San Germano e il Capitanato di Santhià
Con il passaggio del borgo di San Germano sotto il dominio della Real Casa di Savoia , il paese viene a far parte del Capitanato di Santhià creato da Amedeo IV di Savoia nel 1373 con la sottomissione ai Savoia da parte del borgo di Santhià , per accogliere sotto un unica amministrazione le terre del vercellese e biellese verso cui si stava espandendo Casa Savoia.
L'autorità dei Savoia a San Germano era perciò esercitata attraverso tre personaggi che risiedevano a Santhià :
IL CAPITANO - Che era Governatore della Piazza e del suo Mandamento
IL VICARIO - Amministratore della giustizia ed eletto dal Capitano , nei borghi del mandamento era surrogato dai Podestà
IL CHIAVARO - Che era esattore dei tributi dovuti al Principe.
Il borgo di San Germano come gli altri luoghi del Mandamento nominava i propri Deputati o Consiglieri a cui era concesso di discutere dello stato del proprio borgo , durante i congressi che si facevano in Santhià , davanti al Capitano , e in di lui mancanza davanti al Vicario. Il Vicario e i consoli erano vincolati dal giuramento a far si che la nomina dei consiglieri avesse luogo quindici giorni prima del giuramento ; i tre eletti dovevano poi provvedere le cose in modo che otto giorni innanzi fossero fatte le grida del paese , e scelti i fornai incaricati alla provvista del pane. Si è dell'avviso che questa antica usanza a San Germano abbia dato origine alla distribuzione di segale o di vino , che la confraternita di S.Spirito era solita fare ogni anno ai poveri del paese nella festa della S.Croce , della Pentecoste e della Pasqua.
Il primo capitano di Santhià a esercitare il suo mandato su San Germano fù Gerardo Fontana , oriundo della città di Piacenza , messosi ai servigi del Conte Amedeo VI , ottenne da lui in compenso il luogo di Candelo in feudo. Si distinse come suo primo vicario Pietro De Anna notaio imperiale , per la cui stima ed in compenso dei suoi servigi ( fideliter serviens continuis laboribus ), il capitano Gerardo Fontana gli concesse in feudo nel 1383 , con diritto ereditario , vasta estensione di territorio nel comune di S.Germano , la qual concessione gli venne poi confermata con pubblico istrumento dal Conte Amedeo VII di Savoia . Pietro de Anna era chierico e forse canonico della collegiata di Santhià ; il che non deve far meraviglia ove si osservi che a quel tempo erano ammessi all'ufficio di notai anche i preti.
Nel periodo dal 1377 al 1598 si succedettero dieci Capitani.
1377 | Capitano Gerardo de Fontana da Piacenza |
1402 | Amedeo Challant signore di Aymavilles |
1433 | Conte Aimonetto de Brozzo |
1470 | Matteo Confalonieri de Badalacco |
1522 | Gerardo Scaglia Conte di Verrua |
1550 | Francesco del Pozzo Conte di Ponderano |
1554 | Dodo di Chierio ( Occupazione Francese ) |
1555 | Ludovico Birago ( Occupazione Francese ) |
1571 | Don Gasparo Zumadia - Spagnolo |
1573 | Don Lodovico Garitano - Spagnolo |
Il 9 Ottobre 1598 , San Germano venne ceduto in feudo al cavaliere spagnuolo Giovanni De Mendoza.
Matteo Confalonieri - Capitano di Santhià e San Germano
CONFALONIERI (de Confanoneriis, de Confaloneriis), Matteo, detto Balocchino. - Figlio di Martino, consignore di Balocco (Vercelli) - donde il soprannome - e nipote abiatico di altro Matteo, compare per la prima volta nei documenti a noi noti il 13 ott. 1447, mentre non viene ancora menzionato nell'investitura concessa al padre l'anno precedente: è quindi possibile che solo allora avesse raggiunto la maggiore età. La famiglia risulta sicuramente insediata a Balocco sin dall'inizio del sec. XII, quando era rappresentata da Eustachio (figlio di un Gisulfo professante legge longobarda) al quale competeva il titolo di signifer o confanonerius della Chiesa di Vercelli, poi cognominizzato nei suoi discendenti; non è dunque accettabile l'ipotesi che vuole i Confalonieri di Balocco derivati dall'omonima e più nota famiglia milanese. Pur avendo rinunciato all'avvocazia della pieve di S. Michele di Balocco sul finire del sec. XII, i Confalonieri continuarono nondimeno a rimanere in costante rapporto di vassallaggio con il vescovo di Vercelli per decime e terre che essi detennero nel medesimo luogo durante i secoli successivi; come la maggior parte dei signori rurali, tuttavia, anch'essi giurarono la cittadinanza al Comune vercellese, e alcuni di loro, almeno dal Duecento, trasferirono la loro residenza in città.
