CUGNOLIO  MODESTO
(1863 - 1917)
 (Avvocato)

 

Canto della Sangermanese Angiolina Balocco dedicato a Modesto Cugnolio

 

L'Avvocato Modesto Cugnolio nato a Vercelli il 20 Marzo 1863 , fu un uomo di grande cultura e di profondo senso altruistico a difesa delle fasce più deboli, egli creò il primo Circolo socialista vercellese nel 1894; fu Presidente della Consociazione Cooperativa Vercellese dal 1898; nel 1900 fondò il giornale "La Risaia"; nel 1901 la Federazione Regionale Agricola Piemontese, che raggruppò le Leghe di 47 comuni del nostro circondario con migliaia di contadini iscritti; nel 1903 fondò un'altro giornale intitolato "La Monda" facendo rinascere dopo un breve periodo di assenza nuovamente il giornale "La Risaia".

Nel 1898 subì il carcere; dal 1907 fu consigliere Provinciale per il Collegio di San Germano Vercellese e dal 1909 Consigliere comunale di Vercelli, venne eletto deputato nel 1913.

Senza spargimento di sangue, al contrario di quanto avvenne in molte province italiane della pianura padana, fu la guida illuminata dei contadini e mondariso vercellesi, portandoli alla conquista delle otto ore lavorative in risaia.

I lavoratori vercellesi, grazie all'opera del Cugnolio, furono i primi in quel periodo a ottenere le otto ore: la conquista piu' importante dall'effetto più dirompente di tutti i tempi, e non solo per il Vercellese.

Fu uno dei pochi socialisti a opporsi strenuamente a Benito Mussolini, specie al congresso di Ancona del 1914; egli difese a tal punto le proprie scelte da rischiare l'espulsione dal Partito Socialista, pur di difendere gli interessi, non suoi, ma dei contadini. In meno di un ventennio cambiò totalmente il mondo della risaia, immutato da secoli, dando inizio a quei mutamenti che portarono il Vercellese verso l'economia moderna.

Morì di polmonite a Roma dopo aver parlato alla Camera sulle condizioni dell'agricoltura durante la guerra e ai suoi funerali partecipò un folla immensa, che Vercelli non aveva mai vista e non ebbe mai più occasione di vedere.

Resero l'estremo tributo a Cugnolio non solo i cittadini vercellesi, ma anche migliaia e migliaia di contadini arrivati in città già all'alba da tutti i paesi, col treno, coi carretti e a piedi, una fiumana di gente impressionante.

Cugnolio, l'avvocato borghese-socialista, non sarà forse scelto quale Vercellese del secolo, ma sicuramente i Vercellesi del suo tempo lo hanno già scelto tributandogli gli onori di cui merita.

