GIUSEPPE  DEABATE

                     

Nato a San Germano Vercellese  il 31 Gennaio 1857 , non aveva mai dimenticato il suo paese . Egli aveva serbato un vivissimo culto per le memorie della sua infanzia e per quelle più irrequiete della sua giovinezza e per quanto la città lo avesse oramai fatto suo , l'anima era rimasta quella di un fanciullo , puro e semplice , amante del quieto vivere , amante della pace profonda che viene dai campi e credo che le ore più soavi e più dolci fossero per lui quelle in cui poteva sognare , poteva ritornare col pensiero al vecchio nido ove i suoi vecchi lo avessero visto nascere e crescere .

Oh quante volte col pensiero ritorno

o vecchia casa del villaggio mio.

alla dolcezza dei tuoi lari e al giorno

in cui ti dissi addio!

 

Ed era stato un doloroso addio : eppure aveva avuta la fortuna di avere con lui i suoi vecchi ai quali volle dedicato il "Canzoniere" . L'amore di cui li circondava può solo immaginarlo chi conobbe l'infinita bontà d'animo di Giuseppe Deabate . Infatti quando doveva recarsi nella natia terra per l'inaugurazione di un vessillo, o per qualche festa militare o civile , poneva sempre una condizione sulla quale non transigeva : ritornare nella sera a Torino. Se grave sacrificio si poteva richiedergli era quello di farlo restare fuori di notte. I suoi vecchi , che adorava , potevano aver bisogno di assistenza e di aiuto e per questa ansia che lo turbava ,  non cedeva a preghiere di amici  , ne a suggestione di paesaggio.

 Nella sua arte , tutti i sentimenti familiari affioravano e la poesia diventava carezzevole e ogni particolare per quanto minimo aveva un rilievo speciale. La musa di Giuseppe Deabate era un pò quella che seduceva il Pascoli , per quanto non vi sia ombra di affinità. Egli , come il Pascoli , non canta le sale dorate , non entra negli ambienti saturi di profumi esotici , e mantiene una castità di argomenti e una purezza di idee che lo collocano fra quei poeti che la gioventù dovrebbe leggere ed apprezzare. Quando parla di feste provinciali o abbozza l'anima dei provinciali , sa presentare ambiente e uomini con una amabilità e con un'acutezza di osservazione ammirevoli. La sua persona ed il suo vestito si accordavano mirabilmente con la sua modestia e con un innata verecondia che lo rendeva schivo del plauso , delle feste mondane e di quel codazzo di ammiratori e incensatori che ogni uomo d'ingegno si trascina dietro. Il suo sorriso era vivo , luminoso , fanciullesco e i suoi occhi piccoli , intelligenti , brillanti , arguti , parlavano talvolta prima della bocca. Aveva una voce tutt'  affatto speciale , usciva roca , aspra , poi si faceva metallica , tagliente , mordace quando occorreva , e bene spesso indulgente e commossa quando un'onda di sentimentalismo gli sfiorava il cuore.

Nella sua figura , non ombra di sentimentale e di romantico : nel cuore invece e nell'animo un romantico e un appassionato sentimento. E non poteva essere diversamente quando si pensi che egli , dopo essersi laureato in legge e dopo aver con rassegnazione frequentato lo studio dell'avv. Chiaves , nel 1885 era entrato come cronista nella "Gazzetta del Popolo" , mentre duravano in vita molti protagonisti dell'epopea italiana ed era tutta una fioritura di poeti ed artisti che avevano sui giovani influenza profonda e lasciavano sul teatro e nell'arte tracce che il tempo non ha ancora cancellate. I suoi amici , quelli che egli difendeva sempre con commosso accanimento e per cui serbava una memoria ed un culto d'altri tempi , sono tutti ricordati nel "Canzoniere del Villaggio" ch'egli scrisse a quarant'anni e che rispecchia fedelmente la sua anima e interpreta la sua bontà.

Le poesie del "Canzoniere" in buona parte hanno una dedica , che significa omaggio , ammirazione , fedeltà e devozione costante verso quelli che più sono accanto al suo cuore. Marco Praga , Giovanni Faldella , Edmondo DeAmicis , Lorenzo Delleani , Desiderato Chiaves , Giovanni Collino , E. A. Berta , Bellingeri , Bistolfi , Biagio Allievo , De Agostini , Franzoj , tutti sono raccolti intorno a lui nel "Canzoniere" , che malgrado l'influsso palese di Emilio Praga e di Arrigo Boito , rivela un temperamento poetico di prim'ordine. Nel "Canzoniere" , che ebbe in un altro scrittore vercellese , il Cagna , un mirabile illustratore , e gli aprì le porte della "Nuova Antologia" e della "Lettura" , c'è tutto Deabate . Il libro che ebbe ampio e incondizionato consenso , nelle due prime parti rivela nell'autore un colorista che vive di memorie , che ritorna agli antichi sogni e rievoca con tocchi rapidi e sapienti le impressioni del passato , mentre nell'ultima parte rivela l'anima buona e gentile del poeta che si riscalda al raggio purissimo di un alto pensiero filosofico e civile. Il ricordo del suo villaggio che gli fu viatico sino all'ultima ora , affiora cosi :

Il mio villaggio è un semplice

villaggio di pianura;

non ha l'ignoto fascino

delle vetusta mura

nè pure un'ombra , un rudere

d'un castello distrutto,

ma poche case - tutto

il mio villaggio è qui !

