San Germano tra le guerre fra Guelfi e Ghibellini
Il concilio di Lione tenuto nel 24 giugno 1245, cui prese parte il vescovo di Vercelli Martino (3) con alcuni canonici Eusebiani non ottenne
l'effetto sperato, cioè la riconciliazione con Federico li; che anzi il 17 luglio, per unanime sentenza di quella augusta assemblea, Innocenzo IV
nuovamente scomunicò e dichiarò deposto dalla dignità imperiale 1' altero sovrano. Colla deposizione di Federico si mutarono le condizioni
dei partiti in Vercelli. Il marchese di Monferrato passava di nuovo a parte ghibellina e con lui i marchesi di Ceva e del Carretto.
Verso la fine del 1245 o sul principio del seguente anno, S.Germano veniva occupato e distrutto con grave danno dei beni dell' abbazia
di S. Andrea. Lo stesso avveniva di Tronzano, donde furono tratti alcuni abitanti e i signori stessi del luogo, i Barzani, che con denaro
furon dal podestà di Vercelli, Guglielmo di Soresina, indotti ad abitare in città ; mentre i restanti fautori di Pietro Bicchieri videro
con lui la ruina della patria .Esaurite le trattative col legato, la città di Vercelli aveva mandato Pietro Bicchieri con Rufino Avogadro,
Guglielmo Arborio, Nicolò Alzato,ambasciatori a Milano. Al qual ordine avendo il Bicchieri opposto ripetute resistenze, fu messo al bando.
10 Luglio. Copia di Bando dato dal Sig. Guglielmo Sorezina Podestà di Vercelli a Pietro Bicchieri nella vita, ed in lire dieci mila pp. con liberazione di tutti li suoi sudditi dal suo dominio e giurisdizione , ed anche con rasamento di tutte le sue case e torri tanto nella Città, che fuori , con distruzione de' castelli e luoghi di S. Germano, Alice, Viverone, Ropolo ed Azeglio , atteso che detto Pietro Biccherìo aveva munito «detti castelli in detrimento della Città, resistendo con l'armi alla medesima, ed avendo ricusato di rimettere i detti castelli ad essa Città, ed avendo procurato che venisse a danno di detta Città e terre del di lei Vescovado il Re ed il Marchese Lanza , i rivali, avendo esso unito le sue armi, abbruciavano e devastavano le terre del di lei distretto.
Ma questo non fu il peggio. L'atto che dimostra l'adesione dell'abbate Tomaso all'operato di Pietro Bicchieri fu l' aver munito di guarnigioni
i castelli di S. Germano,di Alice, di Viverone, di Roppolo e di Azeglio, dove erano i possessi del monastero, cantra honorem Covmnis Vercellartun.
Di più si disse che L' abbate si era recato ad Regevi et Marchionem Lanceam, che i suoi eransi appressati ai confini del Vercellese,
dietro sua istigazione, per L'abbate Tomaso non solo appoggiò i ribelli al Comune e al pontefice, ma uscì dal monastero e si recò tra i ribelli
stessi e con loro rimase per quattordici mesi . Inoltre egli cedette quattro castelli, di Costanzana, di S. Germano, di Alice e di Viverone,
ai nemici della Chiesa. Tutto questo trovasi espresso in alcuni capi di accusa, formulati a tergo di una pergamena, che recava le istruzioni
agli ambasciatori della repubblica vercellese presso il pontefice, a fine di ottener la conferma della vendita fatta dal legato della
giurisdizione sulla città, spettante prima al vescovo, e la concessione di vari privilegi. Tutto l'anno 1245 passò in viva lotta tra il Comune e i Ghibellini; e probabilmente
L'abate Tomaso continuò a restare cogli alleati ora nel Canavese, ora a S. Germano. Forse l' abbate Tomaso era rientrato in Vercelli e nella canonica
di S. Andrea, dopo l'occupazione di S. Germano, o perchè indotto dalla nuova scomunica data a Federico II, o perchè oppresso dai trambusti della guerra e dagli anni.
Ad ogni modo, credo che sia morto piuttosto nel monastero di S. Andrea, che non a S. Germano. Ne è prova la conferma di fra Giacomo ad economo
dell' Ospedale, da lui fatta sul fine del 1246.
