San Germano e i moti del 1821

 

Dopo il periodo napoleonico , anche il Piemonte si oppose alla Restaurazione. Lo fece tramite alcuni gruppi di idee liberali e borghesi che volevano maggiori libertà per la popolazione. Cercarono di realizzarle tramite il Re di Sardegna Vittorio Emanuele I, il quale invece era di tutte altre idee. Cercarono quindi una alleanza con un altro Savoia, di un ramo secondario della famiglia regnante, il Principe Carlo Alberto. Carlo Alberto si fece convincere e cosi, assieme ad uno dei principali ispiratori dei moti piemontesi, Santorre di Santarosa, la cospirazione ebbe inizio:Il 6 marzo 1821, durante la notte, Santorre e altri generali si riunirono nella biblioteca del principe, insieme allo stesso Carlo Alberto, per organizzare nei dettagli l’impresa che, secondo un accordo precedente, sarebbe dovuta iniziare nel mese di febbraio: nel corso dell’incontro, Carlo Alberto mostrò alcuni tentennamenti, soprattutto sulla loro intenzione di dichiarare guerra all’Austria, che portarono Santorre ad avere qualche dubbio sul principe e sulle sue vere intenzioni. Tuttavia Carlo Alberto lasciò intendere il suo appoggio, e per questo motivo Santorre e i suoi associati fecero pervenire il messaggio di prossimo inizio della rivolta ai reparti militari di Alessandria, che, il 10 marzo, diedero inizio all’insurrezione, seguiti subito dopo dai presidi di Vercelli e Torino. In quell’occasione fu emesso da parte dei generali insorti il famoso Pronunciamento, un proclama con il quale si decise l’adozione di una costituzione, improntata su quella spagnola di Cadice del 1812, che prevedeva maggiori diritti per il popolo piemontese e una riduzione del potere del sovrano. Ma il re, piuttosto che concedere il documento, preferì abdicare in favore del fratello Carlo Felice di Savoia, allora assente dal Piemonte. La reggenza venne così affidata al principe Carlo Alberto che, assunto l’incarico, concesse la Costituzione e nominò Santorre di Santarosa ministro della guerra del governo provvisorio. Di ritorno nella capitale, il nuovo sovrano revocò la costituzione e impose a Carlo Alberto di rimettersi al suo volere, abbandonando Torino e recandosi a Novara, rinunciando definitivamente alla sua carica e alla guida del movimento di rivolta. Nella notte del 22 marzo, mentre alcuni, tra cui lo stesso Santa Rosa, annunciavano una prossima guerra contro l’Austria, Carlo Alberto fuggì segretamente a Novara abbandonando gli insorti al loro destino.

Nella notte dal 21 al 22, accompagnato dal marchese Costa di Beauregard, dal generale De Sonnaz, dal conte Cesare Balbo e dai cavalleggeri Savoia Cavalleria , il Reggente lascia la capitale, senza che la popolazione se ne accorgesse, diretto a Novara, come il nuovo re gli aveva ordinato. A Rondizzone si ferma a riunir le truppe fedeli che gli giungevano da varie parti; a San Germano, per mezzo del generale, Roberti, ricevette l'ordine di Carlo Felice di recarsi a Novara e di aspettarvi ulteriori disposizioni che gli sarebbero state comunicate dal generale La Tour. . Carlo Alberto lascia a San Germano il comando del Savoia Cavalleria al generale Roberti e prosegue da solo per Novara e ivi pubblica un proclama col quale rinunciava alla reggenza. Poi, ricevuto un biglietto da Carlo Felice con l'ordine di uscire dal regno e di recarsi in Toscana, ad attendervi la sua famiglia, si mise subito in viaggio Giunse a Novara la notte del 23 (!!); scrisse alla Giunta di Torino di sottomettersi alla volontà reale.

Poche ore dopo Santorre, alla guida di un piccolo reparto, si recò nella città piemontese per tentare di convincere il principe e le sue truppe a tornare dalla sua parte, ma la missione si rivelò del tutto infruttuosa. Privi di un appoggio, i costituzionali decisero di sciogliersi.

Anche in diversi paesi della provincia si fecero, il 13 di marzo, pubbliche dimostrazioni per la costituzione spagnola, cioè in Trino, in Riva, in S. Germano, in Santià ed in Motta Dè' Conti , onde si instituì criminale procedimento contro diversi individui, Ira i quali si novera il sacerdote Gioachino Deambroggio , arciprete della Motta de' Conti, inquisito con altri di premeditato armamento nella notte dalle dieci alle undici di marzo per portarsi a Vercelli a sconvolgere il legittimo governo.