Per la sua terra Vercellese che lo vide apparire ad ogni festa , ad ogni commemorazione , ad ogni solennità civile e ne ascoltò la commossa parola , egli ha sempre un sentimento di accorata nostalgia e malgrado il fascino del teatro e le attrattive della città prorompe con quell'affetto che gli ricolma il cuore:

Eppure la città più smisurata

e ricca che vantar possa il creato

non vale il paesel dove son nato

La quiete dei campi , la pace infinita , la solitudine del camposanto , l'umile santuario , le cose soavi , ove non scorre l'ondata di febbre e di sensualità , sono le predilette del suo canto. Nulla vi è di più divino per la sua anima Virgiliana di contemplare al tramonto le distese infinite delle risaie , animate da qualche gruppo di mondatrici innamorate , mentre le rane assordano colla

strana melodia che si disperde

via per i campi e le lucide aie

come un eco di barbare preghiere.....

Nel "Canzoniere" , come in tutta l'opera poetica di Giuseppe Deabate , la passione amorosa non ha traccia , le poesie d'amore sono poche e quelle poche rispecchiano un pudore , una verecondia di parole , tradiscono in lui una timidità su questo argomento. Nulla di bruciante , di corrodente : l'amore serba nei suoi canti il profumo del sentimento , ed è per lui qualcosa di alto , di sublime e di ideale. Anche quando egli lo invoca , come tutti i sognatori , a consolatore della sua giovinezza , o quando ricorda qualche donna intravista e amata , c'è nella poesia un velo sottile , diafano che non da aditi al brivido della sensualità. Al pari di Emilio Praga egli ama il quadro , ama di dare a chi legge l'impressione immediata e talvolta raggiunge effetti insperati di rappresentazione , come nei "Mietitori" che scrisse per la "Gazzetta del Popolo della Domenica" , che ospitava quasi settimanalmente un suo articolo , come nelle "Mondatrici" che ornano il suo "Canzoniere". La visione delle povere mondatrici appare nitida e desolata nell'accanimento del sole.

Su le risaie lucide e stagnanti

flagellate dal sol , le mondatrici

coi piè nell'acqua e i grand'occhi brucianti,

s'incurvavano a schiantar dalle radici

 

le selvagge e maligne erbe allignanti

e tremano le mani alle infelici,

le brune mani stanche e sanguinanti,

mentre corre la mente ai di felici

 

e rivede la povera casetta,

dove cianciando nelle mute sere,

il dolce crocchio delle madri aspetta

 

Bieca frattanto dalla terra smossa

serpeggiante per le vie umide e nere ,

esce la febbre e penetra nell'ossa!

Al "Canzoniere del villaggio" si aggiunge un'appendice di poesie di vario genere ed è in queste che il nostro autore si afferma con vena più robusta , e prelude a quei canti che più tardi daranno misura in lui di una potenza creativa che non gli conosciamo. Egli prende ad esaltare il Biellese di cui era entusiasta , ed un suo canto ad Oropa si trasformerà nel canto più vasto che egli pubblicherà nel 1922 . Alcune impressioni riportate dai quadri dei suoi pittori favoriti , sono tradotte con fedeltà e con un sentimento lirico ammirevole , e quando si sofferma a considerazioni umanitarie , e quando riflette e medita sulle verità umane e sulla realtà presente , il suo canto assurge a più alti orizzonti , a maturità e profondità maggiore , come nel sonetto : "Nuova Alba!"

Noi siamo giunti ormai là dove il mondo

con più giusto o sereno occhio si mira

e quanto un giorno ci vegliava in fondo

al cuore un senso di tristezza od ira,

 

oggi dentro di noi più non ispira

che un sentimento di pietà profondo,

oggi a più nobili opre , a più fecondo

raccoglimento l'anima sospira.

 

E procediam così ! Come nel cuore

sentiamo che si chiude , esce e matura

il germe d'una vita assai migliore.

 

il germe d'una vita assai più pura!

E attendiam che la nuova alba d'amore

ci annunzi il sole dell'età ventura.

