UN CURIOSO CASO DI DAZI COMUNALI DI META' 800

( Da Trattato di Giurisprudenza Italiana 1877 )

 

 "Ritenuto, che colla sentenza denunziata del Pretore di San Germano Vercellese, gli otto imputati, oggi ricorrenti, vennero ritenuti siccome caduti in contravvenzione alle leggi sul da zio consumo del 3 Luglio 1864 e 28 Giugno 1866, e come tali condannati, sull'unico fondamento di fatto, di avere cadauno di essi fatto rispettivamente macellare per proprio domestico consumo, un maiale, nel vicino comune di San Germano Vercellese, e quivi pagatone il relativo dazio, detto di macellazione ai termini di legge, fattene poi trasportare le carni macellate nelle proprie rispettive case in Tronzano, dichiarato comune aperto, per l'oggetto del consumo domestico anzidetto.

Ritenuto, che tutto il merito della disputa giudiziaria stava quindi nel vedere se, avendo i detti individui regolarmente pagato il dovuto dazio all'atto della macellazione di quegli animali in San Germano Vercellese, dovessero ai termini delle prementovate leggi, pagare poi altro dazio d'introduzione in Tronzano, comune aperto, col diritto o no, di ripetere quello già pagato in San Germano Vercellese.

Ritenuto, che il Pretore, cui spettava il giudizio della causa, avvengachè riconoscesse che nè le leggi summentovate, nè i regolamenti ad esse correlativi, contemplino letteralmente questo caso, tuttavia avvisava di poterlo indurre per argomento analogico sia dallo spirito generale che informa le dette leggi, sia da talune loro disposizioni riflettenti però casi diversi, e su tali basi giuridiche, non che sull'autorità di un giudicato di altra Corte regolatrice, fondava esclusivamente il suo pronunziato e la condanna dei ricorrenti come rei di contravvenzione.

Attesochè, quantunque oggetto finale della legge di cui si tratta sia quello d'imporre un dazio sul consumo di certi, generi e derrate in essa contemplate, pure non essendo umanamente possibile colpire il consumo materiale in ogni singolo suo atto, la legge medesima ebbe somma cura di statuire e statui certi e determinati atti o momenti preparatori al consumo, nei quali il dazio si dovesse pagare, al che soddisfatto il cittadino rimanesse poi libero e sicuro da ogni indebita molestia o vessazione;

Che parlandosi del dazio di consumo nel rapporto alle sole carni, oggetto unico dell'attuale controversia, la legge, premessa la distinzione dei vari comuni dello Stato in comuni chiusi e comuni aperti (art. 3.°) ha statuito un modo di percezione certo, determinato e tassativo quanto ai primi, vale a dire ai comuni chiusi, e un altro modo ugualmente certo, determinato e tassativo quanto ai secondi, ossia ai comuni aperti;

Che in ordine ai primi — comuni chiusi — la legge con somma chiarezza determinò, il dazio doversi pagare all'atto della introduzione nel recinto daziario nei detti comuni a un tanto per capo del bestiame imponibile, e similmente per le carni fresche macellate a un tanto per ogni quintale del loro peso, salvo in quest'ultimo caso il diritto a ripetere il dazio altrove pagato per la macellazione a termini del regolamento (art. 6).

Che in ordine ai secondi — comuni aperti — con altrettanta chiarezza la detta legge determinò il dazio doversi pagare sulla macellazione delle carni; e sulla introduzione nei luoghi di vendita delle carni fresche di bestie bovine macellate in altri comuni (art 8);

Che anche in quest'ultimo caso la legge, coerente ai suoi principj, sanzionò il diritto alla restituzione della tassa precedentemente pagata (art. 9);

È ciò che quivi è detto delle sole bestie bovine, vuolsi intendere anche delle suine ed ovine per l'estensione avuta dalla legge del 1864 dopo quella del 1866 (art. 5);

Che dunque rapporto ai comuni aperti (e tale è Tronzano) il dazio sulle carni ha un solo modo e tempo di percezione — la macellazione SO. — e questo sta in luogo di regola generale. Unica eccezione alla detta regola è la introduzione nei luoghi di vendita delle carni fresche macellate in altri comuni, col diritto in questo caso alla ripetizione del dazio di macellazione altrove pagato (art. 9 della legge 1864);