Nel 1246 il Comune di Vercelli affida a Pietro Rifferio , console della Comunità ( La famiglia vercellese dei Rifferio era legata al Movimento Popolare) 500 lire pavesi con
l'incarico di recuperare il castello di San Germano , cosa che puntualmente avvenne.
Pietro de Rifferio | |
Mancano le date, ma senza entrare in una lunga
discussione io posso accertare, che la distruzione di Tronzano (non
saprei quale dei due) accadde durante l'ultimo regime del Podestà
Guglielmo Soresina verso il fine del 1245, o nei primi mesi del
susseguente anno nella guerra sostenuta contro il fuoruscito ghibellino
Pietro Bicchieri, come poco avanti era stato ricuperato dal Comune il
luogo di San Germano già occupato dall' inimico, e ciò per mezzo di un
consimile trattato fattone con Pietro de Rifferio, imperocché nel citato
foglio 89 dello statuto si prescrive al Podestà quod teneatur dare
auxilium Petro de Rifferio ad excutien das condemnaiioìies (in
sopralinea a quest'ultima parola fu sostituito mutua) sibi datas in
solutum prò lib. CCCCC, quas ei dare conventi Dominus Guillelmus de
Surexina... prò facto recnperandi castrum S. Germani. sangermanese, tale
Pietro da Rifferio (Ordano 1966). L’autorità sul distretto da parte dei fuoriusciti aumentò progressivamente, agevolata dal passaggio alla fazione di Pietro Bicchieri delle località soggette alla canonica di S. Andrea ed all’abbazia di Santo Stefano. Per altro verso l’emergenza politica all’interno della città costrinse il comune popolare ad un controllo decisamente discontinuo del territorio: nel 1246 il comune cercò di risollevare le sue posizioni, assegnando 500 lire di pavesi a Pietro Rifferio, console della Comunità, con l’incarico di recuperare il castello di S. Germano, non molto distante dalle mura urbane. Tale tentativo avvenne in concomitanza con un colpo di mano del popolo che portò alla cacciata del podestà Guglielmo da Soresina, alla creazione di nuove società popolari ed alla soppressione, per pochi mesi, della società di Santo Eusebio, oltre ad un consistente intervento sugli statuti che attribuiva maggiore autorità alle società popolari di Santo Stefano e della Comunità |
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Gli Avogadro in San Germano | |
Nel 1275 la famiglia Ghibellina dei Tizzoni prende il comando della città di Vercelli e scaccia in bando gli Avogadro di parte Guelfa , che si rifugiano nel territorio vercellese in particolar modo prendono possesso del castello di San Germano e di Santhià. E da qui mossero i loro feudi per attaccare i castelli Ghibellini. La permanenza degli Avogadro in San Germano si protrae fino al 1320 , fino a quando la famiglia Guelfa riprende il controllo della città di Vercelli , il radicamento degli Avogadro in San Germano è testimoniato da un Pietro Avogadro di San Germano il quale esercitava l'attività di Notaio nel 1307. |
Stemma degli Avogadro vercellesi
Fasciato d'oro e di rosso, di dieci pezzi. |
Il Territorio vercellese , come il resto d'Italia era contrassegnato agli inizi del 1300 dagli scontri fra Guelfi e Ghibellini , in Vercelli la parte guelfa era capitanata dalla famiglia degli Avogadro , e la parte ghibellina dalla famiglia dei Tizzoni. Dopo molte vicende di guerre che avevano portato a fasi alterne il comando della città alle due fazioni. Nel 1320 il comando era ritornato in potere ai Guelfi ; onde i Ghibellini per riprendere con maggior sicurezza il sopravvento sulla parte avversaria , chiamarono in loro aiuto Galeazzo Visconti , il quale subitamente accorse ponendo assedio senz'altro alla città di Vercelli . Il Papa alla notizia di quest'assedio , spediva tosto in soccorso dei Guelfi buon nerbo d'armati sotto la scorta del Conte di Nicorvo , il quale venne dal Visconti sconfitto a San Germano . Stretti fortemente da ogni parte , non tardarono i Vercellesi a sentire i disagi prodotti dalla