Se però si vuol avere un'idea esatta della concezione poetica di Giuseppe Deabate , non bisogna limitarsi al "Canzoniere"o al "Canto d'Oropa" , che valse alla sua anima cosi buona e sensibile lo stesso sconforto che s'ebbe Corradino con "La buona novella" : ma bisogna invece cercare sulla "Gazzetta del Popolo della Domenica" , sull'"Illustrazione" e sulla "Nuova Antologia" , per vedere di quali poetiche creazioni egli abbia costellati questi periodici e come il suo linguaggio diventi caldo , appassionato , affascinante. L'ometto scompare , il poeta dolce , sentimentale , a cui sembra però mancare l'ampio volo , si fa robusto , e quasi dimenticando la consueta umiltà per abbandonarsi interamente all'estro che lo invade , e gli effonde nel suo canto un'anima lirica nuova , ricca di vigore e di vita. Per celebrare degnamente Giuseppe Deabate bisognerebbe riunire in una sola opera organica i canti alati che egli ha dispersi nei vari periodici e farli conoscere al grande pubblico e sopratutto ai giovani , poiché in quei canti si celebrano le gesta eroiche dell'anima piemontese , la nostra Torino e i giorni gloriosi del nostro Risorgimento. Sul "Canto d'Oropa" il nostro caro Deabate , faceva tanto affidamento e mi parte ancora di riudire la sua voce un pò velata e triste che in una sala della Esposizione di belle arti mi diceva: <<E pura a mè smia d'avei scritt na bela cosa!>> E crollava il capo con uno scoramento ed un penoso rammarico , dandomi un senso di profonda pena. Egli lo aveva dedicato alla moglie Erminia , che ebbe compagna affettuosa e vigile fino all'ora estrema , e sperava un pieno consentimento di critica ed un successo anche popolare ; ma il canto , che risentiva dell'antica scuola del Praga e del Tarchetti , aveva il torto di vedere la luce in un'epoca in cui si affermava la poesia moderna , piena di nervosità e pervasa da un brivido e da un modo di sentire che non aveva più nulla di comune col romanticismo.

Deabate non solo si fa notare come poeta , ma anche come prosatore e nella sua prosa , malgrado i futuristi e i novecentisti , trovi chiarezza d'esposizione , limpidità di stile e armoniosità di periodo. Leggendo il suo studio sulle Glorie Messinesi e Calabresi ; la rievocazione di Jacopo Suigo da San Germano celebre tipografo ; il discorso ai Tipografi di Trino Vercellese , e il volumetto in cui si narravano le vicende della Compagnia Reale Sarda , le sue qualità di prosatore balzano immediatamente all'occhio e il suo stile piano , efficace , di ottima scuola , si afferma senza discussione . Il suo versatile ingegno si è affermato nel "Popolo della Domenica" in modo meraviglioso. Bisognava vedere come egli passa da un argomento all'altro con facilità e come di ogni cosa egli tratti con una competenza ed una sicurezza che gli vengono dallo studio quotidiano. Le osservazioni , i commenti sono fatti con molto buon gusto e in lui trovi ad un temporiuniti il filosofo , lo storico e l'artista.

La rievocazione della nobile figura di Galileo Ferraris si avvicenda al profilo di Bismark ; l'arte divina di Raffaello Sanzio rievocata in occasione del monumento sorto in Urbino , si alterna a una magnifica e commossa biografia di Giacinto Gallina ; l'elogio funebre di Felice Cavallotti segue un omaggio a Giambattista Bodoni ; ad un vibrante articolo che esalta la difesa di Casale , successe una digressione filosofica sul carnevale. Ma dove egli appare interamente e s'effonde con quell' ingenuità simpatica che incatena il lettore , è nella descrizione di qualche mirabile quadretto campestre , in qualche esaltazione della vita provinciale in ciò che ha di buono e di vivo!

Nella "Carnevalesca" , dopo aver parlato della sarabanda cittadina e delle orge sfrenate prorompe : <<Oh ingenui spettacoli del popolo nostro campagnuolo , semplice , libero e vigoroso! Attorno alla fumigante lampada appesa , il contadino più letterato legge le avventure di Guerino detto il Meschino e gli ascoltatori distratti tendono orecchio ai passi che risuonano fuori , al passo dei cantori di Martin Madona>>. E narra con amore la allegra usanza dei cantori popolari , come colla stessa bonarietà e collo stesso fervore si sofferma a descrivere i gruppi di contadini che vengono a veder le feste in città . E chi non ricorda i suoi splendidi articoli sulla "Lettura" , articoli compilati con minuzia , con rara diligenza , per rievocare le glorie del Teatro italiano e Piemontese , per illuminare figure poco note di attori e di attrici , per esaltare il patriottismo , la fiamma d'ardore che accendeva i cuori dei nostri artisti in quei tempi cosi densi di avvenimenti e ricchi d'epopea ! Chi leggeva i suoi scritti sul giubileo d'Monssù Travett e sul patriottismo di Adelaide Ristori , chi esaminava le sue riflessioni sulle stabili e semistabili compagnie del teatro di prosa , chi analizzava il profilo e la vita artistica da lui dettati di Carlotta Marchioni , di Adelaide Tessero e uno splendido studio di << Come vivevano i nostri comici >> , non si può immaginare che un Deabate soddisfatto pieno di intima gioia , la gioia di frugare nel passato , di parlare ai lettori , di far sapere a chi non conosce bene le glorie artistiche del nostro teatro quale superba fioritura l'abbia ornato , di quali entusiasmi imperituri abbia vibrato.