Che quindi relativamente ai comuni aperti ogni caso di frode o di contravvenzione deve di necessità rapportarsi all'una o all'altra di queste due ipotesi, fuori delle quali niuna vedesene preveduta sia dalla legge, sia dai regolamenti (art. 88, 89 del Regol. 1864, art. 93, 94 del Reg. 1866;)

Che dunque in caso di chi faccia macellare un animale soggetto a dazio in un comune, e quivi soddisfatto al debito daziario, rechi poi il detto animale macellato e sdaziato al proprio domicilio in comune aperto per farne il consumo in famiglia, non è caso di contravvenzione o di frode, e nè tampoco di pena; perchè ciò che sta fuori della legge penale espressa, dee considerarsi essere nel campo delle azioni libere, delle quali a niuno è lecito di farne soggetto di penale sanzione;

Che argomentare una disposizione penale dallo spirito generale della legge quando non vi si trova espressa, o trarla per analogia da da altri casi differenti, come fecesi nella specie della disposizione che riguarda le carni fresche che s'introducono nel recinto daziario dei comuni chiusi e da quella che concerne la introduzione di dette carni nei luoghi di vendita, quanto ai comuni aperti deducendone un terzo caso dalla legge non espresso, vale a dire quello, che cade in contestazione, non è interpretare la legge, ma sì creare una leggo nuova, e, che è il medesimo, aggiungere alla legge esistente una nuova disposizione; è, in altri termini, un' usurpazione del potere legislativo, un eccesso di potere;

Che nelle materie penali è bensi consentita l' interpretazione non meno logica che letterale, non mai però l'interpretazione estensiva o analogica; propria solo del diritto civile. Quando gli assiomi, non darsi trasgressione ove non proceda una legge penale certa, e le leggi penali, e quello che restringono il libero esercizio dei diritti, non mai potersi estendere oltre i casi e tempi in esse espressi:

Che il Pretore di S. Germano altrimenti giudicando disconobbe quindi e violò le leggi predette sul dazio di consumo; disconobbe e violò i canoni più certi e sicuri sulla interpretazione e applicazione delle lèggi penali, e sostituendo alla interpretazione genuina della legge e alla logica giuridica un autorevole giudicato, dimenticò il gran precetto: legibus, non exemplis, judicandum esse: Per questi motivi : veduto l'art. 67b del Codice di proc. pen., cassa senza rinvio in quanto agli effetti penali. ecc.

Cassaz. Torino, Die. 22 Dicembre 1869

l 3 Luglio 1864 e 28 Giugno 1866, e come tali condannati, sull'unico fondamento di fatto, di avere cadauno di essi fatto rispettivamente macellare per proprio domestico consumo, un maiale, nel vicino comune di San Germano Vercellese, e quivi pagatone il relativo dazio, detto di macellazione ai termini di legge, fattene poi trasportare le carni macellate nelle proprie rispettive case in Tronzano, dichiarato comune aperto, per l'oggetto del consumo domestico anzidetto.

Ritenuto, che tutto il merito della disputa giudiziaria stava quindi nel vedere se, avendo i detti individui regolarmente pagato il dovuto dazio all'atto della macellazione di quegli animali in San Germano Vercellese, dovessero ai termini delle prementovate leggi, pagare poi altro dazio d'introduzione in Tronzano, comune aperto, col diritto o no, di ripetere quello già pagato in San Germano Vercellese.

Ritenuto, che il Pretore, cui spettava il giudizio della causa, avvegnachè riconoscesse che nè le leggi summentovate, nè i regolamenti ad esse correlativi, contemplino letteralmente questo caso, tuttavia avvisava di poterlo indurre per argomento analogico sia dallo spirito generale che informa le dette leggi, sia da talune loro disposizioni riflettenti però casi diversi, e su tali basi giuridiche, non che sull'autorità di un giudicato di altra Corte regolatrice, fondava esclusivamente il suo pronunziato e la condanna dei ricorrenti come rei di contravvenzione.