Il nome Eustachio, rimasto tradizionale nella famiglia, fu portato da un cugino paterno del Confalonieri al servizio di Amedeo VIII di Savoia nei primi decenni del sec. XV; mentre sappiamo che più tardi, nel 1448, era consigliere ducale un Corsino Confalonieri di Balocco, abate di Lucedio, di cui non ci è chiaro l'esatto rapporto di parentela con Matteo.
Fu probabilmente grazie a tali precedenti familiari che il Confalonieri poté entrare al servizio del duca Ludovico di Savoia, dal quale ricevette le patenti di scudiero e di "familiare continuo" il 26 apr. 1452. Tre anni dopo, per la morte del padre, venne investito della parte a lui spettante del feudo di Balocco, anche a nome dei due fratelli Baldassarre e Leone, verisimilmente di lui più giovani.
Lo sviluppo della sua carriera lo vede nel 1466 vicegovernatore di Vercelli, e nello stesso tempo partecipante al Consiglio ducale; l'anno dopo, come comandante delle truppe sabaude raccolte nella città, gli venne affidata la sorveglianza e la fortificazione del contado. L'8 genn. 1468 appare per la prima volta insignito del titolo di capitano di Santhià e San Germano, che portò per tutto il resto della vita: esso gli conferiva l'autorità militare su una circoscrizione che raccolse sino ad una quarantina di località di dominio sabaudo, ampiamente distribuite nella zona a settentrione di Vercelli, rimaste dal XIV al XVIII secolo in delicata posizione di confine nei riguardi del vicino ducato di Milano. In quell'anno, come sappiamo solo indirettamente, il Confalonieri aveva già contratto matrimonio con una nobildonna appartenente alla famiglia dei signori di Pertengo.
Più delle qualità militari contribuirono al successo della sua carriera le attitudini diplomatiche e di buon parlatore, che fecero di lui, per almeno un decennio, uno "dei più attivi ed intelligenti politici piemontesi". Deputato agli stati generali e ambasciatore della "patria cismontana" a Chambéry una prima volta nel 1470, ebbe modo di guadagnarsi la fiducia dei governanti: pur conservando sempre il capitanato di Santhià, il Confalonieri venne nominato nel maggio 1471 vicario di Cuneo. Iniziò allora la serie delle sue ambasciate al duca di Milano, in un momento particolarmente delicato nella storia degli Stati sabaudi, turbati dalla rivolta di Filippo Senzaterra contro la reggente Iolanda. Il conseguimento dell'alleanza fra i Savoia e Milano, risultato delle sue missioni, gli fruttò nel 1472 gli elogi della reggente e la riconferma del vicariato di Cuneo, dove rimase come suo luogotenente il fratello Baldassarre, anche egli scudiero ducale sin dal 1460, e capitano di Salussola. Il Confalonieri non avrebbe infatti potuto attendere di persona all'incarico poiché fu subito impegnato in altre ambascerie presso Galeazzo Maria Sforza affidategli dall'Assemblea cismontana; cominciò, inoltre, proprio da quegli anni a far parte in modo stabile dell'entourage della duchessa, fu rappresentante agli stati generali riuniti in Vercelli e costantemente tra i primi posti negli incarichi diplomatici più importanti. Gli anni dal 1472 al 1476, coincidenti con la seconda reggenza di Iolanda, furono per il Confalonieri i più densi di impegni: fu affidata in gran parte a lui l'attività diplomatica che mirava a sottrarre il ducato alla pesante egemonia francese appoggiandosi a Milano. Al seguito della reggente a Vercelli, a Moncrivello, a Moncalieri e a Rivoli, egli si dichiarò pubblicamente fautore dello Sforza; cionondimeno - o appunto per questo - fece parte nel luglio-agosto del 1476 dell'ambasceria inviata a Luigi XI di Francia, e appare impegnato nella organizzazione della difesa militare dei passi alpini, cui partecipò anche il fratello Baldassarre. Nulla varrà tuttavia a sottrarre il ducato alla pesante tutela francese mentre Santhià stessa, sede del capitanato retto dal Confalonieri, forse per insufficienza o assenza di quest'ultimo, nel novembre venne presa e saccheggiata dai Milanesi.
L'attività del Confalonieri non diminuì dopo il 1478, anno della morte di Iolanda: nel 1481 venne eletto a Torino fra i capi della "parte piemontese" che si opponeva all'imperante preminenza savoiarda nella amministrazione e nel governo del ducato; nel dicembre di quell'anno gli stati generali lo elessero al Consiglio cismontano, mentre l'anno dopo, sotto il duca Carlo I, partecipò all'ambasciata presso il re di Francia nella quale i Piemontesi precedettero i Savoiardi, senza riuscire ad ottenere la titolarità della metà degli uffici degli Stati sabaudi da essi richiesta. Nel 1484 il Confalonieri fu ancora ambasciatore presso lo Sforza. La sua appartenenza allo stretto seguito del duca, con la conseguente partecipazione ai giochi di potere al vertice dello Stato, proseguì nel 1485 allorché egli si associò alla cospirazione contro Claudio di Racconigi e poi nel 1487 alla protesta contro il perdurante favore accordato ai Savoiardi.