Quando parlava di patria si accendeva , fremeva , balenava per gli occhi : si sentiva che egli , educato alla scuola di Giovanni Bottero , aveva un culto altissimo per la storia del Risorgimento , quel culto che la "Gazzetta del Popolo" non smentì mai . Quando Deabate ricorda le pagine gloriose sente ridestarsi la giovanile baldanza e vuole sapere , vuol sentire narrare da quelli che vissero quei giorni le vicende vittoriose e divine :

Oh narrateci voi, bianchi vegliardi,

E Palestro e Magenta, e Solferino!

Narrateci il valor , l'ansia , i gagliardi

ultimi sforzi finchè stretta in pugno

la vittoria in un impeto divino

v'arrise al sol di quel purpureo giugno

Egli era vissuto in altri tempi , vicino a lui c'era un altra epopea e tanto nella letteratura come nell'arte le affermazioni erano d'altra potenza ! Lo sport passava allora in seconda linea , i romanzieri , Faldella , Farina , De Amicis , Fogazzaro , Barrili ,  avevano la precedenza sul foot-ball e la serata di Ernesto Rossi , di Enrico Salvadori , di Ceresa , Lavaggi , la Marini , la Pezzana , erano il discorso e il tema favorito di una settimana. Pel teatro correvano ore fortunate - Ferrari , Marenco , Cavallotti , Giacosa , Rovetta - e divini entusiasmi e Deabate ardeva dello stesso ardore , della stessa febbre. Poi tutto questo passò e letteratura e arte presero un nuovo indirizzo , mutarono rotta , tutto diventò dinamico , il movimento futurista si avanzò , la vita diventò moto febbrile , la guerra accelerò il ritmo , nuovi problemi si affacciarono , nuovi autori sorsero , sul teatro e nella vita l'audacia si affermò con pari sicurezza , si camminò in avanti senza voltarsi indietro e Giuseppe Deabate non si mosse , rimase fra le sue memorie , fedele ai suoi numi , fedele ai suoi vecchi amici , che l'avevano profondamente amato perché l'avevano profondamente capito. Egli si senti più vicino ai morti che ai vivi ed arse come una pia e soave lampada , davanti agli altari che aveva eretto entro la sua anima ai cari scomparsi, assumendosi il compito magnifico di rievocare per le nuove generazioni le figure ormai affondate nell'ombra e nell'oblio , perché su di esse meno fosca scendesse la grigia ala del tempo. E con lui rimase la sua grande bontà che profuma ove passa e non si disperde , quella bontà che talvolta più dell'ingegno e più dell'audacia , dura imperitura nella memoria degli uomini.

Cartolina d'Epoca con poesia "AD OROPA" di Giuseppe Deabate con dedica a Camillo Sormano

Camillo Sormano ( 1867-1936) Giornalista e scrittore Biellese , molto amico di Giuseppe Deabate , con cui condivideva l'amore per la valle di Oropa .

Al giornalismo egli diede tutto se stesso . Nei 43 anni che egli esercitò alla "Gazzetta del Popolo" la sua missione , poiché tale egli la considerava , si dimostrò sempre di una probità e di una nobiltà d'intenti da meritarsi di essere additato come esempio ai giovani. Visse accanto a Bottero e crebbe alla sua scuola, nè il suo culto per il fondatore della "Gazzetta del Popolo" venne mai meno un minuto . Una profonda simpatia e un vincolo di affetto legava quelle due nobili anime che avevano comune la bellezza del sentimento , l'impulso generoso e l'alto senso del dovere. Giornalista nato , Giuseppe Deabate era di un eclettismo strabiliante ed aveva e conservava un energia e una vitalità straordinaria che gli permetteva di prodigarsi alla "Gazzetta" che adorava in tutti i modi. Dal banchetto , egli passava al commento sentimentale : dalla nota storica si aggrappava al trafiletto di cronaca , dalla rievocazione drammatica all'articolo di varietà e da questa ,se occorreva , alla recensione del libro , lasciando in ogni campo tracce indelebili di una genialità indiscussa. Fra un articolo e l'altro qualche visitatore non mancava mai. Ed a chiunque si presentava egli faceva sempre un accoglienza deferente e nessuno , specialmente i giovani , ricorrendo ai suoi consigli ed alla sua saggezza, ne tornava a mani vuote. Giuseppe Deabate non conobbe quella che tanti oramai praticano senza scrupoli: la superbia. La sua scienza, e la sua esperienza giornalistica egli non faceva mai sentire, tale era e cosi francescana l'umiltà e la delicatezza di quell'uomo, che talvolta, col più vivo desiderio di andare a teatro , gli seccava come giornalista, di usufruire della poltrona e arrossiva vedendo il capocomico affrettarsi nell'offerta di omaggio dovuta a chi era stato per anni critico drammatico del "Popolo".

