carradore suo vicino, e gli aveva offerto da bere, dicendogli è l'ultima volta che tocchiamo il bicchiere, amico mio ! ». Ma l'uomo credette ad uno scherzo, ad una stranezza, e sorrise senza comprendere veramente quale significato avessero quelle parole di Franzoj. Verso le 11 di ieri mattina tolse due rivoltelle di grosso calibro, con le quali spesso si esercitava al tiro nel suo giardino, posò il capo sui guanciali si puntò l'una e l'altra terribile arma alle tempia e fece scattare simultaneamente i grilletti. Fu come una detonazione sola, violentissima, che echeggiò sinistramente nella casa: ma i colpi d'arma, da fuoco erano così frequenti nel giardino, che la signora Franzoj lì per 11 non ne fere caso. Fu il figliuoletto che, pochi istanti dopo, entrando nella stanza del padre, lo vide steso sul letto. Il sangue gli colava dalle tempia e dal naso. — Mamma! Mamma ! gridò il fanciullo. — Il babbo si è sparato ! E il povero piccino era bianco come un cencio lavato. Accorse la signora, accorse la domestica, e l'allarme fu dato ! Troppo tardi, ormai! I due proiettili avevano in senso inverso trapassato il cervello e causata la morte istantanea, fulminea. Quando entrammo nella stanza dell'ucciso, i congiunti erano già accorsi, angosciati e piangenti. Augusto Franzoj giaceva sul suo letto c pareva dormisse, tanto il volto era composto nella austera., gravo immobilità della, morte. Solo un doppio filo di sangue coagulato sulle guancio denunciava il compimento del dramma, che gli amici non avevano potuto scongiurare. Qualche ora dopo la salma, fu composta: la pietà dei congiunti fece sparire dal viso cereo le tracce vermiglie e il crepuscolo reso più triste la modestissima stanzetta, aperta verso la collina tutta verde rallegrata dai mandorli in fiore. Franzoj ha lasciato scritto che vuole funerali civili: senza pompa alcuna. «La mia villetta è a forse duecento metri dal cimitero; disturberò poca gente!... ». Tozzo, fulvo, fortissimo, dai muscoli d'acciaio, dalla testa leonina, che egli scuoteva ad ogni tratto con un moto caratteristico, a. 63 anni era ancora nel pieno vigore della virilità. Aveva i modi, le tendenze, la psiche di un uomo d'altri tempi. Di chi udiva narrare i mille aneddoti -- in parte veri, in parte esagerati —- che correvano sul suo conto, doveva involontariamente pensare: «Ecco un uomo che è nato... troppo tardi! «. Ed infatti Augusto Franzoj — spirito audace di avventuriero, natura violenta, impulsiva -si trovava a disagio fra 'le pastoie delle moderne, convenzioni sociali. Era un uomo tenace. Il suo corpo, coperto di cicatrici, conosceva le ferite d'ogni arma: dal coltello del barabba alla spada del gentiluomo, dalla rivoltella alta <i zagaglia barbara ». (Era sceso, a dir poco, venti volte sul terreno: per i più disparati motivi — spesso in uno scatto generoso, per risparmiare un duello a qualche amico. Cirano in campo , moderno, non tollerava ostacoli, ne opposizioni Una volta, venticinque o trent'anni fa, in seguito ad una vivace polemica giornalistica, si recò nella sala riservata d'un restaurant cittadino, dove convenivano numerosi ufficiali di cavalleria, e per provocare  i presenti con un gesto solo tolse da un attaccapanni il primo berretto che gli capitò fra le mani e lo gettò a terra. Ne segui un duello a condizioni gravissime, in cui per poco Franzoj non lasciò la vita In Africa. Le acerbe critiche contenute nelle sue corrispondenze finirono col rendergli ostili le superiori Autorità militari, che ne decretarono l'espulsione. Allora (non possiamo, però, garantire l'autenticità dell'aneddoto) egli mandò a sfidare il generale Saletta, lasciandogli la scelta delle armi. Ed il generale Saletta, con molto spirito, gli avrebbe risposto: «Io scelgo l'arma... del RB. Carabinieri, e vi rimando in Italia ». Questo. almeno, narrava lo stesso Franzoj. Da una. decina, d'anni si era ritirato come in un romitaggio nel suo villino di San Mauro. E la monotona vita campestre sembrava che avesse, a poco a. poco, affievolito gli impeti della sua irruente natura. Invece il fuoco covava ancora sotto la. sua apparente tranquillità , La causa vera, della sua disperata risoluzione va, forse, ricercata, più ancora che nei suoi dolori risici, in una grande stanchezza morale. Ad Augusto Franzoj parve forse chela sua vita non avesse più nè una mèta, né uno scopo. E, violentemente, ha voluto abbrevi are il suo mortale cammino con due colpi di rivoltella. Egli fu un forte e fu un buono, malgrado il temperamento indomabile. impeti del suo temperamento Augusto Franzoj nel 1883 fece una incursione a Gialla, nel Ghersi, e pietosamentn raccolse e trasporto in Italia le ossa dell'ingegnere Giovanni Ghiiarini. Quella, fu veramente la gesta più grande e più nobile della sua vita non soltanto per la pietà e la carità di patria, che lo aveva ispirato, ma ancora perchè quella spedizione insieme con le altro di quel tempo, fu stimolatrice per gl'italiani a penetrare e a conoscere il continente nero. In quel viaggio conobbe i principali capi abissini e con qualcuno dessi intrattenne anche buono relazioni di amicizia; tanto che, quando si trattò della liberazione dei prigionieri di Adua  Sta lieve la terra del piccolo cimitero al caduto in questo primo fiorire della primavera. Alla memoria del pioniere africano il saluto dei suoi concittadini.