Nel frattempo, sin dal 1475, il Confalonieri appare, insieme con altri funzionari, in qualità di "tassatore", col delicato incarico di ripartire fra i Comuni del ducato le aliquote per i sussidi in denaro votati dal Parlamento; al medesimo compito assolse nuovamente nel 1487. Il 2 dic. 1490 delegò il figlio Bernardino, a nome di tutto il consortile, a ricevere la conferma dell'investitura di Balocco. Allora il Confalonieri, per quanto certamente in età ormai avanzata, era ancora ben valido se, il 31 ag. 1492, ricoprendo sempre la carica di capitano di Santhià e San Germano , venne autorizzato a sostituire i nipoti Bernardo ed Ettore nel capitanato di Salussola, e continuò a far parte del "gruppo governativo piemontese più sicuro" apparendo fra coloro che assistevano la nuova reggente Bianca di Monferrato. Di quello stesso anno, nondimeno, è l'ultima notizia in nostro possesso relativa alla sua attività pubblica: il 5 settembre ripartì ancora le quote di un sussidio votato dal Parlamento.
Morì - in località non nota - prima del 15 marzo 1496, quando il figlio Bernardino venne investito della sua parte di Balocco e gli successe, oltre che nel feudo, anche nelle funzioni di "ripartitore" dei sussidi e in un secondo tempo nella carica di capitano di Santhià e San Germano, che gli fu attribuita dal 1409 al 1518.
La Famiglia Challant e San Germano
Gli Challant furono una famiglia nobiliare valdostana, apparsa nel XII secolo e che godette di un grande potere durante il Medioevo e il Rinascimento, periodo durante il quale hanno governato gran parte della Valle d'Aosta per conto dei Savoia. Ebbe nel corso del XIV secolo un ruolo fondamentale sull'allargamento del Ducato di Savoia sulle terre del vercellese e biellese. Il principale protagonista di tali eventi fu Ibleto di Challant . Nel 1377 tenne prigioniero per circa un anno nel castello di Montjovet il vescovo di Vercelli Giovanni Fieschi, per costringerlo a cedere la signoria di Biella al conte di Savoia. Il Comune di San Germano che era sotto l'influenza del Fieschi fu il primo a recarsi a devozione del conte Verde, lo che fece per atto del 31 maggio. Seguitò quindi quell'esempio Santià. Fino dai tempi della guerra contro i Visconti, erano venuti a sua devozione borgo d'Alice e Castellengo; ma non si sa se perseverassero. Intanto Ibleto di Challaut, sire di Montjouet, venne a Biella a proferire mediazione del suo signore (conte di Savoia) tra il vescovo ed i Biellesi: ma questi ricusavano di lasciar libero un uomo che così spesso aveva mancato alle sue promesse, ma il Chollaut promise di ritenerlo in custodia nel suo castello di Montjouet, e nel resto si convenne di aspettare la risoluzione della Santa Sede. Il papa susseguentemente mandò per suo legato Sighino de Ottone, il quale recatosi a Biella e poi in Val di Aosta, concluse un trattato col quale sostanzialmente fu pattuito – la liberazione del vescovo – il perdono di tutte le ingiurie – delle pene incorse e della caducità – la deputazione di Ibleto di Challaut a rettore di Biella ec. Questo trattato fu stipulato in Verres sotto di 25 aprile 1378. Si hanno notizie di almeno due situazioni in cui Ibleto di Challant intervenne nelle faccende del nostro Borgo : il 16 agosto 1401 Ibleto da Challant scriveva da Ivrea dirigendogli la lettera a San Germano, badasse che gli uomini di questo luogo non rilasciassero un certo Giacomino di Castellino delle genti del Cane , finchè questi non avessero rilasciato a sua volta il figlio di Francesca di Borgaro e altri prigionieri , e in altra occasione , che arrivando da Biella si soffermava a Santhià ove fu in quei giorni impiccato un borghese di San Germano, indiziato di tradimento, e dato congruo compenso. Ibleto di Challant - Dal 1379 al 1404 ricoprì la prestigiosa carica di capitano generale e governatore del Piemonte. Tramite suo mandato investi Amedeo di Challant Signore di Aymavilles Capitano (per il Conte di Savoia) di Santhià, San Germano e Borgo d’Ale .
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