Giuseppe Deabate non era l'uomo di battaglia, come non era l'umo delle esibizioni ; non era l'uomo delle transazioni come non lo era delle servilità e in questo consisteva l'alta nobiltà del suo carattere , pertanto l'avvento dell'era fascista non lo conquistò . Se egli avesse voluto , colla elevatezza della sua tempra , colla vivacità del suo ingegno , colla parola che sapeva a suo tempo diventare alata poiché cantava in lui un anima lirica e col suo stile persuasivo , avrebbe potuto essere assai di più , avrebbe potuto conquistare un più alto posto, occupare cariche di importanza , godere maggiori onori morali e forse anche finanziari ; ma egli sdegnava di lottare per farsi avanti , vedeva con occhio di bontà la marea che ,lo sorpassava e rimaneva tranquillo e sereno , colla coscienza retta e sicura sull'altra sponda, compiacendosi, godendo del successo degli altri, poiché vivendo colle sue grandi ombre, non conosceva né l'invidia né l'arrivismo, e nella pace di quel passato a cui tutto s'era consacrato, trovava il compenso che egli cercava. L'aria che egli respirava non era rovente: era una buona , pura aria di monti, quella che egli amava cercare nel Biellese. Quelli che lo avvicinarono quando si celebrò il 75° anniversario della "gazzetta" sentirono irradiarsi dalla sua persona una profonda incomparabile gioia per l'omaggio reso al giornale che era la sua vita, a cui aveva offerto ogni sua energia. I ricordi salivano dal suo cuore alle labbra , piccoli episodi, altre feste giornalistiche lontane , uomini e cosi venivano da lui evocati con quello spirito, con quell'arguzia che egli possedeva quando la contentezza  e la soddisfazione gli colmavano l'anima . Anche i giornalisti giovani , quelli che si avviano verso la conquista dell'avvenire, lo amavano; perché sapevano di avere in lui un amico sicuro, perché sotto la burbera scorza sapevano di trovare l'anima sensibile e l'inesauribile cuore. Egli era un Torinese d'adozione e pur non obliando la sua terra vercellese ed esaltandola in ogni verso, amava profondamente Torino e si compiaceva di descriverne le bellezze in poesia e specialmente in prosa e andava alla ricerca con curiosità di fanciullo e con gioia dei suoi sobborghi lontani che si popolavano sempre più di edifici e di uomini.

Egli abitava a San Donato, e per comprendere quanto si compiacesse del suo sobborgo, basterà la descrizione viva che egli ne fa sulla "Gazzetta del Popolo della Domenica" : << La lunga via centrale somigliante al corso di una piccola città di provincia, il silenzio e la pace delle strade laterali strette e serpeggianti fra le case, lo spettacolo della gente tornante a tarda sera dalle officine, il lungo viale di Rivoli pieno nei di festivi di allegre brigate e la poesia stessa delle lunghe praterie circostanti, pigliano gradatamente tanti e cosi diversi aspetti da soddisfare le ricerche del più curioso visitatore >>.

Nel mattino del 15 Marzo 1928 nella sua casa torinese Giuseppe Deabate si spense serenamente assistito dalla moglie Erminia Faino , di lui riportiamo l'invocazione che chiude il suo "Canto d'Oropa"  che meglio esprime l'ultimo suo addio.

Tu che sai i dolor, l'ansie, i tormenti,

che sai la triste inestinguibil sete

d'oro e di gloria, e de l'amor le ardenti

febbri, e le inquietudini segrete ;

tu che acqueti superbe anime indome

e uragana dall'anima ferita,

e plachi angosce che non hanno nome

ne la pace dei tuoi monti infinita;

tu che vedesti i secoli sepulti

e vedrai l'onda della nuova età

travolger sogni e gioie, ansie ed occulti

spasimi, in grembo per l'eternità,

sperdi la vil cupidità dell'oro

scaccia ogni sorta di passione insana

benedetto di pace e di lavoro

splenda ogni altar de la bellezza umana.

Da questo aperto ciel spandi il divino

anime curve sul mortal cammino

e giustizia e pietà spira alle genti.

Oh fa che i cuor dal sacrificio usati

quanti son per le terre anime e cuor

in un desio di fratellanza uniti

illumini, immortal stella, l'amor!

Cartoline Postali edite  in omaggio a Giuseppe Deabate , riportante i versi delle sue poesie dedicate al laghetto del Mucrone e alla Madonna d' Oropa tratte da il "Canto d' Oropa"

Alcuni articoli giornalistici a firma G.Deabate

 

 
Il CANZONIERE DEL VILLAGGIO - Prima raccolta di poesie scritte da Giuseppe Deabate ed edite da F. Casanova - Torino nel 1898  

 
IL CANTO DI OROPA - Seconda raccolta di poesie scritte da Giuseppe Deabate ed edite da G. Paravia - Torino nel 1922 - Copia autografata destinata all'amico Senatore Teofilo Rossi  

Giuseppe Deabate e Galileo Ferraris

Una profonda amicizia legava il nostro concittadino Deabate all'illustre scienziato e alla sua famiglia , sia quando era in vita , sia quando dopo la sua morte dovette celebrarlo in numerose sue opere e articoli.