mancanza di viveri e munizioni da guerra . Nel frattempo nel borgo di Santhià , Martino d'Agliate ; capitano delle forze Guelfe , stava raccozzando uomini ed armi per portare soccorso a Vercelli . Riuscito l'Agliate a fare raccolta di un buon numero d'armati , stava aspettando il momento opportuno per entrare in azione , ed ecco arrivare a Santhià più di 300 Guelfi di Asti , scortati da alcuni Catalani , lasciati in quella città da re di Puglia , unitamente a a molti carri di vettovaglie e di munizioni da guerra. . All'arrivo di così imponente rinforzo , l'Agliate accrebbe fiducia nell'impresa , e preso il comando di tutte le forze quivi raccolte , e dati gli ordini opportuni , si pose in via alla volta di Vercelli. Galeazzo Visconti appena ricevuto notizia , dell'arrivo di Martino d'Agliate con il suo esercito , gli mosse incontro , ed accesasi battaglia presso San Germano ( 25 giugno 1321 ) lo pose in rotta riportando un incontrastata vittoria , e catturando sul campo più di 200 prigionieri e un ricchissimo bottino. Nella battaglia di San Germano l'esercito visconteo era comandato da Marco Visconti fratello di Galeazzo con il concorso del Capitano di Ventura Gherardino Spinola di Genova , che dopo aver preso San Germano , conquistano Puliaco e Viverone. |
Galeazzo I° Visconti |
LA PACE DEL 1338 la mediazione del Marchese di Monferrato per operare la pace. Sì fatto arbitramento di pace noi lo crediamo pronunciato nei primi mesi del 1329 non molto avanti al 23 aprile, epoca del sovra riferito manifesto di sicurezza ai lombardi per le strade del Vercellese. Sebbene senza data abbiamo però un estratto d'uno dei capitoli d'essa pace annesso per modo d'inserzione ad un documento del 27 marzo 1338 ed espresso come segue alla pag. 66 Documenti Storia patria. Resta tenorizzato un capo registrato nel libro degli statuti di Vercelli della pace seguita dalla parte intrinseca › colla parte estrinseca d'essa città pronunciata dal Marchese di Monferrato per la quale si decreta l'annullazione di tutti i fodri, bandi e condanne imposti, dati e fatti › dalla parte intrinseca di detta città alla parte estrinseca › della medesima per tutto il giorno 14 dicembre allora prossimo passato. Da altro documento poi correlativo al suddetto e dello stesso anno 1338 (loco citato) appare, che in forza dell'accennata pace pronunciata dal Marchese furono assolte le › Comunità di San Germano, Sala e Piverone dalla domanda dei fodri loro imposti dalla città di Vercelli, at tesocchè dette Comunità seguivano le parti degli Avogadri allora estrinseci della città». Raccogliendo le risultanze di questi documenti viene a confermarsi quanto già abbiamo detto non essere cioè gli Avogadri rientrati salvo sullo scorcio del 1328: anzi essere durata sino a tutto il giorno 14 dicembre la superiorità ghibellina, e sembra pure potersi congetturare, che stanche le fazioni, e ritornati a più giusti sentimenti di religione i due capi ghibellini, siasi, quasi a freno comune, data temporariamente la signoria della città al Marchese con piena facoltà di stabilire la pace. Il comune di Vercelli nel medio evo: Studi Storici. IV
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Marco Visconti Figlio di Matteo e di Bonacossa Borri, insieme al padre fu esiliato da Milano dai Torriani, signori della città, e nel 1310 si trovò ad Asti per la trattativa di pace con la signoria nemica voluta dall'imperatore Enrico VII. Nello stesso anno conquistò la città di Alessandria, di cui egli stesso si proclamò e divenne podestà. L'anno successivo, quando il padre divenne vicario imperiale di Milano, attaccò la città e cacciò l'arcivescovo Cassono della Torre. Nel 1314 attaccò Tortona e successivamente conquistò Asti e Vercelli, dove cacciò gli angioini e i guelfi. Per questo fatto subì la scomunica da parte della Santa Sede. Nel 1315, insieme ad Uguccione della Faggiola fu al soldo di Pisa nella battaglia di Montecatini. Nel 1316 guerreggiò in Emilia contro i Piacentini, tornò a devastare il Piemonte e fu al servizio delle famiglie ghibelline genovesi in esilio, Doria e Spinola, che lo nominarono capitano generale. |
