Il primo racconto di un viaggio in treno da Torino a Vercelli nel 1856 a pochi mesi dall'inaugurazione della ferrovia , raccontato da un cronista per la rivista Bozzetti Alpini

..........Livorno Vercellese non ricorda punto il Toscano, nè la sua Meloria. Qui avrebbe ad esserci tuttavia la malaria; un fischio m' indica Tronzano, e forse l'empietà di questo ribaldo bisticcio, un altro lo segue, e par che mi strilli negli orecchi Santhià, di cui saluto due torri dalla lunge, molti cespugli carichi di fiori lilla, e due fanciulle vereconde, l'una delle quali si nascondeva col ventaglio ai baci del sole, e l'altra più discosto, con un ombrello, agli occhi curiosi de' sopravegnenti. Guardato per bene, m'avvidi che l'ombrello riparava anche un amante, il quale pareva stesse lì sotto a covarla, e con cui divisava sommessa non so di che. Passai davanti a San Germano, e prima di giungere a Vercelli mi guardai attorno, e frugai, con occhi da gabelliere, il carrozzone nel quale ruminava il futuro bozzetto, per vedere, se fra miei compagni ci fosse cosa a notare, prima di lasciarli al loro più lungo viaggio. Se vi avessi posto sul desco il Riso prima del tempo, lasciatelo da banda, e cibatevi di quest'altra piettanza che v'ammannisco; imperocchè mi viene il dubbio rilevantissimo, che le più ricche risaie non comincino prima di San Germano. D'altra parte, su questo negozio del riso, tornerò a farvi parola, quando avrò pigliato lingua da un pradarolo, di quelli che stan sopra alle irrigazioni. Veniamo a nostri viaggiatori, e caviamcela alla breve, veggend'io già di lontano le svelte torri del gotico Sant'Andrea, sorta di minaretti, che anche senza il muezzim pare gridino dall'alto Vercelli con la bocca dell'Evo Medio, che leggiadramente per esse favella e s'illustra........