G.Deabate - Il Museo Industriale e i Vercellesi a G.Ferraris "Gazzetta del Popolo della Domenica" - Torino 31 luglio 1898

Deabate Giuseppe, La patria di Galileo Ferraris, Roma, Direzione della Nuova Antologia, 1902, p. 8. Estratto dalla « Nuova Antologia », 1° luglio 1902. Dedica: « Alle Gent.e Sorelle di Galileo Ferraris Devotamente G. Deabate ».

1903, 17 mag., n. 20, a p. 392, G. Deabate: « Galileo Ferraris. Inaugurandosi il monumento in Torino ».

Con Regio Decreto n° 1335 del 6 luglio 1924, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n° 210 del 6 settembre 1924 il Borgo di Livorno Piemonte cambia il nome in Livorno Ferraris in onore dell'illustre cittadino. Le celebrazioni per l'effettivo cambio del nome si svolsero il 29 giugno del 1925 in quell'occasione la casa natale di Galileo Ferraris fu donata al Comune di Livorno Ferraris, grazie alla sottoscrizione promossa dall'Associazione Elettrotecnica Italiana (AEI) e da un Comitato Donatore, presieduto da Carlo Montu , con l'intenzione di ricavarne un museo dedicato al grande scienziato. In occasione di tali festeggiamenti , Giuseppe Deabate oltre agli articoli giornalistici sottoindicati , compose su un libretto di alcune pagine con un ode dedicata all'illustre scienziato , musicata dal  F. Carlo Gaito ( figlio del musicista sangermanese Pietro Gaito ).

1925, 28 giu., n. 154, a p. 4, Giuseppe Deabate: « Ricordando Galileo Ferraris »; 30 giu., n. 155 (2 copie), a p. 6: « La solenne consacrazione di Livorno Ferraris. Un commovente omaggio popolare alla memoria del grande scienziato »

1925, 28 giu., n. 26, a p. 6, Giuseppe Deabate: « Mentre Livorno Ferraris onora l’inventore del campo rotante ».

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A Galileo Ferraris. Inno di Giuseppe Deabate. Musica di F.Carlo Gaito, Gallardi & Ugo, Vercelli, 1925

Gloria a te , per tutti i secoli.

Figlio nostro ! - Diamo al Grande

Gli inni eterni e le ghirlande.

Diamo il lauro che non muore !

 

Splenda un riso , corra un palpito

Per la terra sua nativa.

Ogni voce sia d'evviva,

Ogni grido sia d'amore !

 

Su , nel cielo de la Patria ,

Egli levasi gigante,

Ogni popolo esultante

Al suo genio s'inchinò;

 

Ma nè l'inno nè la gloria

De le pompe più leggiadre

Vale il bacio della Madre

Che nel grembo lo cullò

 

Qui , nel borgo suo natale,

Crebbe libero e pensoso,

Qui sul fronte glorioso

Due carezze egli sentì:

 

L'alto amore de la Scienza

Fra le dotte austere carte,

E l'ebbrezza pia de l'Arte

Che nel cielo lo rapì.

 

Scrutator d'ogni mistero,

Dal più tenue fil d'erba

Fino a l'Iside superba,

A cui sciolse il sacro vel,

 

Egli a tutto l'uman scibile

Volse l'avido pensiero,

Chiese al Bello e dide al Vero

Un'immagine di ciel.

 

Tutto , scienza , poesia,

La divina arte dei suoni,

Ogni Fata i più bei doni

Del suo grembogli largì.

 

Stancò l'anima e la mente

Nell'indagine più scabra,

E soave su le labra

La parola gli fiorì.

 

Gloria a te , per tutti i secoli !

Gloria al Grande ed inni al Buono !

Più del genio suo , qui sono

I ricordi del suo cor ;

 

E la fulgida corona

Che la fronte gli circonda

Non ha fiore , non ha fronda

Cara più dei nostri fior :

 

Fior modesti , ma cresciuti

Su da l'umili fatiche ,

Qui , fra i solchi e fra le spiche

Del suo dolce irriguo pian ,

 

Dove il murmure de l'acqua

Fatte schiave al suo velere ,

Come un'eco di preghiere

Sale e perdasi lontan...

 

Oh memorie inestinguibili

De l'austera tua Famiglia,

Oh gentile Ombra vermiglia

Che sul tetto tuo posò,

 

Quando il prode tuo Fratello

Là sui campi di Digione,

Nella libera tenzone

La grande anima esalò !