Attesochè, quantunque oggetto finale della legge di cui si tratta sia quello d'imporre un dazio sul consumo di certi, generi e derrate in essa contemplate, pure non essendo umanamente possibile colpire il consumo materiale in ogni singolo suo atto, la legge medesima ebbe somma cura di statuire e statui certi e determinati atti o momenti preparatori al consumo, nei quali il dazio si dovesse pagare, al che soddisfatto il cittadino rimanesse poi libero e sicuro da ogni indebita molestia o vessazione;

Che parlandosi del dazio di consumo nel rapporto alle sole carni, oggetto unico dell'attuale controversia, la legge, premessa la distinzione dei vari comuni dello Stato in comuni chiusi e comuni aperti (art. 3.°) ha statuito un modo di percezione certo, determinato e tassativo quanto ai primi, vale a dire ai comuni chiusi, e un altro modo ugualmente certo, determinato e tassativo quanto ai secondi, ossia ai comuni aperti;

Che in ordine ai primi — comuni chiusi — la legge con somma chiarezza determinò, il dazio doversi pagare all'atto della introduzione nel recinto daziario nei detti comuni a un tanto per capo del bestiame imponibile, e similmente per le carni fresche macellate a un tanto per ogni quintale del loro peso, salvo in quest'ultimo caso il diritto a ripetere il dazio altrove pagato per la macellazione a termini del regolamento (art. 6).

Che in ordine ai secondi — comuni aperti — con altrettanta chiarezza la detta legge determinò il dazio doversi pagare sulla macellazione delle carni; e sulla introduzione nei luoghi di vendita delle carni fresche di bestie bovine macellate in altri comuni (art 8);

Che anche in quest'ultimo caso la legge, coerente ai suoi principj, sanzionò il diritto alla restituzione della tassa precedentemente pagata (art. 9);

È ciò che quivi è detto delle sole bestie bovine, vuolsi intendere anche delle suine ed ovine per l'estensione avuta dalla legge del 1864 dopo quella del 1866 (art. 5);

Che dunque rapporto ai comuni aperti (e tale è Tronzano) il dazio sulle carni ha un solo modo e tempo di percezione — la macellazione SO. — e questo sta in luogo di regola generale. Unica eccezione alla detta regola è la introduzione nei luoghi di vendita delle carni fresche macellate in altri comuni, col diritto in questo caso alla ripetizione del dazio di macellazione altrove pagato (art. 9 della legge 1864);

Che quindi relativamente ai comuni aperti ogni caso di frode o di contravvenzione deve di necessità rapportarsi all'una o all'altra di queste due ipotesi, fuori delle quali niuna vedesene preveduta sia dalla legge, sia dai regolamenti (art. 88, 89 del Regol. 1864, art. 93, 94 del Reg. 1866;)

Che dunque in caso di chi faccia macellare un animale soggetto a dazio in un comune, e quivi soddisfatto al debito daziario, rechi poi il detto animale macellato e sdaziato al proprio domicilio in comune aperto per farne il consumo in famiglia, non è caso di contravvenzione o di frode, e nè tampoco di pena; perchè ciò che sta fuori della legge penale espressa, dee considerarsi essere nel campo delle azioni libere, delle quali a niuno è lecito di farne soggetto di penale sanzione;

Che argomentare una disposizione penale dallo spirito generale della legge quando non vi si trova espressa, o trarla per analogia da da altri casi differenti, come fecesi nella specie della disposizione che riguarda le carni fresche che s'introducono nel recinto daziario dei comuni chiusi e da quella che concerne la introduzione di dette carni nei luoghi di vendita, quanto ai comuni aperti deducendone un terzo caso dalla legge non espresso, vale a dire quello, che cade in contestazione, non è interpretare la legge, ma sì creare una leggo nuova, e, che è il medesimo, aggiungere alla legge esistente una nuova disposizione; è, in altri termini, un' usurpazione del potere legislativo, un eccesso di potere;

Che nelle materie penali è bensi consentita l' interpretazione non meno logica che letterale, non mai però l'interpretazione estensiva o analogica; propria solo del diritto civile. Quando gli assiomi, non darsi trasgressione ove non proceda una legge penale certa, e le leggi penali, e quello che restringono il libero esercizio dei diritti, non mai potersi estendere oltre i casi e tempi in esse espressi:

Che il Pretore di S. Germano altrimenti giudicando disconobbe quindi e violò le leggi predette sul dazio di consumo; disconobbe e violò i canoni più certi e sicuri sulla interpretazione e applicazione delle lèggi penali, e sostituendo alla interpretazione genuina della legge e alla logica giuridica un autorevole giudicato, dimenticò il gran precetto: legibus, non exemplis, judicandum esse: Per questi motivi : veduto l'art. 67b del Codice di proc. pen., cassa senza rinvio in quanto agli effetti penali. ecc."

Cassaz. Torino, Die. 22 Dicembre 1869