A Vercelli i cospiratori cappeggiati dal colonnello Giuseppe Malinverni  , dal capitano Andrea Viancino e dal notaio Eusebio Momo avevano organizzato la "Guardia Nazionale" e distribuito ai loro accoliti le armi sottratte ai magazzini militari della città . Sulla città convergevano anche i fanti del reggimento "Piemonte Fanteria" , ma molti soldati ancora fedeli al Re disertarono. I rimanenti soldati appena giunti in città si mostrarono irrequieti e indisciplinati proprio mentre gli ufficiali litigavano fra di loro , tra cospiratori e legittimisti. Galvanizzati dall'arrivo delle truppo giunte in loro soccorso e dai manifestanti di Trino cappeggiati dal notaio Carlo Giuseppe Tricerri , i cospiratori vercellese si spostarono a San Germano dove fecero pubblicare "proclami rivoluzionari" attraversando il paese inalberando la bandiera tricolore della rivolta e collocandola quindi sul terrazzino dell'Ufficio di Giudicatura. Ma alcuni soldati giunti da Borgo d'Ale spinti dal loro facoltoso concittadino notaio Giuseppe Maria Aymar a dar manforte se ne tornarono subito a casa loro. Il totale disinteresse popolare per la rivolta pose fine al maldestro colpo di stato.

Le forze controrivoluzionarie non tardano a reagire e grazie ai rinforzi giunti dall'alleato austriaco comandate comandate dal Generale Theodor Baillet-Latour ,  il 4 aprile escono da Novara e passata la Sesia giungono su Vercelli , alcune pattuglie giungono anche a San Germano dove bivaccano per la notte , ma al mattino del 5 aprile si ritirano precipitosamente per il sopraggiungere di alcune truppe di rivoluzionari.

L'8 Aprile tra Novara e Borgovercelli si combattono le battaglie finali tra i due schieramenti. I legittimisti fedeli al Re , forti del rinforzo delle truppe austriache che hanno appena passato il Ticino con 7000 uomini al comando del  Generale Theodor Baillet-Latour e di tre volte superiori in numero , mettono in rotta i rivoluzionari , ponendo termine la rivolta.

A San Germano i più noti personaggi che si segnalarono per il loro appoggio alla causa costituzionalista furono:

Crolla, Igino. Avvocato e giudice nel mandamento di San Germano (Vercelli).
Nato a Vercelli.
Partecipazione ai moti: mostrò opinioni fortemente liberali; fece pubblicare in San Germano un manifesto liberale e portò in trionfo la bandiera tricolore.
Misure adottate: beneficiò dell'indulto, 2-3-1822, e fu relegato per 3 anni in Acqui. Però passò la maggior parte della pena in permesso a Vercelli.

 Deabate, Giuseppe. Notaio.
Nato a S. Germano (Vercelli) nel 1795.
Partecipazione ai moti: "noto per le sue idee avverse al R. Governo".

 Todi, Carlo. Medico.
Nato a San Germano (Vercelli) nel 1782.
Partecipazione ai moti: "mostrò idee chiaramente liberali".

Biancelli, Giovanni Battista. Brigadiere Carabinieri reali.
Nato a S. Germano (Vercelli) il 18-5-1774, da Ignazio e da Agata Spada.
Ruolo matric. prec.: prestò servizio nell'esercito francese dal 1800 al 1814; dopo la Restaurazione fu arruolato come brigadiere nei Carabinieri Reali, il 1-7-1814.
Partecipazione ai moti: abbandonò il proprio posto per recarsi a Genova a sostenere il regime costituzionale.
Misure adottate
: retrocesso carabiniere, 1-5-1821; cancellato dai ruoli, 27-10-1821.
Eventi successivi: emigrò in Francia subito dopo i moti.

 

.......27 anni dopo

In data 4 marzo 1848 , Carlo Alberto nel frattempo diventato Re di Sardegna concede lo Statuto ( chiamato poi Albertino) , con una legge del 5 maggio 1851 tutte le amministrazioni pubbliche venivano impegnate alla celebrazione solenne , per quanto possibile della "Festa dello Statuto" fissata per la seconda domenica di maggio e incaricando di ciò gli Intendenti provinciali e i singoli Sindaci. L'anno successivo 1852 , in effetti , tutti i Comuni del Vercellese preparano con cura la giornata , allietandola con raccolte di beneficanza a favore dei poveri , premi agli scolari , musica in piazza , balli pubblici , luminarie , sfilate di Reali Carabinieri , Messe solenni e altrettanto solenni canti del Te Deum alla presenza delle autorità civili , militari e religiose del luogo ," a dimostrazione di quanta moralità sia in questo popolo che nella gioia sente il bisogno di soccorrere agli infelici , quanto si meriti lode il Clero pel suo concorso e in molti per suo interesse ". A San Germano il programma viene arricchito da un albero della cuccagna , sulla sommità del quale campeggia la scritta "Viva il Re , Viva lo Statuto , Viva la Nazione". Secondo le intenzioni dei dilettanti pirotecnici Deabate e Zappelloni , organizzatori dei fuochi artificiali , una "colombina"  ( un razzo che corre lungo un cavo come quello ancora in voga al Carnevale di Venezia ) avrebbe dovuto appiccare il fuoco al centro rendendo luminosa la scritta , ma un rigonfiamento della corda ne provoca il blocco ; già qualcuno prende a ridere per l'intoppo quando un razzo vagante per la piazza appicca il fuoco al "fanale" che non tarda a far risplendere la patriottica iscrizione , fra l'indicibile gioia degli astanti che videro in ciò la mano della Provvidenza la quale non volle che lo Statuto , oggetto della festa , rimanesse oscuro.

Bibliografia - "Ma che storia è questa" - Giorgio Tribaldeschi  2013 - Società Storica Vercellese