 

Oggi in mezzo a quegli Spiriti,

Nell'eterna luce assunto,

Tu ti vedi ricongiunto

A la terra tua natal,

 

Nel tuo nome benedetto

Fin che fiori avran le aiuole,

Messi il campo , raggi il sole,

Ed un culto l'ideal ;

 

Ma piu grande e benedetto

Quando un dì , nell'avvenire,

Dileguati gli odii e l'ire,

Sui mortali splenderà

 

Fra le gioie de la Pace

E i trionfi del Lavoro,

In un'alta gloria d'oro,

 La novella Civiltà !

 

Quando Italia al suo progresso

Tutto l'impeto avrà avvinto

Dei suoi cento fiumi , e , spinto

Da l'elettrica virtù,

Romperà già dai suoi monti

Vigor novo a le officine,

In un riso senza fine

Di perenne gioventù....

 

Vigor d'acqua , dal tuo genio

Fatte docile strumento,

Fatte luce e movimento,

Fonte eterna di tesor !

 

Gloria a re , per tutti i secoli,

Figlio nostro ! - Diamo al Grande

Gli inni eterni e le ghirlande,

Diamo il lauro che non muor !

 

IL POETA DEI CAMPI
Nel 1893 il giornale "Vita moderna giornale d'arte e letteratura " dedica un articolo nell'attesa della pubblicazione del libro "Il Canzoniere del Villaggio", nell'articolo è ben rappresentato il sentimento di Deabate verso i luoghi della sua infanzia.
L' anno scorso, appunto in questi giorni, l'editore Casanova annunziò la prossima pubblicazione del Canzoniere del Villaggio, di Giuseppe Deabate; il volume sarebbe stato illustrato da Leonardo Bistolfi, il quale anzi, aveva già fatto degli studi e degli schizzi recandosi appositamente a S. Germano. Ma intanto venne il concorso pel monumento al Duca D'Aosta a distogliere Leonardo Bistolfi dal progettato lavoro , e le incertezze del Deabate , la sua naturale timidezza , la sua avversione per ogni reclamè fecero finora ritardare la pubblicazione del "Canzoniere del Villaggio" , aspettato con tanta ansietà dagli amici del poeta e da tutti coloro che amano ancora in Italia la vera e schietta poesia.

E questo ritardo io non so davvero perdonare nè al Deabate , nè al Bistolfi , nè all'editore Casanova , poichè in questi giorni in cui inquinano i volumi alzeviriani e le colonne dei fogli letterari tanti sfoghi maleisterici e tanti clorotici amori.

Fra i codici e fra le strettoie del giornalismo quotidiano, egli conservò intatto il suo tesoro di idealità e sognò sempre, anelò nella sua mente di poeta, un eremo tranquillo e e solitario, laggiù, fra le natie risaie.

L'anima del poeta ritorna al passato: la luce, i1 verde, il silenzio dei campi, la quiete della pianura gli snebbiano la mente dagli affanni cerebrali di cui è causa la vita della città ; la pace silente della campagna , le contemplazioni solitarie insinuano nel cuore del poeta una dolce emozione; egli rivive un'ora della sua giovinezza e da questi sentimenti gentili e profondi esce la forte semplicità . Rivede il placido viale del paesello, cortese d'ombre e di riposo, il campo santo romito dove dormono i suoi morti, e sul suo ciglio trema una lagrima. – oh ! le lagrime ardenti e immacolate Che spremono i ricordi alti e gentili: Lagrime sante dove son volate Le dolcezze degli anni giovanili ? Rievoca melanconicamente le prime visioni innamorate della sua anima di poeta, i dolci sogni degli aprili fiorenti ed esclama: Tutto passa quaggiù . Dove le rose olezzavano un dì cresce l'ortica, E una legge fatal volge le cose ! Solo ribelle alla vicenda antica Nelle profonde infinità del core fin che risplende il sol dura l'amore! La Fontana coronata di muschio e di verde, la rozza Madonna a cui tante stanche fronti di contadini si curvarono riverenti e supplicanti per levarsi irraggiate da una muova fede, da una nuova speranza, la Finestra che incorniciava il pallido sorriso della fanciulla adorata; il Canale Cavour, trascorrente lento e solenne per il piano silenzioso; il Campanile, vigilante solennemente nella notte al villaggio addormentato, porgono al poeta altrettanti temi pei suoi sonetti riboccanti di sentimento e pieni e pieni di classica semplicità. Alle Mondatrici, curve fra i miasmi della pianura paludosa, il Deabate dedica uno dei migliori suoi sonetti. E la sua anima buona si abbandona alla soave poesia delle rimembranze: ora il suo dolce amore è passato fra i ricordi colle dolci memorie del paesello.

Vita moderna giornale d'arte e letteratura - Stab. Tip. Giuseppe Civelli, 1893

Fotografia pubblicata da Antonio Corona nel libro"Piccole Storie Sangermanesi"- 2013

Giuseppe Deabate raccontato dall'amico e poeta Augusto Berta

L'amico Augusto Berta, che si firmava spesso con lo pseudonimo “Doctor Alfa” e che con quella maschera aveva recensito Il canzoniere del villaggio nel gennaio 1898.