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I Ghibellini al potere e ritorno a San Germano della fazione Guelfa |
Consolidatosi nel1321 il regime della città a mani dei ghibellini, e sostenuti in carcere i principali guelfi Vercellesi, non cessava però la lega guelfa di aggirarsi nelle vicinanze della città per tentare di riavere questo suo fortissimo propugnacolo; e quindi abbiamo datato da S.Germano addì 9 agosto 1322 un rescritto di Bonifacio da Collobiano, Vicario e Luogotenente di Gastone de Locamo Vicario generale e Capitano dell'armata guelfa, il quale rescritto noi riportiamo in nota perché serve a chiarire le circostanze di quell'epoca (1); ma vani riuscirono i tentativi dei guelfi, e ci pare di avere con qualche fondamento dimostrato, che loro non riesci di rientrare sin al 1328. Dall'autentico esistente nell'Archivio dell'Osp. Magg. in Vercelli Bonifacius de Colobiano Vicarius et Tenens locum Magnifici Tiri D. Gastonis de Locamo pro S. Matre Eccl. et Regia Majestate in Episcopatu et diJj,lrictu Vercell. Charissimis amicis suis salutem et prospero! advota successila: tenore praesentium vobis omnibus facimus fore notum quod Minister hospilalis Mon. S. Andree Vercell. cavallariam unam ipso Ministro et hospitali praediclo per fideles S. Matris Eccl. et Majestatis Regiae de Vercellis imposiUnn fecit presentati propler quod Minister conversi et coeteri omnes et masnengi.... et familiares.... sunt affidati ut subditi et fideles amici. — Quindi concede loro piena salvaguardia per passare da Vercelli a Larizzate e viceversa condurre ad essa città tutte le cose necessarie per uso d'esso Ministro, Ospedale e dipendenti. — Volumus etiam quod dieta fidantia duret, quamdiu a portandis mercandiis et conversando cimi inimicis Eccl. et Regia; Majestatis ultra quod dicium est et a claudendo lornafolia et soccouilas (o sacconitas) Cadendo contra dictos fideles se abstinuerint. Dat. ut sup. apud S. Germanum prasentibus testibus D. Martino de Montonario, Joh. de Buixolio, et D. Bonino de Cremona.. Anche i Canonici vercellesi trovarono rifugio in San Germano , infatti per l'elezione nella Chiesa di S. Germano in Palazzolo li 18 aprile 1325 in persona del Canonico Fra Egidio de Castelleto, ma presentata la medesima al Vescovo Uberto (che allora risiedeva in Biella) per l'opportuna sua approvazione, insorsero tosto ad opporvisi quattro Concanonici, i quali, da quanto pare, professandosi di parte Guelfa abitavano in S. Germano, e sebbene citati non erano intervenuti all'adunanza di Palazzolo , i quattro Canonici erano rispettivamente ; Pietro Carraria , Francesco de S.Agatha , Bartolomeo de Mussis , Rolando Presbiterio. A giustificare l'assenza dei quattro Canonici sangermanesi e anche per testimoniare qual'era lo stato di sicurezza del vercellese in quel periodo , si racconta che il nunzio mandato a notificare il tempo e il luogo dell'adunanza certo Guglielmo Cavallino , il quale giunto vicino a San Germano , trovò dei malfattori che lo derubarono e gli tolsero le lettere di notificanza , minacciando di strangolarlo se ne portasse ancora delle consimili. Essendo durante l'adunanza di Palazzolo proceduto all'elezione dell'abate Fra Egidio in S.Andrea , il 7 maggio venne inviata ai quattro Canonici sangermanesi una lettera in cui si richiedeva se c'era una loro opposizione a tale nomina , i quali non risposero , ma il 17 maggio presentarono formale protesta al Vescovo, e non avendo ricevuto alcuna soddisfazione , i quattro inoltrarono da San Germano la loro protesta anche al Papa Giovanni XXII.
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