UN TEMPLARE SANGERMANESE

Il professor Luigi Avonto membro della Società Storica Vercellese, consultando antichi manoscrirti e rare pubblicazioni, riuscì a mertere in evidenza gli stretti rapporti fra la nobile famiglia vercellese dei Bicchieri e l'Ordine del Tempio. Guala I, padre dell'omonimo cardinale, che aveva fondato l'ospedale di Sant'Andrea, era un templare laico, come si legge nel Necrologio Eusebiano. Un suo fratello, Martino I, eletto più volte console del comune di Vercelli , era stato testimone ad un atto di vendita di terre comperate dall'Ordine, (' suo figlio , Manfredo fratello del Cardinale, aveva ricevuto l'incarico di conservare 241 marche d 'argento , frutto di una colletta da distribuire a coloro che andavano a combattere in Terrasanta come crociati. E' proba bile che l'iniziativa di tale raccolta fosse partita proprio dall' Ordine del Tempio. La famiglia Bicchieri era di parte imperiale. Quando il comune di Vercelli si schierò con i Guelfi, essa organizzò un forte fronte ghibellino fuori città, nel territorio confinante con Ivrea. E si mantenne sempre su tali posizioni, soprattutto con Pietro, figlio di Manfredo, designato ambasciatore per ristabilire la pace con Federico II. A questo proposito il professore Avonto aggiunge: "Certo ghibellinismo della famiglia Bicchieri potrebbe in qualche modo essere posto in relazione con talune posizioni politiche dell'Ordine del Tempio ... " Ma di questo ghibellinismo templare riparleremo nel prossimo capitolo. Vercelli ha il vanto di annoverare fra i suoi figli alcuni cavalieri templari, che occuparono alte cariche in seno all'Ordine. Uno di questi è il notaio Antonio Sicco - il suo cognome è forse originario di San Germano Vercellese, secondo un'ipotesi dell'Avonto -, che fu per lungo tempo segretario dei Templari in Siria e successivamente in Europa. Il Sicco, proprio per via della sua elevata posizione fu catturato, imprigionato e interrogato in quelle farse tragiche, che furono i processi contro i Cavalieri del Tempio. Sottoposto all'esame dei famosi 124 capi d 'accusa, quando fu interrogato sul 46" ("I Templari, quando si riuniscono nei Capitoli, adorano una testa che non ha nè l'effigie di Cristo, nè della Vergine, nè dei Santi. I precettori obbligano i novizi ad adorarla come se fosse un dio salvatore".) Il notaio Sicco depose che si trattava di una testa umana partorita da una dama armena già morta , violentata nella tomba da un barone di Sidone, suo innamorato. Disse, inoltre, che l'idolo, conservato dai Templari come una reliquia, elargiva grandi beni: permetteva alla terra di dare frutti, alle piante di crescere, faceva guarire da ogni malattia e poteva rendere ricchi. Si pensava che tale bizzarra testimonianza del notaio di Vercelli fosse stata estorta, come tante altre, con la tortura. Ma forse non era tanto bizzarra; forse Antonio Sicco volle trasmettere in forma di fiaba, a chi era in grado di capire, le conoscenze esoteriche dell' Ordine , conoscenze che quella testa simboleggiava in sintesi. Il racconto della dama armena e del suo innamorato non potrebbe adombrare il mito di lside e dell'iniziato ai suoi misteri?

Vercelli ebbe Templari illustri: citiamo Uguccione Gran Precettore d’Italia e Antonio Sicco, Segretario dei Templari in Palestina.

 

 

Templari in Piemonte:ricerche e studi per una storia dell'Ordine del Tempio in Italia”, opera del 1982 di Luigi Avonto