Il cantore del villaggio e della sua poesia serena e paesana è Giuseppe Deabate. Il nostro buon Giuseppe Deabate , sul quale non paiono essere passati nè i 40 anni di vita che la natura e il destino gli regalarono a tutt'oggi dal giorno in cui nacque in San Germano Vercellese , nè le bufere dell'esistenza , nè l'ondata di rinnovamento spesso grottesco , di cui si compiace la cincischiata e nuovissima scuola letteraria. Giuseppe Deabate non vuol saperne nè di decadentismo , nè di simbolismo , nè di tante altre cose che sono spesso prodotti di un traviamento d'animo e di senso estetico. Egli è venuto a Torino studente , molti anni fa : e vi venne sognando sempre il suo borgo dove aveva lasciata tanta parte di sè. Viene , si laureò in leggi , fece anche un pò di pratica forense nellu studio di Desiderato Chiaves , ma non si lasciò mai sedurre dai trionfi... togati , immerso com'era in un sogno estatico, nel quale dominavano il profilo aguzzo del suo campanile , le linee grigie della sua borgata , la poesia profonda di quei caratteristici e massicci cascinali sparsi , quasi dimenticati , nelle distese infinite delle livide biondeggianti risaie del vercellese , cosicchè G. Faldella potè scrivere di lui ; a che tanta dolcezza di nostalgia idillica dissonde sull'agro vercellese e sui suoi abitatori. Un giorno lasciò lo studio di avvocato per farsi giornalista , ed anche allora fece convergere tuttal'opera sua zelante , intelligente e coscenziosa al trionfo dei suoi ideali. E quando la nuova professione gli lasciò la scelta circa la meta a cui doveva dirigersi in una delle faticose e frequentiperegrinazioni giornalistiche domenicali , egli prese sempre il treno che lo avvicinava al suo San Germano . Non importava se la vicinanza fosse molto relativa ! la vista della risaia , il sapersi più presso alla sua terra natale , già bastava. E così da anni ed anni il Vercellese non ebbe modesta inaugurazione di vessillo operaio , o patriottica festa di Sodalizio militare , o sontuosa solennità ufficiale , che non sia stata presenziata , descritta , celebrata da Giuseppe Deabate , il quale a tutte le sue peregrinazioni mise sempre una condizione , una sola , poter ritornare a Torino la sera. Poichè il rimaer fuori di casa una notte è per lui il maggiore dei sacrifizi. Egli pensa che in casa ha i suoi santissimi Vecchi . La poesia di questo Canzoniere è a mio avviso una delle più miti e buone , ed a un tempo , più dense di contenuto lirico , affermazioni poetiche che siansi manifestate in quest'epoca di vuoti ed aridi vaneggiamenti ritmici. Nella poesia di Giuseppe Deabate palpita l'anima delle cose , vibra la passione umana in tutte le sue essenze più pure , amore , bello , vero , nobile , giusto , grande , e tutto ciò in una forma sempre eletta ma facile epiana. A quandoa quando poi scatta un santo sdegno , prorompe un impeto o si profila un'aspirazione verso migliori destini dell'umanità . E così infatti , con una di queste aspirazioni , si chiude il libro , che se piace nella prima parte Ricordi del Villaggio e nella seconda Ricordi del Biellese , si leva a più notevole altezza nell'ultima parte : Varie . Nelle due prime parti è il colorista , il sognatore che vive di memorie o ama rievocare impressioni passate ; nell'ultima parte è tutta l'anima buona del poeta ha le sue visioni mirifiche , e che si riscalda al raggio purissimo di un alto pensiero filosofico e civile. Citare versi come Maggio ? Perchè ? Qui , proprio qui dove comparvero per la prima volta quasi tutte le liriche costituenti il volume ; qui , proprio qui dove Giuseppe Deabate è in famiglia ? dove tutti lo conoscono , lo ammirano e gli vogliono bene ? Preferisco citare.... la sua fisionomia ! stampo il ritratto , prego di tenergli ben nascosta la cosa , e poi corro a nascondermi , poichè se lo sa , Deabate è capace di farmi una scena dicendomi che gli amici non si trattano così ; che la più bella prova di amicizia è quella di negare un pò di rèclame ad un libro veramente bello e buono che sia uscito dal cuore e dal cervello di un amico nostro . A pubblicazione fatta egli si accqueterà ; prima sarebbe capace di tentare d'impedirmela . E questo io non lo voglio , non posso , non debbo volerlo , assolutamente . Anzi voglio aggiungere , a suo dispetto , che il Canzoniere del Villaggio , ornato da una splendida copertina disegnata da Leonardo Bistolfi , edito da Francesco Casanova e che si vende a L. 2 . I nostri associati possono averlo per una Lira . Ed ora , caro Deabate , lapidami ; tantè ho fatto il mio dovere.

Dottor Alfa

31 Gennaio 1922  Presentazione ad Oropa de " Il canto di Oropa "