BIOGRAFIA

Modesto Cugnolio nacque a Vercelli da Pietro e da Giuseppina Riva il 21-3-1863. Di famiglia agiata, fu educato dai Barnabiti di Moncalieri, cioè nel più aristocratico collegio del Piemonte. Si laureò in legge nell’Università di Torino. Avendo incominciato a esercitare la professione forense, venne subito a contatto con la più triste realtà del Paese. Già nel 1897, nelle sue prime cause penali, si trovò a dover difendere politici perseguitati e umili lavoratori, e 1a sua partecipazione al ruolo di difensore fu cosi intensa e vissuta che durante le agitazioni del 1898 le autorità lo cacciarono in prigione per tre settimane. Nella torre del castello del Beato Amedeo, a Vercelli, fece la scelta della sua vita: entrato borghese, uscì socialista. Cugnolio ricoprì varie cariche pubbliche: consigliere comunale a Vercelli dal 1909; eletto alla Camera nel 1913; consigliere provinciale per il collegio di San Germano Vercellese dal 1914. Fu membro dell’Amministrazione dell’Ospedale Maggiore di Vercelli e consigliere della Stazione Sperimentale di Risicoltura. Morì di polmonite e Roma il 18 marzo 1917. Una settimana prima aveva parlato alla Camera sulle condizioni dell’agricoltura durante la guerra. Fu un discorso molto contestato da rumori e da intemperanze. Cugnolio appariva indisposto e affaticato, ma tenne testa agli oppositori sino alla fine, compiendo una fatica superiore alle sue forze. Subito dopo si rifugiò in albergo, dove si pose a letto per non rialzarsi più.Per i contadini della pianura vercellese egli è stato voce, guida, apostolo. Il miglioramento della condizione umana del lavoro in risaia è stato lo scopo essenziale della sua esistenza. Nel suo testamento egli chiese: “solo funerali civili e i miei contadini”. E dalle campagne “i suoi” contadini accorsero a migliaia al suo funerale, assiepandosi nelle strade di Vercelli come mai era avvenuto. E’ sepolto a Vercelli nel cimitero di Biliemme; per lascito testamentario la tomba deve essere mantenuta in buone condizioni dall’Ospedale S. Andrea, cioè dall’ASL di Vercelli. Cugnolio svolse un’intensa attività sindacale e politica. Nel Vercellese organizzò le prime leghe contadine, organizzò il partito, guidò agitazioni e scioperi che, vittoriosi o meno, a poco a poco resero meno disumane le condizioni di vita dei lavoratori delle risaie. Con i contadini a poco a poco riuscì a stabilire un efficace contatto umano. Nei comizi che faceva nei paesi parlava in dialetto, esponendo le sue idee con semplicità. Nel 1901 fondò La Risaia di cui fu direttore politico. Ne1 1903, per dissensi con i suoi compagni, lasciò La Risaia e fondò La Monda, che ebbe vita breve; infatti, le esigenze unitarie dell’azione sindacale e politica sanarono presto il piccolo scisma e Cugnolio ritornò alla guida delle organizzazioni proletarie locali. Ebbe un’enorme risonanza la lunga lotta che ingaggiò per limitare a otto ore il lavoro in risaia. Fu una lotta contro una mentalità, contro presunte ragioni di tecnica agricola, contro non piccoli interessi economici e persino contro autorevolissimi compagni di partito. Incominciò avanzando motivazioni giuridiche. Andò a riesumare un vecchio regolamento fatto per debellare la malaria (il regolamento Cantelli), che era rimasto sempre inosservato ed obliato per oltre un trentennio, ma che in pratica non consentiva più di otto ore di lavoro in risaia, e ne sollecitò I’applicazione, creando sconcerti ed imbarazzi. In questo modo i legalitari di sempre, gli agrari, vennero a trovarsi nell’illegalità, mentre i contadini divennero i fautori del rispetto della legge. L’opera di Cugnolio per tutto il biennio 1904-1905 fu di instancabile, paziente e martellante tenacia nello spingere all’azione carabinieri, sotto-prefetti e magistrati al fine di far rispettare il regolamento Cantelli. Con tale azione conseguì il duplice risultato d’incrinare il fronte padronale e di creare attorno al concetto delle otto ore la solidarietà delle leghe, che ora si davano un grande obiettivo di lotta. Gli agrari, con la complicità del governo, riuscirono a fare abolire il regolamento Cantelli, ma non riuscirono più ad arrestare la poderosa spinta di migliaia di lavoratori, decisi ormai ad ottenere come conquista sindacale ciò che non veniva più concesso in forza di legge. Nel 1906, I’anno dei grandi scioperi, Cugnolio superò se stesso dimostrando capacità politiche e sindacali eccezionali, ma soprattutto dimostrando doti di straordinaria umanità, che gli diedero la possibilità di portare i contadini alla vittoria senza quei tragici eccessi, che altrove, per vertenze sindacali di minor conto, insanguinarono le campagne. Con questo suo metodo coscienzioso e antidemagogico, non solo riuscì a fare progressivamente accettare il limite delle otto ore, ma, sebbene non fosse ancora deputato, riuscì a fare migliorare tutta la legislazione che regolava il lavoro in risaia. La bontà dell’opera di redenzione promossa da Cugnolio cosi fu descritta dall’on. Savio: “Ove prima non si vedevano che persone gialle, scarnate e sonnacchiose, oggi esultano il vigore fisico e I’agilità mentale. Gli stambugi di abitazione si sono tramutati in linde camerette”. Sono poche parole che valgono più di un monumento. Degno di particolare attenzione è il rapporto fra Cugnolio e il suo partito, che nel Vercellese egli fece sorgere quasi dal nu1la. I motivi di dissenso furono molti. Sovente i massimi dirigenti del PSI dovettero accorrere a Vercelli per sanare i contrasti che sorgevano fra le leghe e la Camera del Lavoro da una parte (dove Cugnolio esercitava maggiormente il suo ascendente) e la Federazione e 1e Sezioni del Partito (specialmente quella di Vercelli) dall’altra. Scrisse di lui Felice Angelo Fietti, suo compagno di lotta politica: “Il suo cervello era troppo analitico, il suo carattere troppo indipendente. Donde i dissidi con i suoi compagni, dissidi però sorti sempre e unicamente sulla valutazione dei metodi di lotta, mai sulla bellezza e bontà intrinseca dell’idea. Perché Modesto Cugnolio venne a noi attratto dal fascino che sprigiona il nostro ideale di fratellanza umana… “. Cugnolio non era uomo da lasciarsi facilmente incastrare negli schematismi di partito. La sua formazione spirituale era classica, i suoi interessi culturali erano intensi e molteplici, la sua mente era portata all’indagine critica. Conseguentemente anche le sue scelte politiche, sindacali e amministrative non furono mai conformiste e talvolta risultarono molto scomode ed ingombranti per il partito, in cui egli rimaneva un solitario. L’ideale di libertà, insieme con il profondo convincimento che questo ideale non poteva in concreto svilupparsi se non in un mondo di eguali, fu l’ideale semplice e supremo di Modesto Cugnolio. Scrisse di lui l’on. Fabrizio Maffi, suo compagno e molte volte suo avversario interno di partito: “egli non ebbe mai feticci e non li creò mai: fu sempre un uomo libero nella parola e nella vita”. La composizione senza gravi incidenti della vertenza del 1906, con la conquista delle otto ore giornaliere nei lavori di risaia, sollevò vari interrogativi su come, il pur abile Cugnolio, fosse riuscito a “convincere” gli agrari. Una forte tradizione orale volle che le trattative più proficue si fossero svolte “tra squadra e compasso”, come si dice in gergo. D’altronde, ricerche d’archivio hanno permesso di stabilire, senza ombra di dubbio, che Cugnolio fu affiliato alla Massoneria. D’altronde, durante e dopo il Congresso di Ancona, dove, su proposta di Mussolini, fu dichiarata l’incompatibilità fra f iscrizione al PSI e l’appartenenza alla Massoneria, Cugnolio continuò a difendere la posizione contraria, nonostante i fulmini del Partito. Cugnolio non era il solo massone militante nel PSI vercellese dell’epoca. La doppia appartenenza accumunava anche i seguenti socialisti vercellesi: Lorenzo Somaglino (1870 – 1929), tipografo, pioniere del socialismo vercellese, fu erede politico di Cugnolio e sindaco di Vercelli (1920-1922). Il maestro Felice Angelo Fietti (1871-1939), di Pezzana, confinato a Lampedusa, Ustica e Ponza dal 1927 al 1929. Su La Risaia Fietti scrisse il 18 aprile 1914: “La Massoneria permette ai suoi adepti la più completa libertà come prova il fatto che vi appartennero, per quanto è noto, persone delle più diverse opinioni politiche ed economiche, come Carlo Marx, Andrea Costa, Garibaldi e altri”. Il pavese Fabrizio Maffi (1868 – 1955), medico a Bianzé e membro del Circolo Socialista Vercellese, antifascista, fu membro del Comitato Centrale del PCI. Alessandro Gionino (1879-1942), maestro di San Germano Vercellese, socialista militante e collaboratore de La Risaia. Gli agricoltori vercellesi ancora oggi non hanno “digerito” Cugnolio; nel primo dopoguerra fu poi una contrapposizione continua tra amministrazioni di sinistra che gli intitolavano una via e successive amministrazioni di parte opposta la cancellavano. Qualche intitolazione ancora resiste, in particolare resiste a Vercelli Piazza Cugnolio».