 

  AD AUGUSTO FRANZOJ I CONCITTADINI SANGERMANESI HANNO DEDICATO IL NOME DI UN VIALE DEL SUO BORGO NATIO

Risultano a lui titolate a Torino il nome di una via e di una piscina comunale. Anche nella città di Roma , una via è a lui dedicata.

 

FRANZOJ A FUMETTI

Una storia romanzata dello "zingaro d'Africa" compare sulle pagine di una rivista , l'autore è Franco Ressa , i disegni di Nives Manara.

Augusto Franzoj , esploratore vercellese dell'Ottocento , diventa personaggio dei fumetti. Sulla rivista "Corto Maltese" , nel Novembre 1987 sono infatti apparse le sue avventure . O meglio le sue disavventure , dal momento che Franco Ressa , autore dell'episodio fumettato da Nives , racconta un fatto realmente accaduto a Franzoj , durante il quale , prima di giungere alla classica scritta "Fine" , lo "zingaro d'Africa" vercellese soccombe. La storia è ambientata in Eritrea . Epoca : un secolo fa , qualche tempo dopo la disfatta di Dogali del 1887 . E' l'anno in cui il viaggiatore giornalista , nato a San Germano , viene espulso da Massaua , su ordine del generale Giancarlo Genè. Così Augusto Franzoj , risulta il primo vercellese ad assurgere agli onori di una striscia disegnata , anche se l'autore ha lavorato molto di fantasia fino ad arrivare ad uno sdoppiamento di personalità tra lo stesso Franzoj e l'avventuriero Balfour. Ma si sa , nei fumetti queste sono le regole del gioco. Franco Ressa , torinese emigrato nella metropoli lombarda , lavorando per "Corto Maltese" e proponendo storie "autoconclusive" ( ogni avventura è fine a se stessa ) senza rimandare a una prossima puntata. I disegni dal taglio molto incisivo sono di Nives Manara, una cartoonist , che si firma col il nome soltanto e che è la sorella di Milo Manara. Franco Ressa , studioso di archeologia , è passato ai fumetti dopo un intensa collaborazione con Hugo Pratt ( creatore di Corto Maltese ) come consulente storico. Si è imbattuto in Franzoj per merito anche delle ricerche del vercellese Felice Pozzo che , per conto della "Cà de studi piemonteis" , aveva pubblicato diversi libre dedicati a Augusto Franzoj. Racconta Franco Ressa : "Nella mia storia ho voluto ripercorrere le tracce di protagonisti realmente esistiti ". E così Augusto Franzoj alias Balfour si muove nel fumetto tra intrighi e ricatti orditi da Ras Alula , traffici di armi e romantici Tète-a-tète con la bella mulatta Teresa. Lo storico Felice Pozzo commenta così la storia : "Certo , come figura Franzoj è aderente alla realtà , anche se l'autore si è preso qualche licenza , ammissibile comunque in una "strip" disegnata. Non dimentichiamo - conclude Pozzo - che già nel 1934 sul "Corriere dei Piccoli" Domenico Natoli aveva illustrato le gesta dell'esploratore sangermanese. Così come in un volume di Carlo Giorchino ( sangermanese ) "Franzoj raccontato ai giovani" erano apparsi cinque disegni del Pittore Enzo Gazzone ( sangermanese ) con un Franzoj non dissimile dal protagonista dei fumetti. Insomma anche San Germano grazie a Franzoj ha avuto il suo "Jim della Jungla".

La Stampa - Giovedì 19 novembre 1987

 

 

San Mauro Torinese ricorda Augusto Franzoj
Nel maggio 2017 l’Associazione politico-culturale di San Mauro Torinese Alternativa Democratica, ha proposto all’Amministrazione di intitolare l’area verde del locale Centro Culturale Polivalente ad Augusto Franzoj.

Dopo il parere favorevole della Commissione Toponomastica, nel luglio 2017 la Giunta ha accolto la proposta e firmato la delibera per l’intitolazione.

All'inaugurazioni sono intervenuti ; Felice Pozzo, storico e biografo di Franzoj, Cristina Vernizzi, storica del Risorgimento e Presidente Associazione Mazziniana, Renzo Masiero, storico sanmaurese, Celeste Maria Gerardo, cittadina sanmaurese che da anni si occupa di custodire la tomba di Franzoj; sono inoltre stati invitati storici, giornalisti, studiosi, l’Amministrazione di San Germano Vercellese (luogo di nascita), oltre naturalmente ai Cittadini, alle Associazioni, alle realtà politiche e sociali.

 

Area dedicata ad Agusto Franzoj a San Mauro Torinese