Da un articolo del Prof. Giovanni Ferraris

 

Al fianco dei più deboli.

“Se otto ore vi sembran poche”. Si canta così nelle risaie vercellesi nel 1906: le otto ore lavorative sono quelle contenute nella proposta di legge presentata al Parlamento dall’onorevole socialista Modesto Cugnolio. Per ottenerle i lavoratori delle risaie vercellesi, mondine in testa, scendono in piazza, coricandosi sulle rotaie bloccano i treni che trasportano crumire venete destinate a sostituire le scioperanti, affrontano processi e condanne. Accanto a loro - in un’occasione persino dietro le sbarre - c’è sempre quell’avvocato figlio della borghesia vercellese, Modesto Cugnolio, che, nel 1898, aveva fatto la sua scelta di campo: farsi portavoce delle istanze del proletariato agricolo e battersi per migliorare le condizioni di vita dei dannati delle risaie. Cugnolio fu la voce e la guida dei contadini vercellesi: difese i lavoratori e i militanti sindacali finiti sotto processo per aver scioperato, fondò (il 24 marzo 1901) la Camera del Lavoro di Vercelli, fu anima, ma anche attento mediatore, nelle agitazioni del 1906 per la conquista delle otto ore. E molte caratteristiche del socialismo vercellese portano l'impronta di questo borghese illuminato: l’anticlericalismo, il rifiuto della violenza e dell’estremismo come prassi di lotta politica, la forte tensione etica per migliorare le condizioni dei lavoratori. I sindacalisti della Camera del lavoro organizzarono scioperi, ma anche massicce campagne di alfabetizzazione, contribuendo a creare forti legami di solidarietà tra i lavoratori, al punto che, alle agitazioni sindacali del 1906, aderirono non solo i lavoratori agricoli, ma anche muratori, garzoni, falegnami, e, tra le oltre cento persone che subirono il processo per gli scioperi di San Germano Vercellese , c’era pure una maestra.

L'avvocato M.Cugnolio da un immagine satirica dell'epoca

Cugnolio aveva un carattere tenace, corretto, cordiale e rispettoso sia degli amici che degli avversari. Ma anche indipendente: nella sua attività di parlamentare tenne una condotta politica non sempre in linea con quella ufficiale del vertice Socialista: infatti, non farà strada all’interno del suo Partito. Morì a Roma il 18 marzo del 1917 una settimana dopo aver pronunciato il suo ultimo intervento a favore della classe agricola. Riferiscono le cronache dell’epoca, che, tanto a Vercelli quanto a Roma, non si parlò mai di lui come un nemico per quanto aspre fossero state le divergenze politiche; fu sempre visto come un uomo che diede opera, intelletto e cuore alla causa del pubblico bene.

Nell'immediato dopoguerra il Comune di San Germano Vercellese , gli dedica una delle vie principali del paese